Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

lunedì 28 gennaio 2013

Le elezioni e i movimenti della politica

Bruno Giorgini - sinistrainrete -

La democrazia. Dice Spinoza: una società che esercita collegialmente il potere in modo tale che tutti siano tenuti a obbedire a sè stessi, senza che nessuno sia costretto a obbedire a un proprio simile.
I partiti. Fin quando gli esseri umani saranno animali politici esisteranno i partiti, ovvero libere associazioni di cittadini/e che sulla base di programmi e progetti si contendono il potere e/o il governo della città, della polis. Ovviamente le forme concrete e i poteri dei partiti cambiano a seconda delle fasi storiche. In Italia negli ultimi decenni i partiti sono degenerati diventando vieppiù macchine per il potere di persone e gruppi di pressione fondate quasi sempre sull’interesse personale, il malaffare, la corruzione, la rapina e lo sperpero del pubblico denaro, l’occupazione indebita di istituzioni della società. Si pensi al disastro della spartizione partitica dei posti nella sanità pubblica, la collusione con organizzazioni criminali, nonchè con costi per il loro funzionamento al di là di qualunque giustificazione. Questo dilagante malaffare ha contaminato anche le istituzioni rappresentative, talchè i nostri onorevoli, si fa per dire, guadagnano molto di più dei loro colleghi europei che non sono certo poveri, lo stesso vale per il Presidente della Repubblica e da lì in giù per tutti, fino a uscieri e impiegati. Senza alcun dubbio due sono i motori di questa corruzione dei partiti italici, chi più chi meno tutti coinvolti: il finanziamento pubblico, giustificato col fatto che altrimenti la politica se la potrebbero permettere solo i ricchi, a conferma del fatto che le vie dell’inferno sono spesso lastricate dalle migliori intenzioni, e la collusione tra politica e affari, fino agli appalti dedicati alle organizzazioni criminali, fino alla trattativa tra stato e mafia, dopo gli attentati contro Falcone e Borsellino.
Certamente quindi sono legittimi i sentimenti di rabbia e di diffidenza verso i partiti, verso questo sistema dei partiti, e anche la voglia di ribaltarli scacciando i mercanti dal tempio, a pedate se necessario. E’ il cosidetto sentimento dell’antipolitica che in realtà esprime una giusta indignazione per questa politica e l’esigenza di un‘altra politica, di cui è in parte incarnazione il movimento cinque stelle, ma largamente diffuso ben oltre. Significativa a questo proposito la recente iniziativa in Sicilia dei quindici consiglieri regionali cinque stelle che hanno restituito il 70% degli emolumenti (un consigliere regionale siciliano guadagna circa 15.000 euro al mese, uno scandalo). Lo farà qualcun altro? Difficile, direi impossibile, vuoi mai che sia demagogia!!! La ciliegina sulla torta è la legge lettorale, la porcata o porcellum come tutti la chiamano, e che nessuno ha voluto modificare, troppo ghiotto il potere che affida ai partiti, e soprattutto ai loro segretari, di scelta sugli onorevoli deputati e senatori, nonchè quindi sull’intera nomenclatura. Capolavoro di ambiguità e ipocrisia sono state le primarie del PD per le candidature al Parlamento, col listino, anzi il listone del segretario Bersani, la lista dei fedelissimi e fedeli, garantiti con buona pace di chi alle primarie parlamentari ha creduto. Intanto nascono nuovi partiti, nessuno dei quali però vuol chiamarsi partito, ma movimento, nuovo soggetto politico, lista civica e quant’altro. Alcuni sono stati generati per gemmazione dal PDL, che non a caso si chiama popolo delle libertà, e non partito, per costruire una costellazone di centrodestra più forte sul