Mentre riprendono i negoziati per l’accordo transatlantico di libero scambio, l’Europa è preoccupata dall’introduzione dell’arbitrato, una pratica che aggira le procedure legali e potrebbe minare la sovranità statale e le leggi a tutela dei consumatori.
Immaginate se a dover prendere le decisioni su svariati milioni di entrate fiscali non fossero i politici o i giudici, ma tre avvocati che lavorano a porte chiuse e sull’operato dei quali non è previsto alcun tipo di vigilanza ufficiale.
L’anno scorso, senza che intervenisse un solo magistrato, all’Ecuador è stato imposto di pagare 1,3 miliardi di euro a una società petrolifera statunitense. Cose del genere accadono decine di volte ogni anno e sono rese possibili dai trattati di investimento tra i paesi, secondo cui in caso di contenzioso le aziende coinvolte possono ricorrere all’arbitrato senza un regolare processo giudiziario.
L’Unione europea sta pensando di adottare questa forma di arbitrato sovranazionale per il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. I negoziati al riguardo sono ripresi l’11 novembre, dopo uno primo round svoltosi a giugno. Si sta dunque discutendo di centinaia di questioni che ostacolano i commerci. Ma in questo momento Bruxelles è preoccupata in modo particolare dall’arbitrato.
“Stiamo buttando via la nostra sovranità”, dice Monique Goyens, direttore dell’organizzazione dei consumatori europei Beuc. “È inaccettabile che le aziende possano essere in grado di esercitare questo tipo di potere a porte chiuse”, dichiara l’europarlamentare laburista britannico David Martin. “Dobbiamo chiederci se è proprio quello di cui abbiamo bisogno”, gli fa eco la sua collega liberale Marietje Schaake (del partito olandese D66, membro del raggruppamento europeo Alde).
Una fonte Ue di alto grado a conoscenza delle trattative in corso ha confermato che l’arbitrato è in agenda, ma aggiunge che “al riguardo non è stato ancora deciso nulla”. La Commissione europea si preoccupa per le voci che circolano: il fiasco dell’Acta, il trattato internazionale che doveva combattere la pirateria online, è ancora molto vivo nei ricordi di tutti. L’anno scorso il Parlamento europeo lo respinse dopo la protesta dei cittadini preoccupati per le leggi sulla pirateria.
Il concetto di risoluzione delle controversie tra investitori e stati (Investor-state dispute settlement, Isds), la denominazione data a questo tipo di arbitrato, non è del tutto nuovo: all’epoca fu messo a punto per gli investimenti in paesi a rischio, quasi una sorta di assicurazione nei confronti di rivoluzioni ed espropri.
I Paesi Bassi sono un protagonista di primo piano in questo sistema, in quanto hanno un bel po’ di trattati bilaterali sugli investimenti (98). Qualsiasi paese al mondo può appellarsi a tali trattati, e per farlo è sufficiente che appenda su un edificio di quel paese una targhetta d’ottone con il nome di una sua azienda. Tra il 1993 e il 2012 ci sono stati oltre 500 casi di arbitrato tra aziende e stati, la maggior parte negli ultimi dieci anni. Soltanto nel 2012 se ne sono avuti 60 nuovi.
Le critiche però sono in aumento, perché le multe salgono di volta in volta. Secondo la politologa Cecilia Olivet – che lavora per l’Istituto transnazionale, un think tank di sinistra che ha studiato questo meccanismo – l’arbitrato è diventato un modo per esercitare pressioni sugli stati che desiderano irrigidire le proprie leggi, perché abbandonino l’idea o sborsino un risarcimento.
L’anno scorso, quando la Germania ha deciso di chiudere le proprie centrali nucleari in seguito al disastro di Fukishima, ha ricevuto l’ordine di versare 700 milioni di euro a una società energetica svedese, la Vattenfall, che aveva firmato un trattato bilaterale di investimenti. L’Australia deve rispondere a un tribunale per gli arbitrati della sua decisione di varare una legge più restrittiva sull’uso del tabacco.
