Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

domenica 10 novembre 2013

Viaggio nel trading ad alta velocità

HFT: ecco chi sono gli squali della finanza
Ci sono macchine dietro ai momenti più convulsi sui mercati finanziari. E operano in modo autonomo
Wall Street (Afp)

Ora che lo spread è tornato dov’era due anni fa, ora che non è più sulle prime pagine dei giornali, ora che non spaventa più i governi fornendo assist per tasse, IMU e affini, ebbene, ora finalmente abbiamo l’identikit dei cinici investitori che hanno attaccato (e quasi affossato) l’Italia: sono algoritmi. Una invasione di sistemi matematici automatizzati. Manco fossero gli Space invaders. Insomma, non possiamo neanche prendercela più coi broker in carne e ossa, tutto cervello, fiuto e pelo sullo stomaco, dal cattivo Gordon Gekko (il Michael Douglas della Wall Street hollywodiana) in giù. Perché è finito il tempo di chi compra e vende secondo le “aspettative sull’andamento dell’economia”, come si insegnava fino a pochi anni fa. E anche i sistemi di High Frequency Trading (HFT), le negoziazioni ad alta velocità, rischiano già di andare in pre-pensionamento, loro così giovani, ma ancora così terribilmente legati a una discrezionalità della scelta che appare ormai superata. Il vero algotrader, infatti, non guarda i dati macroeconomici. Non ascolta le dichiarazioni di banchieri centrali e governanti per trarne indicazioni sulle scelte future. Non legge i bilanci aziendali per monitorare lo stato di salute di quella società e valutarne gli utili attesi. Non studia i grafici per fissare supporti o resistenze come da dettami della classica analisi tecnica. In pratica, non sceglie. Se non uno dei sempre più numerosi e complessi algoritmi che produttori grandi e piccoli mettono costosamente a sua disposizione. E che poi lavorano per lui.

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IL TERMINATOR DEL “FATTORE UMANO”

Un team di cervelli studia la dinamica dei flussi di denaro (su determinati asset o mercati) e crea l’algoritmo ad hoc: fine dell’intervento umano. «I sistemi informatici per così dire tradizionali – spiega Andrea Bombardieri, algotrader privato –permettono una operatività rapidissima e semiautomatica: ossia, a livelli prestabiliti il software immette gli ordini, ma quei livelli sono comunque fissati, di regola, dall’operatore, sono frutto di una valutazione. Con l’algotrading, invece, si abbatte anche quest’ultima discrezionalità, perché i livelli sono basati esclusivamente su calcoli matematici, del tutto avulsi dalle previsioni sull’andamento dei mercati».
Questo genere di operatività è quasi esclusivamente intraday (ma ce n’è per tutti i gusti), tutte le posizioni cioè si aprono e si chiudono all’interno di una sola seduta, senza lasciarne di aperte. Il sistema genera dei livelli su cui operare per i diversi asset. Compro un titolo o un indice (esempio: Fiat a 6 euro), e il programma fissa da subito gli obiettivi di profitto e di perdita massima. Assume poi nuove posizioni, in acquisto o in vendita, ai livelli successivi prestabiliti (che sia 6,01 o 5,99 non fa differenza), in alcuni casi anche con doppia esposizione, per coprirsi dai rischi: compra o vende due, quattro, otto di quei titoli, a seconda del calcolo matematico che fa il programma in tempi infinitesimali.
La direzione del mercato non ha quindi alcun peso. Che il prezzo salga o scenda, non interessa. Purché si muova: bastano variazioni anche minime, di un solo tick (il valore minimo dei prezzi degli strumenti finanziari, in pratica l’ultima cifra dopo la virgola, ndr). Alla fine della giornata, il gioco delle probabilità mi dice che avrò chiuso in attivo. E se anche avessi chiuso in perdita, no problem: posso andar male un giorno, anche due, ma alla fine del mese la statistica è tutta dalla mia parte. Magari non con percentuali da capogiro, perché buona fetta delle operazioni sono fatte per coprirsi da rischio di perdite. Ma con costanza, disciplina e gradualità, appunto, matematica.
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NON DIRMI DOVE VAI, MA SOLO A QUANTO VAI