piano elettorale, mentre altri amerebbero distinguersi dai partiti tradizionali introducendo innovazioni radicali, per esempio nella costituzione delle liste. Ma, a parte il movimento 5 stelle, nessuno pare esserci riuscito. Il tronfio Monti ha dovuto incassare più liste alla Camera, con i catorci dell’UDC e gli ex giovani leoni di FLI intoccabili, così perdendo Corrado Passera, scusate se è poco, per non dire delle acrobazie per la lista senatoriale a tenere insieme consumati, anche nel senso dell’usura, professionisti dell’establishment e delle clientele (quando non peggio) con qualche nome un poco più presentabile, i famosi candidati della società civile, poveretti. Ma se i conservator/reazionari liberisti montiani che proclamano di voler riformare la politica non ridono, ecco che piangono i nuovi , o che si vorrebbero tali, “a sinistra” del centrosinistra, la lista di “rivoluzione civile” guidata da Ingroia, con Di Pietro tra gli alfieri. Di Pietro l’uomo che sposò la TAV e la repressione al G8 di Genova, per non dire dei suoi affarucci privati, e, già più dignitosi, i segretari del PRC e del PDCI, nonchè dei verdi a costituirne l’ossatura militante e di lista. E non manca il mercato delle vacche col primo acquisto, l’ex cinque stelle consigliere regionale Giovanni Favia, fino a ieri secondo il dettato grillino nè di destra nè di sinistra, da oggi rivoluzionario civile. Quando si dice la transumanza, un tempo trasformismo. Acquisto cui Ingroia ha dedicato molte ore negli ultimi giorni, in uno spaccato della politica abbastanza indecente. Ma d’altra parte suvvia non siamo moralisti, se la politica è un mestiere come un altro senza alcuna idealità, una volta licenziato da una company cosa può impedirmi di essere assunto in un’altra, dipende semplicemente dal profitto che mi viene proposto, stock options o privilegi e poteri della politica che siano. In quest’ottica forse come per gli ordini professionali si dovrebbe introdurre un albo dei “politici” con regole di deontologia sia per l’accesso che per i comportamenti, ma anche questo a tutt’oggi pare essere troppo. Infine la neonata ALBA, alleanza per il lavoro i beni comuni e l’ambiente. Un piccolo partito, scusatemi: nuovo soggetto politico, antiliberista e che pretenderebbe anch’egli di riformare la politica in senso democratico e partecipativo, a partire dal suo stesso funzionamento interno. Un partito che nascendo da un gruppo di intellettuali, molti torinesi, ha tentato di promuovere una ipotesi di lista elettorale “cambiare si può” per un radicale rinnovamento, lista uscita di strada alla prima curva. E oggi “cambiare si può”, ammesso e non concesso che continui a esistere, o piuttosto la parte che vuole continuare a esistere (o finge di), più o meno obtorto collo è obbligata a riferirsi per le elezioni a Ingroia, secondo il detto “o mangiare questa minestra o saltare dalla finestra”.
Primo movimento. Governabilità versus rappresentanza. Da alcune decine d’anni la governabilità, la governance come si dice oggi, fa premio sulla rappresentanza. Fino all’estremo del governo italiano guidato da Monti sedicente “tecnico” ovvero senza alcun criterio di rappresentatività nè per se stesso nè per i suoi ministri, in realtà un governo politico, forse il più congruente con la dizione che si credeva desueta di governo come “comitato d’affari della borghesia”. Napolitano, artefice di questo capolavoro di governabilità che ha addirittura annullato ogni criterio di rappresentanza, ha cercato di metterci una pezza rendendo in fretta e furia Mario Monti senatore a vita. Forse troppa fretta e troppa furia. Recita la Costituzione: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”, e