di Antonio Cipriani
Non avete mai il dubbio che la crisi mondiale sia un simulacro? Che sotto il sofisticato meccanismo di spread, mercati e soluzioni drastiche non ci sia niente di quello che ci appare? Che il senso mediatico della crisi basta da solo a governare da solo il sistema mondo? Non si tratta di un riflesso dietrologico, ma di punti interrogativi ad alimentare il senso critico, quindi il senso di appartenenza e di partecipazione a un consesso sociale. A una democrazia.
Beh, a me dubbi affiorano costantemente. Per natura, per educazione al senso critico, perché è troppo fastidioso adagiarsi sull'onda cullante del discorso mediatico.
Non avete mai il dubbio che la crisi mondiale sia un simulacro? Che sotto il sofisticato meccanismo di spread, mercati e soluzioni drastiche non ci sia niente di quello che ci appare? Che il senso mediatico della crisi basta da solo a governare da solo il sistema mondo? Non si tratta di un riflesso dietrologico, ma di punti interrogativi ad alimentare il senso critico, quindi il senso di appartenenza e di partecipazione a un consesso sociale. A una democrazia.
Beh, a me dubbi affiorano costantemente. Per natura, per educazione al senso critico, perché è troppo fastidioso adagiarsi sull'onda cullante del discorso mediatico.
E oggi, leggendo questa notizia me ne sono affiorati tanti: nel nostro paese la metà della ricchezza è posseduta dal 10% delle famiglie. Di contro, il 50% più povero della popolazione possiede il 9,4% della ricchezza totale.
Viviamo in una società di pochi ricchi che possiedono troppo e troppi poveri che possiedono poco.
Allora se la parola crisi ha un senso, se deve avere un senso che valga non soltanto per gli speculatori e per i gruppi oligarchici che dominano la finanza internazionale, lo deve avere dando il giusto peso alle cose della vita reale. E la vita reale ci dice quello che ha rilevato nella sua indagine sulla ricchezza delle famiglie Bankitalia che dice nel suo documento: "La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all'opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata".
Possiamo parlare di ingiustizia sociale? O il concetto di ingiustizia e di eguaglianza, legato alla disparità estrema di possibilità, è troppo estremista? Allora è troppo estremista anche la Costituzione italiana quando parla di eguaglianza in senso formale: " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". E, soprattutto, quando dice: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana". Parole chiare, nette contro l'ingiustizia sociale, per un' eguaglianza in senso sostanziale.
Così mi sembra assurdo discutere della rava e della fava mediatica, quando sulla strada della nostra democrazia c'è un macigno di questa portata, che va a violare i diritti fondamentali delle persone. Dice Zygmunt Bauman: "C'è stato un collasso tra le democrazie nazionali (quelle votate dalla gente), e dalle esigenze dei mercati, travolgendo i diritti sociali delle persone, i loro diritti fondamentali". A questo siamo. Al disastro della spoliazione della politica, della trasformazione in dati di fatto di situazioni che un tempo avremmo definito inaccettabili e che in futuro noi e i nostri figli torneremo a definire inaccettabili.
Inaccettabile che pochi detengano il potere economico e di tutto ciò che ne consegue. Che pochissimi e in istituzioni internazionali non democratiche, gestite da persone non elette dal popolo e che non rappresentano quindi esseri umani che vivono nella società possano gestire la vita di tutti. Supportati dai mezzi di comunicazione principali che funzionano come apparato ideologico dei mercati (come delle politiche di guerra), in mano a pochissimi, quindi guidati dagli interessi dei gruppi finanziari che non hanno alcuna necessità che esista una democrazia reale, che origini dalla partecipazione alla politica.
Per concludere, penso sia il tempo di non cullarsi sull'onda mediatica e sulle parole chiave della crisi di sistema. Penso sia il tempo di tornare a separare il grano dal loglio, di riprendersi la politica, la piazza, l'appartenenza a una comunità. Partendo da qualche dubbio. E dalla pratica della libertà, in prima persona, in ogni luogo di lavoro.
da www.globalist.itViviamo in una società di pochi ricchi che possiedono troppo e troppi poveri che possiedono poco.
Allora se la parola crisi ha un senso, se deve avere un senso che valga non soltanto per gli speculatori e per i gruppi oligarchici che dominano la finanza internazionale, lo deve avere dando il giusto peso alle cose della vita reale. E la vita reale ci dice quello che ha rilevato nella sua indagine sulla ricchezza delle famiglie Bankitalia che dice nel suo documento: "La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all'opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata".
Possiamo parlare di ingiustizia sociale? O il concetto di ingiustizia e di eguaglianza, legato alla disparità estrema di possibilità, è troppo estremista? Allora è troppo estremista anche la Costituzione italiana quando parla di eguaglianza in senso formale: " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". E, soprattutto, quando dice: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana". Parole chiare, nette contro l'ingiustizia sociale, per un' eguaglianza in senso sostanziale.
Così mi sembra assurdo discutere della rava e della fava mediatica, quando sulla strada della nostra democrazia c'è un macigno di questa portata, che va a violare i diritti fondamentali delle persone. Dice Zygmunt Bauman: "C'è stato un collasso tra le democrazie nazionali (quelle votate dalla gente), e dalle esigenze dei mercati, travolgendo i diritti sociali delle persone, i loro diritti fondamentali". A questo siamo. Al disastro della spoliazione della politica, della trasformazione in dati di fatto di situazioni che un tempo avremmo definito inaccettabili e che in futuro noi e i nostri figli torneremo a definire inaccettabili.
Inaccettabile che pochi detengano il potere economico e di tutto ciò che ne consegue. Che pochissimi e in istituzioni internazionali non democratiche, gestite da persone non elette dal popolo e che non rappresentano quindi esseri umani che vivono nella società possano gestire la vita di tutti. Supportati dai mezzi di comunicazione principali che funzionano come apparato ideologico dei mercati (come delle politiche di guerra), in mano a pochissimi, quindi guidati dagli interessi dei gruppi finanziari che non hanno alcuna necessità che esista una democrazia reale, che origini dalla partecipazione alla politica.
Per concludere, penso sia il tempo di non cullarsi sull'onda mediatica e sulle parole chiave della crisi di sistema. Penso sia il tempo di tornare a separare il grano dal loglio, di riprendersi la politica, la piazza, l'appartenenza a una comunità. Partendo da qualche dubbio. E dalla pratica della libertà, in prima persona, in ogni luogo di lavoro.
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