ROMA - Per questa ennesima tragedia "che si poteva evitare", migliaia di operai del settore tessile in Bangladesh sono scesi in strada per protestare contro le condizioni di lavoro nelle fabbriche, dopo il devastante incendio che ha ucciso 110 operaie in un'azienda tessile alle porte di Dacca, la capitale, e un altro incendio divampato questa mattina senza causare vittime. Alla manifestazione erano presenti anche molte delle operaie sopravvissute all'incendio della notte precedente. Il corteo ha bloccato un'autostrada fino a raggiungere la zona industriale di Ashulia, dove hanno sede oltre 500 fabbriche che producono abiti confezionati per le marche occidentali. "Gli operai di diverse fabbriche hanno interrotto il lavoro e hanno raggiunto la manifestazione. Vogliono che i proprietari di Tazreen ricevano una punizione esemplare", ha dichiarato il capo della polizia di Dacca, Habibur Rahman. Secondo la polizia molte fabbriche che lavorano per Walmart, H&M o C&A sono rimaste chiuse oggi per evitare uno scoppio di violenze. "La maggior parte degli operai è sotto choc. Vogliono vedere dei progressi in materia di sicurezza nelle loro fabbriche, dove sentono di andare a braccetto con la morte", ha detto un rappresentante sindacale, Babul Akter.
I brand internazionali sotto accusa. La Clean Clothes Campaign (CCC), assieme ai sindacati e alle organizzazioni impegnate per i diritti dei lavoratori in Bangladesh
e in tutto il mondo, chiede un intervento immediato da parte dei marchi internazionali a seguito dell'incendio divampato a Dhaka nei giorni scorsi, in cui hanno perso la vita più di 110 operaie tessili. Le persone morte e ferite stavano producendo indumenti per brand internazionali del tessile, quando la loro fabbrica, la Tazreen Fashions, è andata a fuoco. Secondo il loro sito internet, la Tazreen produceva per una moltitudine di ben noti marchi, tra cui C&A, Carrefour, KIK e Walmart. La Clean Clothes Campaign è convinta che questi soggetti abbiano dimostrato negligenza per non aver preso contromisure efficaci ai problemi di sicurezza evidenziati da incendi precedenti, divenendo responsabili per l'ennesima tragica perdita di vite umane.
Morti in fuga dal palazzo di sei piani. Molti dei lavoratori hanno trovato la morte mentre cercavano di scappare dal palazzo a sei piani; altri, non potendo scappare, sono arsi vivi. Il bilancio delle vittime continua a salire mentre i soccorritori cercano di farsi largo tra le macerie della fabbrica devastata. Un vigile del fuoco presente sulla scena ha riferito che non c'era nessuna uscita antincendio all'esterno dell'edificio. Le prime analisi suggeriscono che il fuoco sia partito da un corto circuito elettrico. La causa dell'80% di tutti gli incendi industriali in Bangladesh è dovuto a cablaggi difettosi. "Molti brand sanno da anni che molte delle fabbriche in cui scelgono di produrre sono delle trappole mortali. Il loro fallimento nell'adottare misure adeguate è una negligenza criminosa" ha detto Ineke Zeldenrust della Clean Clothes Campaign.
Un programma di ispezioni indipendenti. Assieme ai partner bengalesi, la CCC chiede un'inchiesta indipendente e trasparente sulle cause dell'incendio, per una piena e giusta compensazione da pagare alle vittime e ai loro familiari e per individuare le azioni necessarie a prevenire simili tragedie in futuro. "L'ennesima perdita di vite umane, sacrificate sull'altare di un modello industriale che produce profitti per i grandi gruppi internazionali a discapito dei lavoratori impiegati senza diritti nelle fabbriche per l'export, fortifica la nostra convinzione che occorrono cambiamenti strutturali, concreti e rapidi per rimuovere la cause alla base di tragedie come queste" continua Deborah Lucchetti di Abiti Puliti, la CCC italiana, che assieme ai sindacati e alle organizzazioni per i diritti dei lavoratori, ha messo a punto un piano d'azione specifico che include un programma di ispezioni indipendenti e trasparenti, una rivalutazione obbligatoria degli edifici in cui si riforniscono i marchi internazionali, una ricognizione di tutte le leggi e le norme di sicurezza esistenti, un impegno a pagare prezzi adeguati a coprire i costi e il coinvolgimento diretto dei sindacati in corsi di formazione per i lavoratori su salute e sicurezza. La CCC invita nuovamente i marchi a sottoscrivere immediatamente questo piano d'azione.
Una ricognizione in tutto il paese. I datori di lavoro e il governo bengalese devono assumersi la loro parte di responsabilità. Il governo deve effettuare un'indagine immediata sulle cause dell'incendio e perseguire coloro la cui negligenza ha causato la morte di queste donne e uomini. Inoltre, deve investire in un programma di ispezioni in tutto il Paese per accertare che gli edifici attualmente in uso siano adatti allo scopo cui sono destinati e rispettino gli standard di sicurezza. Tutti gli imprenditori in Bangladesh devono immediatamente rivedere le procedure di sicurezza in vigore nelle loro fabbriche, effettuare controlli alle strutture e agli impianti elettrici e, soprattutto, impegnarsi a collaborare con i sindacati per formare i loro operai sulle procedure di sicurezza e recepire le loro istanze.
Da conoscere la dinamica esatta della tragedia. La CCC continuerà a lavorare con i partner sul campo per accertare la dinamica esatta dei fatti e pretendere giustizia per le vittime di questa ennesima tragedia. Nel frattempo chiede a tutti coloro che operano nel settore dell'abbigliamento in Bangladesh di passare ai fatti attraverso un'azione significativa e concreta per evitare che un'altra terribile perdita di vite si ripeta in futuro.
(26 novembre 2012)
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