francamente “gli altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario” di Mario Monti non si vede quali siano, si pensi che, per fare solo qualche esempio, senatori/trici a vita furono i premi Nobel Eugenio Montale e Rita Levi Montalcini, nonchè Norberto Bobbio maestro di democrazia e Arturo Toscanini maestro di musica, che si dimise il giorno dopo la nomina. In nome della governabilità si è avvilito il parlamento con una serie ininterrotta di voti di fiducia, sempre invocando una qualche emergenza. In nome della governabilità si sono stabiliti sistemi elettorali e premi di maggioranza tutti volti a ridurre la rappresentanza, fino in Italia a eliminarla letteralmente la rappresentanza di quelle che Gramsci chiamava le classi subalterne, o con altro linguaggio, la rappresentanza del movimento operaio e proletario, e i partiti che in qualche modo ne facevano parte, i partiti comunisti, socialisti, socialdemocratici dal parlamento sono stati espulsi. Da noi e soltanto da noi è accaduto. In Francia, Inghilterra, Germania esistono, operano, a volte perfino vincono le elezioni e governano. In nome della governabilità è nato il porcellum italicus che interrompe qualunque rapporto tra il candidato, e poi eventualmente l’eletto, e i suoi elettori, talchè in Italia i deputati non rappresentano gli elettori, ma servono i dirigenti del partito che li candida. Non esiste più in Italia, se mai pure esistette, il “tuo” deputato, che in qualche modo deve rispondere a te del suo operato, a differenza del Brasile, degli USA, della Francia, ecc.. Ma la dinamica definita dalla governabilità versus la rappresentanza, seppure ci sono stati e nazioni che cercano di non fare eccessivo torto alla rappresentanza, per esempio la Francia e la Germania, è modellata sul funzionamento dell’Unione Europea, con un parlamento che è più o meno un vestibolo dove si scambiano opinioni che nulla pesano sulle scelte politiche invece proprie del Consiglio dei capi di stato e di governo, che poi designa e delega al governo quotidiano la Commissione Esecutiva (CE), mentre quelle monetarie appartengono alla BCE, e quelle economiche vengono prese dalla cosidetta troika, Fondo Monetario Internazionale (FMI), BCE e CE. Insomma la volontà dei cittadini europei non compare mai nello schema, non è mai rappresentata. Quando un capo di governo come il greco Papandreu propone un referendum in modo che il suo popolo possa scegliere se approvare o meno la brutale e violenta aggressione sociale che si traveste sotto il nome di “austerità”, apriti cielo. Tutti, partiti di ogni dove, agenzie varie economiche e d’informazione, nonchè di rating, ovvero il braccio armato del capitale finanziario, quasi tutti i giornali e media, per non dire dei padroni e delle varie borghesie, e i molti sindacati, anch’essi arruolati nel campo dell’austerità, si mobilitano in modo capillare contro l’insana possibilità di andare al voto. L’Europa potrebbe essere messa in crisi da un voto che potrebbe mettere in crisi l’attuale Europa della tecnocrazia e della finanza. Un ‘Europa almeno a-democratica nelle sue dinamiche istituzionali, e spesso antidemocratica nelle sue decisioni concrete. Quest’Europa panliberista, e sempre più abitata da poveri, disoccupati, precari, sta correndo alla sua disarticolazione, forse distruzione, e sta inoltre alimentando ogni giorno di più gruppi e forze di estrema destra, neonaziste e neofasciste, nazionaliste e razziste, populiste e reazionarie, il peggio del peggio emerge, una sorta di nero fascismo fondato sulla miseria e l’esclusione. I dirigenti europei possono essere fieri del loro lavoro, la prussiana Merkel innanzitutto.
