Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

domenica 25 novembre 2012

Un nuovo muro di Berlino. La sinistra lo deve abbattere

24 novembre 2012- Fonte: il manifesto - lavorincorsoasinistra -

Intervista a Nichi Vendola
di Daniela Preziosi -
La guerra in Medioriente «il dramma di un popolo senza pace, l’indifferenza dell’Unione europea, che dovrebbe restituire il Nobel». Gli studenti pestati dalla polizia «che si ribellano perché la precarietà è il loro destino produttivo ed esistenziale». E ancora il ragazzino suicida a Roma, «sui nostri figli, sui nostri adolescenti piombano anche gli effetti di un contesto culturale che ha fatto della degradazione del corpo delle donne e del richiamo omofobo i tratti distintivi dell’individualismo proprietario e predatorio, filo rosso della rivoluzione reazionaria degli ultimi 30 anni, da Reagan a Berlusconi». «Sono con il mondo della scuola che torna in piazza».
Nichi Vendola, la sinistra del centrosinistra, domenica si gioca la sua partita più importante. Senza nulla togliere ai suoi due mandati in Puglia, per tenere fede ai quali ha fatto meno campagna elettorale dei suoi quattro sfidanti. Dice che domenica arriverà secondo, poi primo al ballottaggio. I sondaggi dicono terzo, «ma i sondaggi mi hanno sempre dato perdente in Puglia», e invece ha vinto due volte. Alle primarie gioca una partita che, comunque la si pensi, segnerà il futuro di tutta la sinistra.
Per la prima volta in questa campagna per le primarie chiede i matrimoni per gli e le omosessuali, le adozioni. E per la prima volta dopo tanti anni di politica ha parlato di sé, del suo fidanzato, del desiderio di un figlio. Sui diritti lei oggi ha radicalizzato le sue posizioni rispetto al passato. È stata una scelta mediatica, per caratterizzarsi meglio, nella campagna delle primarie?
No. Tutta la vita mi hanno detto che non si può morire di massimalismo. Un giorno ho pensato di dover dire l’altra verità, che non si può morire di minimalismo. Che la costruzione dei compromessi non può essere sempre l’argomento che occulta la resa della sinistra. Ma dico la verità: la parola è stata più veloce del pensiero, più rapida della decisione collettiva. Ho parlato di me, ho pensato a me quando ho proposto di rovesciare il tavolo dei tatticismi.
Nella sua campagna, iniziata solo dopo la sua assoluzione a Bari, ha toccato luoghi emblematici per il lavoro: Melfi, Pomigliano, Mirafiori. Molti degli operai licenziati da Marchionne votano per lei. Sul lavoro il governo Monti chiude in bruttezza, con il patto di produttività non firmato dal maggiore sindacato. Il Partito democratico ha cercato fino all’ultimo il sì della Cgil.
L’accordo è il trionfo dell’ideologia liberista. E le parole di Bersani sono acrobatiche. Caricare il tema della produttività tutto sulle spalle dei lavoratori è in perfetto stile Marchionne. Nel paese dell’Ocse che ha il vergognoso primato dei minori investimenti privati e pubblici nell’innovazione, spogliare il lavoro della protezione del contratto nazionale, che ci ha consentito di uscire dall’epoca delle gabbie salariali, aprire un varco al demansionamento e alla regressione di carriera e di salario, significa perseverare nel debilitare la civiltà del lavoro. Un’altra spinta verso la recessione, visto che i salari alla fine dei conti saranno più leggeri.
Quella liberista, perfino marchionnista, è una delle anime costitutive del Pd. Al di là di come andranno le primarie, e al netto di improbabili rotture nel Pd, nell’eventuale governo dovrà comunque farci i conti. La sua è una partita che ha delle chance?
Le primarie e la costruzione del centrosinistra sono l’unico campo di gioco per la sinistra. Al di fuori c’è solo Grillo. A questa partita non vado a cuor leggero e con un atteggiamento naif. So che nel Pd c’è una contesa aspra. Ma la mia partecipazione alle primarie ha obbligato tutti a una presa di distanza dai provvedimenti di Monti, e a archiviare la sua agenda. Il buon senso della mia piattaforma politico-culturale è rivelato dall’insostenibilità sociale delle politiche del rigore. La competizione è su formule astratte, come ‘bisogna rispettare gli impegni assunti con l’Europa’. La mia domanda ai miei competitor è: è sostenibile tagliare altri 45 miliardi di euro l’anno di spesa sociale?
È quello che impone il fiscal compact. Il Pd l’ha votato. Lei ci si allea…
No che non è possibile. Si è voluta imprigionare la realtà in una gabbia di superstizioni ideologiche e diktat feroci, con un’iniquità sociale che ha elementi di macelleria, come si vede in Grecia. La crepa che si sta aprendo sotto il paese, la sovrapposizione di crisi sociale e democratica, può consentirci la continuità con le politiche che hanno accelerato l’impoverimento? La mia critica al centrosinistra in ginocchio e subalterno ha radici nella condizione sociale del paese.
