"I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero."
- La scoperta -dell'acqua calda- che ciò che oggi viene definito "antipolitica" è in realtà espressione della concezione più alta della politica, come dimostrato da questa intervista di cui qui riporto stralci;
Eccovi la questione morale, in un'intervista a Repubblica del Luglio 1981.
I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss".
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali.
Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran
parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di
riceverne, o temono di non riceverne più.
Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando
le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni.
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione,
bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. Quel che deve
interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi;
rischia di soffocare in una palude.
Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili
privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.
Ecco, ricordate oggi queste: le parole di un populista antipolitico. E una questione morale che dopo trent'anni è non solo ancora presente, ma probabilmente ha vinto. Berlinguer, d'altronde, è morto.
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