Secondo movimento. Chi risponde a chi. Rimanendo in Europa. I referenti cui le politiche devono rispondere e adeguarsi sono essenzialmente i mercati con le conseguenti dinamiche finanziarie, e monetarie. A livello degli stati nazionali i referenti non sono solo i mercati ma anche la troika (BCE,FMI,CE). In Italia ai mercati e alla troika va aggiunto il Vaticano, con la CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Da questo punto di vista non c’è differenza tra Monti e Bersani. Il primo più brutale, il secondo certamente più “soft”, ma entrambi avendo come sistema di riferimento e bussola il mercato globale, in specie le sue dinamiche finanziarie, e la troika. Per il Vaticano, Bersani può schierare solo il parroco presso cui servì come chierichetto, mentre Monti mette in campo nientepopodimenoche il Papa e l’Osservatore Romano. Il cav. Berlusconi e Maroni sono invece un poco sfasati, con riferimenti anche a una dimensione popolar populista su base regionale per la Lega, e a un mercato “drogato” nonchè intrecciato con attività a filo di rasoio tra legalità e illegalità fino ai bordi con la criminalità per il cav.. Per chi dubitasse della vocazione mercatista del PD e di Bersani fanno fede innumerevoli interviste, quelle sui giornali stranieri assai più chiare, e dichiarazioni italiche giusto un po’ più sfumate. Mentre invece sia i diritti civili che quelli sociali, e del lavoro, compaiono soltanto come variabili dipendenti, dai mercati appunto, si chiamino Marchionne o BCE. Per Monti invece letteralmente non esistono. Monti è stato esplicitamente delegato dai mercati globali, dalla UE, dalla BCE, dal FMI, insomma i soliti noti a costruire il nuovo partito della borghesia italiana, l’equivalente della DC d’antan, dando una svolta compiutamente liberista alle politiche economiche, finanziarie, sociali, di formazione dei giovani e di organizzazione del mercato del lavoro. Per raggiungere questo obiettivo nel pieno di una crisi squassante bisogna esercitare una quota di violenza sociale assai grande, si pensi solo allo smantellamento della sanità pubblica, o al numero impressionante di disoccupati specie giovani, e appare difficile riuscirci soltanto con la forza “militar-repressiva” dello stato. Abbisogna anche di una quota di consenso da parte di chi subirà questa violenza sociale, giustificata in nome della “salvezza della patria”. E per questo il PD è fondamentale. Non solo come ruota di scorta, ma come protagonista attivo in grado di proporre compromessi, che pur non cambiando la direzione di marcia, possano rendere più accettabile lo smantellamento di diritti del lavoro e sociali, impossibile il loro ampliamento. Il modello lo fornisce Marchionne in simbiosi col governo tecnico. Insieme Monti e Marchionne vanno alla FIAT di Melfi parlando delle magnifiche sorti e progressive del capitalismo dell’auto. Poco importa che la FIOM, maggioritaria tra gli operai metalmeccanici, sia esclusa dalla rappresentanza sindacale di fabbrica, come sotto il fascismo, gli altri sindacati e una parte degli operai sono plaudenti, assieme a tutti i media del paese. E’ il trionfo del governo tecnico che ha fatto ingoiare la revisione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, la controriforma delle pensioni con per soprammercato esodati a migliaia rimasti nudi, senza pensione e senza salario, l’intensificazione dello sfruttamento tramite apprendistato, tutte misure approvate col voto del PD. Poi qualche settimana dopo Marchionne comunica che le magnifiche sorti e progressive si incarnano in due anni di cassa integrazione, e nessuno sembra accorgersi dell’incredibile presa in giro, ridicola se non fosse drammatica per migliaia di lavoratori che dopo la beffa subiscono il danno. Anche il PD in piena campagna elettorale non batte ciglio nè alza la voce, nemmeno un balbettio.
