di Stefania Maurizi - l'espresso -
Dalla sua stanza nell'ambasciata ecuadoriana a Londra, in cui vive segregato da più di un anno, il fondatore di Wikileaks parla della candidatura al senato australiano e commenta il ruolo della Rete. Dicendoci scettico sulla 'democrazia digitale', anche nella versione M5S. Perché la gente vuole poter delegare. E potersi fidare di chi elegge
(31 maggio 2013)
Julian Assange nella sua stanza dell'ambasciata dell'Ecuador a Londra
Il palazzo in mattoncini rossi a dieci passi dai celebri magazzini Harrods è ancora quello. E gli agenti di Scotland Yard che lo sorvegliano giorno e notte sono ancora lì con i loro furgoni e le loro occhiute telecamere. E' passato un anno, ma Julian Assange è ancora rinchiuso nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, senza la possibilità di mettere un solo piede fuori senza essere arrestato da Scotland Yard, che mantiene l'edificio sotto un totale e continuo controllo, costato al contribuente inglese 4 milioni di sterline negli ultimi 12 mesi. E' in questa ambasciata che "l'Espresso" è entrato per la seconda volta da quando il fondatore di WikiLeaks ha ottenuto asilo politico dall'Ecuador.
L'Espresso lavora con Assange e la sua organizzazione da oltre tre anni. L'ha incontrato a Berlino poche settimane dopo il caso svedese, con il suo bagaglio e i suoi computer stranamente spariti durante il viaggio aereo per Berlino e lui costretto a presentarsi all'appuntamento con una busta di plastica con spazzolino e sapone. L'ha visto accerchiato durante il rilascio dei cablo della diplomazia Usa, lasciato solo nella battaglia contro le carte di credito, messo agli arresti domiciliari per diciotto mesi con un braccialetto elettronico intorno alla caviglia e infine sepolto in una stanza dell'ambasciata di circa 20 metri quadri piena finoa scoppiare di libri, computer, tapis roulant, tavolo, libreria, letto. Mai Julian Assange si è dato per vinto. E oggi che lo ritroviamo nella stessa stanza, Assange non solo regge, ma è in grande forma fisica e mentale.
Il viso è tornato quello di un tempo e il corpo non appare segnato dai dodici mesi di segregazione. Anche la stanza in cui vive e lavora è più vivibile. Il letto è sparito, la libreria ingombrante è stata spostata. Ma l'assenza di aria fresca e di luce naturale continua a essere impressionante. E la lavagnetta lucida su cui è abbozzato a pennarello un protocollo medico rimane lì a ribadire l'eccezionalità della sua situazione.
L'Espresso lavora con Assange e la sua organizzazione da oltre tre anni. L'ha incontrato a Berlino poche settimane dopo il caso svedese, con il suo bagaglio e i suoi computer stranamente spariti durante il viaggio aereo per Berlino e lui costretto a presentarsi all'appuntamento con una busta di plastica con spazzolino e sapone. L'ha visto accerchiato durante il rilascio dei cablo della diplomazia Usa, lasciato solo nella battaglia contro le carte di credito, messo agli arresti domiciliari per diciotto mesi con un braccialetto elettronico intorno alla caviglia e infine sepolto in una stanza dell'ambasciata di circa 20 metri quadri piena finoa scoppiare di libri, computer, tapis roulant, tavolo, libreria, letto. Mai Julian Assange si è dato per vinto. E oggi che lo ritroviamo nella stessa stanza, Assange non solo regge, ma è in grande forma fisica e mentale.
Il viso è tornato quello di un tempo e il corpo non appare segnato dai dodici mesi di segregazione. Anche la stanza in cui vive e lavora è più vivibile. Il letto è sparito, la libreria ingombrante è stata spostata. Ma l'assenza di aria fresca e di luce naturale continua a essere impressionante. E la lavagnetta lucida su cui è abbozzato a pennarello un protocollo medico rimane lì a ribadire l'eccezionalità della sua situazione.
Ci accoglie a cena, l'unico momento in cui si distoglie dal computer che è praticamente parte della sua identità. La routine di Julian è rimasta la stessa: lavora fino a tarda notte. "E' lo scontro con gli Stati Uniti che ha creato un'enorme pressione su di noi a tutti i livelli: di Stato, di intelligence, di politica. E a livello legale, finanziario e mediatico", ci aveva detto l'ultima volta. Sei mesi dopo, questi problemi rimangono tutti e nessuno sa come si concluderà questa storia incredibile.
La prossima settimana negli Stati Uniti inizierà il processo a Bradley Manning, il giovane soldato americano che ha ammesso di aver passato i documenti segreti del governo Usa a WikiLeaks. "Voglio che l'opinione pubblica sappia la verità [...], perché, senza informazione, non può prendere decisioni consapevoli", ha confessato in una chat online che gli è stata attribuita e in cui ha spiegato le motivazioni dietro la sua decisione di passare un enorme numero di file segreti a WikiLeaks.
