Un colpo alla democrazia
E sulla Grecia si chiude il sipario, dietro le quinte lo spettacolo continuerà ad andare in scena ma non ci sarà nessuno a raccontarlo. La chiusura della televisione pubblica nazionale, Ert (Elliniki Radiofonia ke Tileorasi) con il conseguente licenziamento di tutti i suoi 2.780 dipendenti, è l’ultimo atto di una politica di distruzione dello Stato che i governi greci alternatisi durante la crisi, e in particolare l’attuale esecutivo guidato da Samaras, stanno portando avanti pur di rispettare gli impegni presi con le organizzazioni finanziarie internazionali, Bce e Fmi in testa. Poco conta che lo stesso Fmi abbia ammesso l’errore: carta canta. Simos Kedikoglou, portavoce del governo, ha detto che la chiusura di Ert rientra nell’ambito del programma delle privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale, riforma considerata indispensabile dalla troika (Fmi, Ue e Bce) per continuare a garantire gli aiuti necessari al risanamento dell’economia greca. ”Le trasmissioni saranno interrotte a partire da questa notte – ha detto ieri il portavoce -. In seguito sarà creato un nuovo e più moderno ente radiotelevisivo che non sarà più controllato dallo Stato e funzionerà con meno personale”.
Il nuovo ente si chiamerà Nerit SA ovvero “Nuova Radio, Televisione e Internet ellenica”. Lo riferisce l’edizione online del quotidiano Kathimerini precisando che il nome della nuova azienda è indicato nel testo del disegno di legge presentato oggi al segretariato generale del governo per le telecomunicazioni. Nel disegno di legge si precisa inoltre che la Nerit SA sarà finanziata tramite un canone che gli abbonati continueranno a pagare sulla bolletta della fornitura elettrica ma non ne è precisato l’ammontare. Il nuovo ente sarà anch’esso compartecipato dallo Stato. A che serve quindi chiudere un’ente per riaprirne uno pressoché identico forse già a fine agosto?
Secondo Dimitri Deliolanes, storico corrispondente della Ert in Italia, si tratta di un modo di “mettere a tacere” una televisione che rimaneva uno spazio plurale e critico: “la televisione pubblica, nonostante la sua ovvia moderazione, il rispetto delle istituzioni, era un luogo di pluralismo, restava comunque quella che dava le notizie seguendo un codice etico, verificando le informazioni, che difficilmente si faceva manipolare. Per questo dava fastidio e andava zittita. Ora tutto quello che resterà è l’informazione dei canali privati, che non rispettano alcun codice”. Syriza, il partito di sinistra più importante del paese, ha presentato un disegno di legge che prevede il blocco della chiusura e il Pasok, partito socialista, ha chiesto al governo di riferire in parlamento. La decisione è stata così repentina da prendere in contropiede tutti. Compresi i giornalisti che da oggi sono senza lavoro.
“Quello che preoccupa è che si tratta di un vulnus alla democrazia” dice ancora Deliolanes. Molte persone sono scese in strada a manifestare contro la chiusura. D’altro canto, se la nuova Nerit SA sarà una versione moderna e meno lottizzata della precedente, è possibile che “la Grecia abbia fatto un buon colpo” come ha scritto Jean Quatremer, giornalista francese di Liberation, esperto di affari europei: “Ert ha bisogno di una ripulita: organismo anacronistico, dipendente dal potere, dove i migliori non sono tali”. Basta che la nuova Nerit SA non subisca analogo destino della precedente Ert in un paese dove la classe dirigente è affamata di consenso. E se alla vecchia televisione ipertrofica se ne dovesse sostituire una giovane e snella certo ne gioverebbe alle casse pubbliche.
Fallisce la privatizzazione dell’energia greca, la Commissione europa si mette di mezzo all’acquisto da parte di Gazprom
La notizia giunge dopo quella, altrettanto grave, della mancata vendita di Depa, gioiello dell’energia pubblico che Atene deve vendere per ottemperare agli accordi presi con la trojka (per la quale “privatizzare” è parola d’ordine). La Gazprom, il colosso russo dell’energia, ha deciso ieri all’ultimo momento e inaspettatamente di ritirarsi dalla gara per l’acquisto della Depa, la compagnia greca per il gas, una decisione definita oggi da gran parte dei giornali greci come un ”gioco perfido” dell’Unione Europea e degli Stati Uniti alle spalle della Grecia. Si tratta, scrive il quotidiano economico di Atene, Imerissia, di un ”siluro” della Commissione europea alla vendita della Depa. L’Unione Europea, scrive il giornale, ha avvertito la compagnia russa che avrebbe bloccato l’accordo con il governo greco. ”Fonti importanti nella capitale russa – ha detto ai giornalisti il sottosegretario all’Ambiente Makis Papageorgiou – ci avevano informato che durante i contatti con Bruxelles si era capito che l’Unione europea avrebbe posto condizioni ancora più restrittive per l’acquisto della Depa”.
Andandosene da Atene l’ex presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha detto che i problemi della Grecia sono “tragici e drammatici” e che “possono essere risolti solo in ambito europeo” ma l’Unione Europea deve essere soggetta a “meno nazionalismo e populismo: quando la Grecia ha subito un attacco indecente e velenoso, io ero lì’ a difenderla” ha concluso Juncker. Chissà se ad Atene quella la chiamano “difesa”. Intanto resta forte l’impressione che, al di là delle belle parole, la Grecia sia stata sacrificata per salvare il resto del continente da una catastrofe che ad oggi è tutt’altro che scampata.
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