Terzo movimento. Contro le diseguaglianze sociali. Tutti i numeri sono coerenti. Negli ultimi vent’anni in Occidente, e in modo accelerato, dal 2008 a oggi, i tempi della crisi, c’è stato un aumento di reddito forte, molto forte per i ricchi, e una riduzione forte, molto forte, per i lavoratori dipendenti, manuali e intellettuali, cognitivi e manifatturieri, precari e/o a tempo indeterminato, piccoli artigiani e partite IVA finte che mascherano un lavoro in realtà dipendente. Sono diminuiti in modo consistente i diritti sociali, scuola e diritto allo studio mortificati, università e ricerca pubblica ridotte al lumicino, sanità, previdenza, tfr e diritti del lavoro ogni giorno aggrediti e ridotti. Si tratta di un martellamento continuo che dice, e ripete, ormai da anni e anni, che lo stato sociale è il responsabile della crisi, del debito pubblico, del deficit nel bilancio dello stato, che i diritti dei lavoratori riducono la produttività e affossano la produzione, che i pensionati sono colpevoli di eccessive spese, insomma tutti conosciamo il refrain cui collaborano La Repubblica e il Corriere, a cui non manca l’Unità, e tutti i media, con l’esclusione del Manifesto, Radio Popolare, e pochi altri, un refrain di cui sono parte i sindacati, specie UIL e CISL, ma la CGIL non è proprio immacolata, anzi. Nella crisi le diseguaglianze si accentuano, basti vedere i guadagni di borsa nel 2012, e i profitti delle grandi banche, confrontandoli con la riduzione del monte salari e dei salari individuali, del monte pensioni, dei consumi: non è vero che siamo tutti sulla stessa barca come raccontano i fautori dei sacrifici, i nostri. Ma la crisi è lontana dall’essere finita, anzi si accentua, e quindi tensioni sociali saranno inevitabili, con forme di lotta e di rivolta probabilemnte molto dura. Per contrastarle, snervarle, impedirne l’unificazione su un programma comune, rendendole settoriali e quindi poco efficaci sul piano generale, bisogna avere sia un governo di larghe intese o di compromesso che dir si voglia, sia un dominio quasi assoluto delle dinamiche istituzionali a ogni livello, dai consigli comunali al parlamento, tutti in riga sul ponte del Titanic cantando Fratelli d’Italia, e chi scantona è un traditore. Per questo una sia pur minuscola pattuglia di contestori e/o dissidenti in parlamento sarebbe la benvenuta, aprendo un piccolo varco alle lotte sociali e dei lavoratori, facendosene almeno parziale cassa di risonanza. Ovviamente ci sarebbe bisogno di un preciso programma capace di produrre uguaglianza sociale, cosa del tutto diversa dell’equità dei sacrifici cui persino Monti ogni tanto si richiama, come è scontato non rispettandola, ma per ora pare ancora lontano al di là dell’orizzonte.
Quarto movimento. Verso sinistra. Cominciamo dai valori che la tradizione della sinistra ci consegna. Libertè, egalitè, fraternitè (rivoluzione francese), abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo (Marx), nuovo contratto di equità tra esseri umani e natura (movimenti ecologisti), differenza sessuale (femminismo), società multietnica e multiculturale (movimenti antirazzisti). Non assumo invece legalità, non violenza, pace perchè nella storia della sinistra sono molto più controverse. Molte forme di lotta del Movimento Operaio, dai picchetti ai blocchi stradali, dalle occupazioni di fabbrica al sequestro dei dirigenti, sono illegali ancora oggi , direi praticamente tutte salvo lo sciopero. Per quanto attiene la pace, la sinistra è stata spesso fautrice della guerra, si pensi alla parola d’ordine leninista per trasformare la guerra interimperialista in guerra civile, o alla guerra partigiana dalla resistenza europea alle guerre di liberazione nazionale algerina, vietnamita ecc.., persino lo slogan dei pacifisti prima della Grande Guerra risuona come “facciamo guerra alla guerra”. Infine la non violenza come valore e , direi, imperativo categorico, certamente non appartiene alla sinistra, anche se dentro la sinistra è largamente discussa, e in molte occasioni assunta e praticata. E non si tratta di riprendere i sacri testi del marxismo rivoluzionario, basta per esempio leggere un recente saggio di Luisa Muraro, filosofa e femminista, dal significativo titolo “ Dio è violento” (2012). Citiamo alcune frasi per darne la percezione: “a chi detiene un potere quale che sia, io non mi presento dichiarando che ho rinunciato all’uso della forza