“Questo meccanismo è intimidatorio e può ostacolare la difesa dei consumatori”, dice Goyens di Beuc. Secondo lui i regolamenti riguardanti l’ambiente e la salute pubblica spesso si basano su visioni progressiste, su nuove prove scientifiche. Le aziende dovrebbero essere risarcite per questo? Il mese scorso Beuc ha chiesto che l’arbitrato fosse stralciato dai negoziati in corso tra Ue e Usa.
Perché dunque l’Europa discute di ciò? “Senza le garanzie fornite da questo meccanismo non si troveranno investitori”, dice un portavoce della Commissione europea. “Questo meccanismo ha dimostrato di essere efficace. Dopo tutto, non si tolgono i semafori soltanto perché si verificano meno incidenti”.
In un recente memorandum la Commissione ha ammesso che occorre stare in guardia da possibili illeciti: gli avvocati lavorano sia per gli stati sia per le aziende. E oltretutto questo è un mondo di specialisti, nei quali tutti conoscono tutti. Bruxelles chiede quindi un “codice di comportamento di più vasta portata”.
Gli avvocati devono rivelare proattivamente qualsiasi rischio di un conflitto di interessi. Le udienze devono essere a porte aperte. Ma Olivet dubita che tutto ciò possa essere sufficiente. “Un codice di comportamento è utile soltanto se è vincolante, se prevede multe e sanzioni. Oltretutto, resta ancora da capire se gli Usa lo accetterebbero”.
L’europarlamentare Marietje Schaake non è contraria all’arbitrato, ma in questo caso dubita della sua efficacia: gli Usa e l’Ue non sono repubbliche delle banane, hanno i migliori sistemi legali al mondo e già senza l’arbitrato sono gli uni per l’altra i migliori partner commerciali possibili.
La risposta dell’organizzazione degli imprenditori Vno-Ncw è che a Bruxelles resta poco da scegliere. Più avanti, sempre questo mese, avranno inizio i negoziati per un accordo commerciale con la Cina, paese nel quale gli investimenti sono meno sicuri. Eliminare di proposito il meccanismo dell’arbitrato in un trattato e non nell’altro potrebbe essere considerato dai cinesi un vero affronto.
Immaginate se a dover prendere le decisioni su svariati milioni di entrate fiscali non fossero i politici o i giudici, ma tre avvocati che lavorano a porte chiuse e sull’operato dei quali non è previsto alcun tipo di vigilanza ufficiale.
L’anno scorso, senza che intervenisse un solo magistrato, all’Ecuador è stato imposto di pagare 1,3 miliardi di euro a una società petrolifera statunitense. Cose del genere accadono decine di volte ogni anno e sono rese possibili dai trattati di investimento tra i paesi, secondo cui in caso di contenzioso le aziende coinvolte possono ricorrere all’arbitrato senza un regolare processo giudiziario.
L’Unione europea sta pensando di adottare questa forma di arbitrato sovranazionale per il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. I negoziati al riguardo sono ripresi l’11 novembre, dopo uno primo round svoltosi a giugno. Si sta dunque discutendo di centinaia di questioni che ostacolano i commerci. Ma in questo momento Bruxelles è preoccupata in modo particolare dall’arbitrato.
“Stiamo buttando via la nostra sovranità”, dice Monique Goyens, direttore dell’organizzazione dei consumatori europei Beuc. “È inaccettabile che le aziende possano essere in grado di esercitare questo tipo di potere a porte chiuse”, dichiara l’europarlamentare laburista britannico David Martin. “Dobbiamo chiederci se è proprio quello di cui abbiamo bisogno”, gli fa eco la sua collega liberale Marietje Schaake (del partito olandese D66, membro del raggruppamento europeo Alde).
Una fonte Ue di alto grado a conoscenza delle trattative in corso ha confermato che l’arbitrato è in agenda, ma aggiunge che “al riguardo non è stato ancora deciso nulla”. La Commissione europea si preoccupa per le voci che circolano: il fiasco dell’Acta, il trattato internazionale che doveva combattere la pirateria online, è ancora molto vivo nei ricordi di tutti. L’anno scorso il Parlamento europeo lo respinse dopo la protesta dei cittadini preoccupati per le leggi sulla pirateria.