La carta d’intenti della coalizione dice che i trattati europei si cambiano in accordo con gli altri governi. Che però sono spesso ultrarigoristi con l’Italia. Di fatto il centrosinistra accetta che questi trattati siano immodificabili?
È un’obiezione astratta, tutta ideologica. Inghilterra e Germania chiedono di spostare il grosso della spesa comunitaria dagli obiettivi di convergenza e di coesione sociale agli obiettivi di competizione. Significa togliere risorse a tutta l’Europa meridionale, che ha un maggiore divario di sviluppo. È la logica di aiutare i ricchi, tanto i poveri sono dati già per persi. È uno scontro straordinario: è un nuovo Muro di Berlino, ma i varchi e le crepe che si aprono sono gigantesche, e le domande di giustizia e libertà possono consentirci di abbatterlo.
Diceva: per la sinistra le primarie sono l’unico campo di gioco. Non lo è anche quello dal movimento arancione, dell’appello «Cambiare si può» o di De Magistris che aspetta le primarie per invitarla a unirsi a lui, o viceversa?
Il campo in cui voglio giocare è quello che rimescola le carte fra sinistra radicale e riformista. Siamo tutti chiamati a rimettere in campo un soggetto largo, il più unitario possibile, e con la marcata propensione a rompere con il liberismo. Ma queste condizioni devono realizzarsi sul terreno di una proposta di governo.
Quella degli arancioni non lo è?
Mi ritrovo in tantissimi loro contributi, c’è una grande ricchezza nell’intellettualità di Alba, penso a Luciano Gallino, a Piero Bevilacqua. Ai laboratori urbani, alla rete dei municipi, tutti soggetti con cui noi interloquiamo, come il mondo della precarietà, quello femminista. Se abbiamo un’idea coalizionale non prigioniera del palazzo, la partita è aperta. E attraversa tutta la sinistra europea. Il giovane sindaco di Firenze (Matteo Renzi, ndr) invoca l’immaginetta di Tony Blair, ma i laburisti inglesi oggi seppelliscono la Terza Via che tanto male ha fatto all’Europa. La situazione è drammatica, una miscela esplosiva di recessione e crisi della democrazia può portare alla rottura del patto fondativo di una comunità. In tutta Europa tornano culture nazionaliste e antisemite. Questo è il campo in cui bisogna giocare la partita.
Ma dopo le primarie si confronterà con De Magistris?
Non è una partita a scacchi, guardo con attenzione a quello che accade fuori dal mio partito, a quelli che lavorano su piste innovative e hanno in testa un’agenda di governo. De Magistris è il sindaco di una grande città: vedremo quello che verrà fuori. Ma potrei non voler discutere con lui?
Diliberto e il Pdci voteranno per lei. L’Idv chiede di tornare nel centrosinistra. A destra le ironie si sprecano, Renzi tuona contro «i partitini» e Bersani ogni giorno giura sulla vostra coesione. È il ritorno dell’Unione?
Se teniamo l’orizzonte, se abbiamo buoni strumenti di bordo, se al timone mettiamo i diritti sociali e di libertà, siamo nella condizione di far salire in nave tutti coloro che intendono portare il loro contributo. Non chi vuole buttare a mare il timoniere o farci cambiare rotta. E la rotta è la modernità opposta a quella di Marchionne, e la libertà opposta a quella della destra: è lo stato che regola la vita sociale mettendo al centro i beni comuni, e regola i diritti di libertà delle persone secondo laicità e pluralismo.
Mantiene il suo ‘mai’ con l’Udc e con il centro?
Intende il centro affollato di volti nuovissimi, con un Montezemolo tornato dall’esilio? Si chiama centro solo perché l’Italia ha avuto una destra latinoamericana. E pensare a Montezemolo come un moderato è fantasioso.
Ma su questo suo no ai patti con l’Udc pesa il sospetto che sia soltanto un’affermazione di propaganda. Che dopo il voto sarà archiviata.
Dovrebbe pesare di più quello che è successo in Sicilia, a costo di una sconfitta annunciata.
Senza ripensamenti?
Senza ripensamenti. Ma non ho pregiudizi. Il tema del compromesso ha attraversato la mia formazione politica, da Togliatti a Berlinguer. Ma Togliatti aveva di fronte De Gasperi, e Berlinguer Moro. E la Dc non era un partito liberista di massa. Se l’agenda di Casini è la continuità con l’austerity e l’interdizione sui diritti civili, com’è possibile costruire un compromesso?
Cita Togliatti e Berlinguer. Perché nel confronto in tv ha citato solo il cardinal Martini?
Mi sono riferito ai temi su cui più mi sono esposto. Sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico e sulle coppie di fatto il cardinal Martini ha aperto sentieri, non trincee di guerra. Il mio pantheon è molto ricco: della tradizione comunista il punto più vitale è Gramsci, rispetto al fascino morale è Berlinguer. E Pasolini. E nel mio vocabolario contano molto le parole che ho imparato dal femminismo.
Votare con il Pd sarà baciare un rospo, per farlo trasformare in principe?
E se diventa un principe vuol dire che diventeremo una coppia di fatto.

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