fino alla violenza se necessario (..) la predicazione antiviolenza nella misura in cui esclude a priori l’idea di una violenza giusta, favorisce l’abdicazione a agire, se necessario, con tutta la forza necessaria. E ciò si ripercuote sull’intelligenza delle persone: chi non usa la sua forza quando gli sarebbe utile e necessario, sembra stupido, ma chi vi ha rinunciato a priori, lo diventa realmente. Nessuno lo dice ma, secondo me, nell’appannarsi dell’intelligenza collettiva in questo nostro paese, non c’entrano soltanto il consumismo e cose simili, ma anche la fine della sfida comunista che veicolava un’idea di violenza giusta, quella rivoluzionaria; poco importa qui il giudizio politico, sto parlando di dosaggi interiori.” Passando ai soggetti politici, è dubbio che il PD possa essere collocato a sinistra. Certo in parlamento i suoi deputati siedono a sinistra nell’ emiciclo, e nella vulgata comune viene pensato come un partito di sinistra, seppure moderata e/o ragionevole, però dopo la cura Veltroni che esplicitamente affermò di volerlo trasformare in un partito riformista, senza ulteriori specificazioni, e dopo tutte le modificazioni seguenti mi pare che la dizione sinistra sia scomparsa. Per esempio in questa campagna elettorale Bersani ha parlato di “campo progressista” e di “partito riformista” non meglio specificato, oppure di “centrosinistra”, mai nemmeno una volta, se non erro, gli è venuta alle labbra la definizione del PD come “partito di sinistra”. A occhio e croce la sua dimensione di sinistra dovrebbe essere affidata alla presenza di SEL nella coalizione, e tanto basti. Una presenza affidata più alla retorica di Vendola che a concrete azioni politiche. Insomma pare evidente che il PD si collochi nell’alveo liberista e del mercato, avendo espunto ogni riferimento socialista e/o socialdemocratico. Là dove si intravedono, paiono residui che attendono di finire nel bidone della spazzatura più che nuovi germogli destinati a fiorire. Soltanto Berlusconi maestro cantore della società dello spettacolo, lo resuscita come partito di sinistra, se non addirittura comunista, sia pure sotto mentite spoglie. Viene poi nel panorama elettorale a sinistra la lista di Ingroia “Rivoluzione Civile”, che si qualifica come antiberlusconiana e antimontiana, nonchè antiliberista. Con una forte visibilità e leadership politica di exmagistrati, in particolare magistrati d’accusa cioè PM, da Di Pietro a De Magistris fino a Ingroia, cui si associano i segretari del PRC Ferrero, del PDCI Diliberto, dei verdi Bonelli, e Orlando sindaco di Palermo. Quindi vengono i cosidetti esponenti della società civile come per esempio Franco La Torre, figlio di Pio La Torre onorevole del PCI assassinato dalla mafia, il giornalista Sandro Ruotolo, Ilaria Cucchi sorella di Stefano morto massacrato mentre era in stato di fermo, Gabriella Stramaccioni di Libera, mentre invece altri hanno sbattuto la porta quasi sempre per l’eccessiva invadenza dei partiti, come Salvatore Borsellino, fratello di Paolo e leader delle “agende rosse” che, parlando dei candidati di partito e di quelli della società civile presenti in lista, dice che sono stati scelti “I primi in base alle contrattazioni di vecchio stampo tra i partiti componenti la lista, i secondi scelti in base alla notorietà ed alla visibilità mediatica che non sempre coincidono con l’impegno civile”. Insomma chi pensava che una nuova dimensione della politica potesse essere presente attraverso la lista Ingroia, per ora è rimasto deluso. L’impressione è che i suoi leader vogliano tenere ogni possibile significato della politica dentro gli attuali orizzonti. In questa lista così come si configura, e come il suo stesso leader la propaganda, non compare una idea altra di politica, ovvero, ancora rubando le parole di Luisa Muraro, non compare quella politica che è “ guadagnare esistenza libera e benessere condivisi, sottraendoci, donne e uomini, con astuzia e ingegno, in caso combattendo, allo schiacciamento dei rapporti di forza. C’è politica quando c’è movimento libero dell’anima e dei corpi, dove prima c’era cieca sottomissione ai più forti e al caso.” Se poi dalle candidature passiamo al programma, abbiamo molte affermazioni di principio piuttosto affastellate, e raramente definite in un ambito di possibilità concrete. Ascoltando Ingroia infine si capisce come egli abbia competenza e passione per quello che fu il