Fonte: PeaceReporter
Islanda, Lettonia, Grecia e ora Irlanda, domani Portogallo e forse Spagna e Italia. Ogni crisi serve agli organismi internazionali per imporre agli Stati le loro ricette economiche neoliberiste e annullare ogni residua sovranità nazionale
Uno spettro si aggira per l'Europa: la paura del contagio della crisi economica, della bancarotta a catena degli Stati. Prima l'Islanda e la Lettonia, poi la Grecia. Ora è il turno dell'Irlanda, ma già si parla del Portogallo come prossimo della lista, e nuvole nere si addensano all'orizzonte anche per Spagna e Italia.
Pur cambiando le dimensioni economiche dei singoli casi, la dinamica è sempre la stessa. La stampa economica mainstream (che non brilla certo per indipendenza) e le agenzie di rating finanziario (emanazioni dirette dell'alta finanza) lanciano l'allarme sullo stato di salute dei bilanci di uno Stato, che improvvisamente si ritrova "sull'orlo del baratro" e costretto a chiedere aiuto all'Unione europea, al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale.
All'Islanda sono stati dati 6 miliardi di euro, alla Lettonia 7 e mezzo, alla Grecia 110 e ora all'Irlanda 90. Prestiti sostanziosi concessi a condizione che i singoli governi destinatari degli aiuti si impegnino ad adottare pesanti 'piani di austerità' per rimettere in ordine i loro conti pubblici. Misure preconfezionate che si ispirano alle ricette neoliberiste 'lacrime e sangue', con pesanti tagli alla spesa pubblica che ricadono sulle spalle della popolazione.
Ignorando le proteste dei propri cittadini e annullando ogni dialettica politica con il vecchio mantra thatcheriano del "non c'è alternativa", i governi 'soccorsi' hanno imposto manovre molto pesanti. Il premier greco George Papandreou ha fatto approvare al parlamento di Atene tagli per 30 miliardi di euro. Ora il governo irlandese di Brian Cowen dovrà far passare un piano di austerità da almeno 15 miliardi.
Il continuo manifestarsi della minaccia spettrale, più virtuale che reale, di un catastrofico collasso economico europeo, oltre che alimentare i giochi speculativi sull'indebolimento dell'euro, serve agli organismi internazionali (Unione europea, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale) per imporre agli Stati il loro protettorato economico centralistico, per annullare ogni residua sovranità nazionale dei singoli paesi in materia di politica economica.
Non lo dicono i no-global o i teorici della cospirazione, ma il direttore dell'Fmi, Dominique Strauss-Kahn, che la scorsa settimana, parlando della crisi europea, ha detto: ''Le ruote del coordinamento tra paesi si muovono troppo piano. Il centro deve prendere l'iniziativa nelle aree chiave per raggiungere il destino comune in economia, finanza e politiche sociali. I paesi devono cedere una parte maggiore della loro sovranità al centro''.
Uno spettro si aggira per l'Europa: la paura del contagio della crisi economica, della bancarotta a catena degli Stati. Prima l'Islanda e la Lettonia, poi la Grecia. Ora è il turno dell'Irlanda, ma già si parla del Portogallo come prossimo della lista, e nuvole nere si addensano all'orizzonte anche per Spagna e Italia.
Pur cambiando le dimensioni economiche dei singoli casi, la dinamica è sempre la stessa. La stampa economica mainstream (che non brilla certo per indipendenza) e le agenzie di rating finanziario (emanazioni dirette dell'alta finanza) lanciano l'allarme sullo stato di salute dei bilanci di uno Stato, che improvvisamente si ritrova "sull'orlo del baratro" e costretto a chiedere aiuto all'Unione europea, al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale.
All'Islanda sono stati dati 6 miliardi di euro, alla Lettonia 7 e mezzo, alla Grecia 110 e ora all'Irlanda 90. Prestiti sostanziosi concessi a condizione che i singoli governi destinatari degli aiuti si impegnino ad adottare pesanti 'piani di austerità' per rimettere in ordine i loro conti pubblici. Misure preconfezionate che si ispirano alle ricette neoliberiste 'lacrime e sangue', con pesanti tagli alla spesa pubblica che ricadono sulle spalle della popolazione.
Ignorando le proteste dei propri cittadini e annullando ogni dialettica politica con il vecchio mantra thatcheriano del "non c'è alternativa", i governi 'soccorsi' hanno imposto manovre molto pesanti. Il premier greco George Papandreou ha fatto approvare al parlamento di Atene tagli per 30 miliardi di euro. Ora il governo irlandese di Brian Cowen dovrà far passare un piano di austerità da almeno 15 miliardi.
Il continuo manifestarsi della minaccia spettrale, più virtuale che reale, di un catastrofico collasso economico europeo, oltre che alimentare i giochi speculativi sull'indebolimento dell'euro, serve agli organismi internazionali (Unione europea, Fondo monetario internazionale e Banca mondiale) per imporre agli Stati il loro protettorato economico centralistico, per annullare ogni residua sovranità nazionale dei singoli paesi in materia di politica economica.
Non lo dicono i no-global o i teorici della cospirazione, ma il direttore dell'Fmi, Dominique Strauss-Kahn, che la scorsa settimana, parlando della crisi europea, ha detto: ''Le ruote del coordinamento tra paesi si muovono troppo piano. Il centro deve prendere l'iniziativa nelle aree chiave per raggiungere il destino comune in economia, finanza e politiche sociali. I paesi devono cedere una parte maggiore della loro sovranità al centro''.
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