Il concetto di risoluzione delle controversie tra investitori e stati (Investor-state dispute settlement, Isds), la denominazione data a questo tipo di arbitrato, non è del tutto nuovo: all’epoca fu messo a punto per gli investimenti in paesi a rischio, quasi una sorta di assicurazione nei confronti di rivoluzioni ed espropri.
I Paesi Bassi sono un protagonista di primo piano in questo sistema, in quanto hanno un bel po’ di trattati bilaterali sugli investimenti (98). Qualsiasi paese al mondo può appellarsi a tali trattati, e per farlo è sufficiente che appenda su un edificio di quel paese una targhetta d’ottone con il nome di una sua azienda. Tra il 1993 e il 2012 ci sono stati oltre 500 casi di arbitrato tra aziende e stati, la maggior parte negli ultimi dieci anni. Soltanto nel 2012 se ne sono avuti 60 nuovi.
Le critiche però sono in aumento, perché le multe salgono di volta in volta. Secondo la politologa Cecilia Olivet – che lavora per l’Istituto transnazionale, un think tank di sinistra che ha studiato questo meccanismo – l’arbitrato è diventato un modo per esercitare pressioni sugli stati che desiderano irrigidire le proprie leggi, perché abbandonino l’idea o sborsino un risarcimento.
L’anno scorso, quando la Germania ha deciso di chiudere le proprie centrali nucleari in seguito al disastro di Fukishima, ha ricevuto l’ordine di versare 700 milioni di euro a una società energetica svedese, la Vattenfall, che aveva firmato un trattato bilaterale di investimenti. L’Australia deve rispondere a un tribunale per gli arbitrati della sua decisione di varare una legge più restrittiva sull’uso del tabacco.
“Questo meccanismo è intimidatorio e può ostacolare la difesa dei consumatori”, dice Goyens di Beuc. Secondo lui i regolamenti riguardanti l’ambiente e la salute pubblica spesso si basano su visioni progressiste, su nuove prove scientifiche. Le aziende dovrebbero essere risarcite per questo? Il mese scorso Beuc ha chiesto che l’arbitrato fosse stralciato dai negoziati in corso tra Ue e Usa.
Garanzie per gli investitori
Un numero sempre crescente di paesi nel resto del mondo si sta ribellando a questo meccanismo: il mese scorso il Sudafrica ha cancellato tre trattati di investimento che aveva sottoscritto con Paesi Bassi, Germania e Svizzera. L’Australia intende revocarne alcuni.Perché dunque l’Europa discute di ciò? “Senza le garanzie fornite da questo meccanismo non si troveranno investitori”, dice un portavoce della Commissione europea. “Questo meccanismo ha dimostrato di essere efficace. Dopo tutto, non si tolgono i semafori soltanto perché si verificano meno incidenti”.
In un recente memorandum la Commissione ha ammesso che occorre stare in guardia da possibili illeciti: gli avvocati lavorano sia per gli stati sia per le aziende. E oltretutto questo è un mondo di specialisti, nei quali tutti conoscono tutti. Bruxelles chiede quindi un “codice di comportamento di più vasta portata”.
Gli avvocati devono rivelare proattivamente qualsiasi rischio di un conflitto di interessi. Le udienze devono essere a porte aperte. Ma Olivet dubita che tutto ciò possa essere sufficiente. “Un codice di comportamento è utile soltanto se è vincolante, se prevede multe e sanzioni. Oltretutto, resta ancora da capire se gli Usa lo accetterebbero”.
L’europarlamentare Marietje Schaake non è contraria all’arbitrato, ma in questo caso dubita della sua efficacia: gli Usa e l’Ue non sono repubbliche delle banane, hanno i migliori sistemi legali al mondo e già senza l’arbitrato sono gli uni per l’altra i migliori partner commerciali possibili.
La risposta dell’organizzazione degli imprenditori Vno-Ncw è che a Bruxelles resta poco da scegliere. Più avanti, sempre questo mese, avranno inizio i negoziati per un accordo commerciale con la Cina, paese nel quale gli investimenti sono meno sicuri. Eliminare di proposito il meccanismo dell’arbitrato in un trattato e non nell’altro potrebbe essere considerato dai cinesi un vero affronto.
Traduzione di Anna Bissanti
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