Alessandro Robecchi in Il Manifesto. Fonte.
Riassunto delle puntate precedenti. Silvio fa schifo a tutti. La Marcegaglia e Confindustria non lo possono più vedere. I vescovi lo mollano, Bagnasco lo bacchetta. La Cisl, la camerierina del sig. Sacconi, comincia pure lei a storcere il naso. E questo per dire di alcuni che Silvio l’hanno sostenuto a lungo. I poteri forti, sempre se esistono, lo schifano da un pezzo, dimostrando così che non sono forti per niente. Le ragazze, più o meno Olgettine, più o meno a tassametro, più o meno signore della Bari bene (pensa tu la Bari male!) valutano se si può spremere ancora qualcosa dall’unico bancomat del mondo che si sia fatto catramare i capelli. Se sì, bene, se no, via, mollarlo. I compari di merende, i Tarantini, i Lavitola, cominciano a valutare se abbia ancora senso stare aggrappati a un paracadute bucato. Lele Mora parla che è un piacere. La Bce pensa che sia un povero caso umano. La Merkel non sarà esattamente compiaciuta dalle ultime indiscrezioni, così schifose che nemmeno mi spreco a dirle. La stampa mondiale lo chiama “pagliaccio” e “buffone” ad ogni edizione. I suoi elettori lo schifano facendolo precipitare nei sondaggi, certi suoi compagni di viaggio se ne vanno alla chetichella, oppure discutono di quel che succederà dopo di lui, se ne dividono le spoglie mentre ancora respira. Lui, caricatura del potere, deve pietire un incontro in Europa, giusto martedì, per scappare a una chiacchierata con i giudici. Alcuni avversari politici gli offrono un salvacondotto purché tolga il disturbo. Ormai che finisca ad Antigua, in Costa Smeralda o a San Vittore è indifferente a tutti, purché ci faccia la grazia di non insozzare più il Paese con la sua presenza, la sua totale incapacità, la sua volgarità intrisa di ignoranza, il suo dilettantismo. Ora che siamo sull’orlo del fallimento – quello vero – è ora che capiamo quanto ci è costato davvero Silvio Berlusconi. Troppo. Davanti a uno spettacolo così mediocre, può succedere che gli spettatori chiedano indietro i soldi e assaltino la cassa. Sarebbe ora.
Riassunto delle puntate precedenti. Silvio fa schifo a tutti. La Marcegaglia e Confindustria non lo possono più vedere. I vescovi lo mollano, Bagnasco lo bacchetta. La Cisl, la camerierina del sig. Sacconi, comincia pure lei a storcere il naso. E questo per dire di alcuni che Silvio l’hanno sostenuto a lungo. I poteri forti, sempre se esistono, lo schifano da un pezzo, dimostrando così che non sono forti per niente. Le ragazze, più o meno Olgettine, più o meno a tassametro, più o meno signore della Bari bene (pensa tu la Bari male!) valutano se si può spremere ancora qualcosa dall’unico bancomat del mondo che si sia fatto catramare i capelli. Se sì, bene, se no, via, mollarlo. I compari di merende, i Tarantini, i Lavitola, cominciano a valutare se abbia ancora senso stare aggrappati a un paracadute bucato. Lele Mora parla che è un piacere. La Bce pensa che sia un povero caso umano. La Merkel non sarà esattamente compiaciuta dalle ultime indiscrezioni, così schifose che nemmeno mi spreco a dirle. La stampa mondiale lo chiama “pagliaccio” e “buffone” ad ogni edizione. I suoi elettori lo schifano facendolo precipitare nei sondaggi, certi suoi compagni di viaggio se ne vanno alla chetichella, oppure discutono di quel che succederà dopo di lui, se ne dividono le spoglie mentre ancora respira. Lui, caricatura del potere, deve pietire un incontro in Europa, giusto martedì, per scappare a una chiacchierata con i giudici. Alcuni avversari politici gli offrono un salvacondotto purché tolga il disturbo. Ormai che finisca ad Antigua, in Costa Smeralda o a San Vittore è indifferente a tutti, purché ci faccia la grazia di non insozzare più il Paese con la sua presenza, la sua totale incapacità, la sua volgarità intrisa di ignoranza, il suo dilettantismo. Ora che siamo sull’orlo del fallimento – quello vero – è ora che capiamo quanto ci è costato davvero Silvio Berlusconi. Troppo. Davanti a uno spettacolo così mediocre, può succedere che gli spettatori chiedano indietro i soldi e assaltino la cassa. Sarebbe ora.
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