Subito dopo quella chat, nel maggio del 2010, Manning è stato arrestato. E' stato tenuto per 11 mesi in condizioni inumane e poi, in seguito a una campagna internazionale, le sue condizioni di detenzione sono migliorate. E' in prigione senza processo da tre anni. Il prossimo 3 giugno dovrà presentarsi di fronte alla corte marziale per un dibattimento in cui la segretezza regnerà sovrana: 24 testimoni dell'accusa testimonieranno in segreto. Mentre WikiLeaks si prepara alle udienze sfidando la riservatezza del processo con un ricorso legale, Julian Assange parla a "l'Espresso" della sua decisione di candidarsi per il senato australiano.
Lei è pronto a correre per le elezioni australiane e ha scritto il libro "Cypherpunks" in cui vede internet come un grande strumento per l'emancipazione, ma allo stesso tempo anche come uno strumento per il totalitarismo. Come vede il rapporto tra democrazia e internet?
«Negli ultimi vent'anni la società si è completamente fusa con la Rete, che ne è diventata il sistema nervoso sia a livello nazionale che internazionale. Le relazioni con gli amici, la famiglia, i rapporti tra le grandi e piccole aziende, tra gli individui e lo stato e anche tra gli stati sono ormai mediati da internet a un livello di cui la gente neppure si rende conto. In risposta al potenziale democratico della Rete, gli stati hanno fatto una contromanovra: scoprire cosa fanno esattamente i cittadini in ogni minuto del loro tempo, ovvero la sorveglianza di massa su scala così massiccia che neanche la Stasi avrebbe potuto immaginarla. Sembra fantascienza ma non lo è. E' qualcosa che è accaduto per ragioni molto pratiche: i costi della sorveglianza di massa si dimezzano ogni anno. E questo ha portato al più grande furto nella storia dell'umanità: il furto della mappa delle relazioni sociali in intere nazioni. E' possibile scoprire l'intera rete di relazioni usando la mappatura delle comunicazioni, che permettono di capire chi parla con chi e quando. Se lei ha le registrazioni delle comunicazioni di un intero Paese, usando i computer può automaticamente fotografare l'intera rete delle relazioni sociali: questo è esattamente quello che ha fatto la National Security Agency negli Stati Uniti».
La prossima settimana negli Stati Uniti inizierà il processo a Bradley Manning, il giovane soldato americano che ha ammesso di aver passato i documenti segreti del governo Usa a WikiLeaks. "Voglio che l'opinione pubblica sappia la verità [...], perché, senza informazione, non può prendere decisioni consapevoli", ha confessato in una chat online che gli è stata attribuita e in cui ha spiegato le motivazioni dietro la sua decisione di passare un enorme numero di file segreti a WikiLeaks.
Subito dopo quella chat, nel maggio del 2010, Manning è stato arrestato. E' stato tenuto per 11 mesi in condizioni inumane e poi, in seguito a una campagna internazionale, le sue condizioni di detenzione sono migliorate. E' in prigione senza processo da tre anni. Il prossimo 3 giugno dovrà presentarsi di fronte alla corte marziale per un dibattimento in cui la segretezza regnerà sovrana: 24 testimoni dell'accusa testimonieranno in segreto. Mentre WikiLeaks si prepara alle udienze sfidando la riservatezza del processo con un ricorso legale, Julian Assange parla a "l'Espresso" della sua decisione di candidarsi per il senato australiano.
Lei è pronto a correre per le elezioni australiane e ha scritto il libro "Cypherpunks" in cui vede internet come un grande strumento per l'emancipazione, ma allo stesso tempo anche come uno strumento per il totalitarismo. Come vede il rapporto tra democrazia e internet?
«Negli ultimi vent'anni la società si è completamente fusa con la Rete, che ne è diventata il sistema nervoso sia a livello nazionale che internazionale. Le relazioni con gli amici, la famiglia, i rapporti tra le grandi e piccole aziende, tra gli individui e lo stato e anche tra gli stati sono ormai mediati da internet a un livello di cui la gente neppure si rende conto. In risposta al potenziale democratico della Rete, gli stati hanno fatto una contromanovra: scoprire cosa fanno esattamente i cittadini in ogni minuto del loro tempo, ovvero la sorveglianza di massa su scala così massiccia che neanche la Stasi avrebbe potuto immaginarla. Sembra fantascienza ma non lo è. E' qualcosa che è accaduto per ragioni molto pratiche: i costi della sorveglianza di massa si dimezzano ogni anno. E questo ha portato al più grande furto nella storia dell'umanità: il furto della mappa delle relazioni sociali in intere nazioni. E' possibile scoprire l'intera rete di relazioni usando la mappatura delle comunicazioni, che permettono di capire chi parla con chi e quando. Se lei ha le registrazioni delle comunicazioni di un intero Paese, usando i computer può automaticamente fotografare l'intera rete delle relazioni sociali: questo è esattamente quello che ha fatto la National Security Agency negli Stati Uniti».
Nessun commento:
Posta un commento