suo mestiere il magistrato antimafia, e invece generiche parole abbastanza distratte per il resto del mondo, dal problema dei disoccupati a quello del reddito dove ripete formule tanto apparentemente roboanti quanto spesso vuote. E nemmeno un accenno ai migranti, qualche frase di circostanza, forse dieci parole su ricerca e formazione. Eppure nonostante tutte queste slogature e scalcagnatezze, nonchè ambizioni di bassalega e meschini sgambetti propri della politica di corridoio ben visibili in filigrana dentro la lista Ingroia, penso che non sarebbe male se alcuni candidati di Rivoluzione Civile, superando lo sbarramento del 4% che non sarà facile, fossero eletti. Senza farsi eccessive illusioni, potrebbe essere un piccolo spazio di dissenso nel Palazzo in grado di favorire dinamiche positive per i movimenti fuori dal Palazzo, per esempio i NoTav o i no Dalmolin, per quanto molti dell’IDV li vedano come il fumo negli occhi perchè troppo ribelli, e siano d’accordo con la repressione che li colpisce. Chissà, la speranza è l’ultima a morire. Inoltre Rivoluzione Civile, là dove significa qualcosa che va al di là di un aggregato piuttosto spurio e appicicatticcio, cioè al sud, a Napoli, a Palermo ecc..potrebbe diventare un luogo di elaborazione e di iniziativa politica rispetto a quella che un tempo si chiamava la questione meridionale, questione decisiva per l’intero paese.
La società dello spettacolo e la politica berlusconiana. Dall’ agone non poteva mancare il cavaliere che scende in campo, nel campo della società dello spettacolo dove è maestro. Non inseguito da piazze reali, d’altra parte in inverno poco frequentate, può dedicarsi a pieno tempo allo spettacolo, a costruire un immaginario di preferenza via palcoscenico televisivo, che gli sia favorevole. Egli lotta con straordinaria decisione, perchè lotta per il potere, il suo potere e delle sue aziende, questione se non di vita o di morte, però molto cogente. Peregrinando da una TV all’altra incrocia Santoro e fa un capolavoro, inscenando una commedia dell’arte con tanto di gag che nove milioni di persone guardano, con soddisfazione dei suoi sondaggisti, e ovviamente di Santoro che realizza la sua miglior performance, certificando così che prima del voto, e della politica, viene l’indice d’ascolto. Attorno a lui la corte dei miracoli e l’intreccio di interessi che egli garantisce, protegge, coltiva, la base materiale del suo potere che poi le onde hertziane amplificano e moltiplicano. Tutti quelli che lo inseguono cercando di inchiodarlo alle sue menzogne e/o giravolte non hanno capito nulla. Nessuno gli crede ma egli vende illusioni che riempiono lo schermo. Ricordate in Matrix quando tutti vivono connessi, credendo di abitare un mondo bellissimo e opulento, mentre invece è un ammasso di rovine e detriti, e quando sconnessi vedono la realtà come è, essa appare loro talmente terribile e disperata, senza alcuna possibilità di cambiamento, che preferiscono tornare connessi, vivere nell’illusione per quanto falsa. Questa è una gamba del fenomeno Berlusconi, l’altra essendo gli affari , e in più ha un bastone, la Lega. Così egli cammina e quando sembra a terra, si rialza e ricomincia a camminare. Adesso la sua strategia prevede il pareggio al Senato, vincendo la partita nelle tre grandi regioni del nord, Piemonte, Lombardia, Veneto, e al Sud in Sicilia, forse in Campania. Vuole obbligare il futuro governo probabilmente Bersani-Monti a contrattare con lui, o comunque a tenere conto di lui, anche agitando il fantasma di una futura secessione, seppure soft, guidata dalla Lega. E’ presto per dire se il gioco riuscirà, comunque sarebbe un bel bastone tra le ruote della stabilità del governo, e per la sua credibilità nella UE, tanto importante come Monti ripete ogni giorno e Bersani gli fa eco. Un altro maestro della società dello spettacolo è Beppe Grillo. Il suo movimento cinque stelle per lungo tempo è stato un sottomarino sociale che di tanto in tanto emergeva, fino alla sequenza che lo ha visto vincere a Parma e ottenere un grande risultato in Sicilia, portandolo direttamente in superficie sotto lo sguardo dei media, che già ha prodotto qualche crepa. Beppe Grillo come Monti pensa che la partizione tra destra e sinistra sia obsoleta, e questo è stato uno dei motori della crescita fino a ieri, ma oggi esposto allo sguardo pubblico la stessa affermazione diventa un fattore di debolezza.