In questo senso, ciò che conta è solo la volatilità: cioè non dove il mercato si dirige, ma quanto si muove. Diventa così definitiva la scollatura tra mercati finanziari e andamento dell’economia. Con buona pace dei titoli dei giornali circa la “fiducia sull’Italia” se lo spread scende o sulla “buona salute” delle banche se il prezzo di Mps o Intesa sale. «A usare questi sistemi non sono solo piccoli trader privati – ci racconta un operatore di una primaria banca d’affari italiana – ma anche e soprattutto i grandi investitori istituzionali o i fondi internazionali : non quindi solo gli hedge fund, quelli più speculativi. Gli scambi avvengono non solo sui mercati over the counter (OTC), ma anche su quelli regolamentati. Anzi, dove esiste un ‘order book’, quindi una lista strutturata degli ordini immessi dagli operatori, è ancora meglio, perché spari l’ordine nel book e sei sicuro che andrà a buon fine: sono sistemi che funzionano meglio dove c’è molta liquidità».
Nati a Chicago (sede del Mercantile Exchange, patria dei contratti future e derivati sulle materie prime), gli algotrading sono il naturale sviluppo degli HFT, ma con alcune sostanziali differenze. «L’high frequency – prosegue l’operatore – è per definizione molto veloce: lavora sul tempo. L’algo può essere tarato su tanti parametri, quindi anche su tempi più lunghi: lavora sul livello di prezzo, non sulla tempistica. Sommando i due tipi di sistemi, comunque, siamo oltre il 50% del traffico totale di scambi».
Ma chi produce questi complicati sistemi informatici? «Spesso vengono sviluppato in house, soprattutto per le cosiddette ‘Prop-trading’, società cioè che fanno scambi con capitali propri. Le grosse banche d’affari, negli ultimi anni, dopo le direttive Mifid ed Esma che pongono paletti stringenti, hanno diminuito i desk ‘proprietari’, lasciando spazio alle Prop pure, soprattutto americane, società che fanno trading e basta, non raccolta, brokeraggio o altre attività. E che hanno tutto l’interesse a navigare in acque agitate: il mare calmo e piatto va evitato, e con pochi ordini massicci piazzati ai livelli giusti, possono dare la stura a movimenti a catena di enorme portata».
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UN ENORME MESTOLONE PER AGITARE LA LIQUIDITA’

Con i grandi operatori che hanno tutto l’interesse a muovere i mercati, questi algoritmi facilitano enormemente il compito. «I nostri clienti li usano sempre di più – racconta Alessandro Capuano di IG Markets – perché sono sempre meno costosi e danno molti vantaggi: puoi operare h24, senza lo stress e l’emotività, di fatto ‘compri una strategia’ e fai lavorare il programma». Il successo tra i privati è cosa ben diversa dall’uso dei grandi players. Si specula da sempre, ovvio: ma se negli anni ’70, per spostare prezzi e mercati, più ‘giganti’ dovevano agire nella stessa direzione per settimane o mesi, ora bastano pochi secondi, anche meno. Tutto è più veloce e più esasperato. «La speculazione è nella natura dei mercati – continua Capuano –; ma c’è sempre più forte una componente manipolativa, facilitata dalle nuove tecnologie. Pensiamo a chi opera su ‘specchietti per le allodole’ al solo scopo di incidere su altri asset: per stare al vostro esempio, chi immette ordini di acquisto o vendita abnormi sulle azioni Fiat Risparmio (che hanno mercato più sottile e sono più facilmente indirizzabili) esclusivamente per far immaginare chissà quali notizie in arrivo sulla società e indurre gli altri a operare sulle Fiat Ordinarie. Ordini che restano spesso ineseguiti, ovvio, ma che hanno raggiunto il loro scopo, non speculativo ma solo manipolativo: è questo che va limitato, con regole stringenti (ed eventualmente disincentivi di tipo fiscale), non la speculazione in sé».
Algo-mostri, allora? Non per forza. La medaglia ha sempre due lati. Capuano non ha dubbi: «Questi nuovi sistemi aumentano la velocità e quindi la massa di operazioni, ma in definitiva anche la liquidità in circolazione». E così, la liquidità migliora il funzionamento dei mercati. «Se fosse scarsissima (per estremizzare il concetto) impiegheresti anche settimane a trovare un compratore o venditore al prezzo che cerchi, sarebbe come vendere un immobile, mentre alla base del mercato mobiliare c’è proprio la necessità di investire o smobilizzare velocemente», dice l’operatore. E questo ha avuto interessanti ripercussioni sull’Italia. Secondo Capuano, «il mercato dei titoli di Stato italiani, ad esempio, si è salvato dalla bufera proprio perché estremamente grande e liquido, se no lo spread sarebbe schizzato a 1.200 punti per la paura di restare col cerino in mano: la liquidità aiuta anche la formazione e la stabilità dei prezzi e, in analisi finale, l’andamento stesso dei mercati». Non tutto il male, specie se si parla di finanza, vien per nuocere.

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