Il voto della BCE. Draghi lo dice senza imbarazzi, il governo che verrà ha da essere stabile, a-priori, altrimenti i capitali se ne vanno altrove, oltre i confini italici, chissà dove. Insomma dovrà essere un governo Monti-Bersani, forse potendo decidere in autonomia al più chi sarà il Presidente del Consiglio. Forse. Neppure s’accorge il Presidente della BCE che si tratta di una intromissione impropria nella campagna elettorale. E’ già tanto che non prefiguri un aumento rapido dello spread o non evochi una galoppante speculazione finanziaria che metta in crisi le nostre banche oppure un giudizio negativo di una qualche agenzia di rating, nel caso in cui i consigli della BCE siano disattesi. Draghi lo dice e nessuno gli risponde per le rime, la politica si astiene, dà forfait.
In fine. Un piccolo partito. Da ultimo. Per la prima volta dopo moltissimi anni mi sono iscritto, on line va da sè, a un partito, pardon, un nuovo soggetto politico ALBA, Alleanza per il Lavoro i Beni comuni e l’Ambiente. A parte il fatto che quando lo dici a un amico o a un compagno di lavoro, subito ti chiedono “Alba dorata”? i nazisti greci e tu ci rimani male, quindi forse bisognerebbe cambiare nome, nel programma ci sono alcune indicazioni interessanti, con un buco grande come la mancanza di un capitolo su scienza e democrazia, una delle questioni nodali oggi per l’intera umanità, perchè a parte l’ideologia e le belle parole una gigantesca trasformazione come la riconversione ecologica può camminare solo su queste due gambe, scienza e democrazia, più precisamente costruendo una scienza dei cittadini, citizens science. E ci troviamo nel mezzo di una gigantesca rivoluzione scientifica che cambierà la faccia del mondo. Ma non questo importa oggi, e neppure il passo più lungo della gamba che si è voluto fare con “cambiare si può” volendo mettere subito i piedi nel piatto di una campagna elettorale sassosa, scoscesa stretta e difficile. Conta invece che si apra una riflessione collettiva a lungo raggio e largo spettro, che nasca una intelligenza collettiva aperta e dinamica, fortemente orientata in senso antiliberista e in positivo verso relazioni sociali più libere e eguali, nonchè assumendo l’obiettivo umano, semplicemente umano, di salvare il pianeta, ridefinendo il rapporto tra esseri umani e natura nel senso di un contratto di equità che sostituisca il paradigma del dominio dell’uomo sulla natura. Sapendo che il cambiamento climatico sta operando, e si accentua con conseguenze via via più catastrofiche. ALBA, un piccolo partito per una sinistra critica e libertaria, un partito d’azione che nasce oggi, capace di coniugare l’ottimismo della ragione con quello della volontà, privo di retorica e innervato nel mondo, per trasformarlo. Quindi convinto di durare fino a domani.
Il realista. Il realista sa che la storia è un riformismo, ma sa pure che il processo riformistico nonchè ridursi a una diplomazia di iniziati, è prodotto dagli individui in quanto essi operino come rivoluzionari, attraverso nette affermazioni di contrastanti esigenze. (P. Gobetti)

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