Il day after del Pd
F.R., 30 marzo 2010, 21:17 Fonte Aprileonline
Anche se dentro il Pd nessuno vuole la testa di Pier Luigi Bersani, non è un "day after" facile per il leader democratico, stretto tra gli insulti di Beppe Grillo, gli avvertimenti di Antonio Di Pietro e una minoranza pronta a mettere in discussione voto e linea politica. "Non canto vittoria ma non è stata una sconfitta" tira dritto Bersani che rivendica alleanze e candidati e la crescita di un punto rispetto alle europee
Alla vigilia del voto, Bersani aveva assicurato che avrebbe lasciato dire agli opinionisti chi aveva vinto o perso le elezioni, sottraendosi al gioco antico nel quale tutti sostengono di aver vinto. Ma la lettura dei quotidiani, ed i primi attacchi interni, non gli sono andati giù e così, in conferenza stampa, chiede "analisi più attente e interpretazioni più veritiere". Nega una "questione del nord", rinfacciata anche dai franceschiniani, e snocciola percentuali positive in varie regioni: "Rispetto alle europee il centrosinistra ha dimezzato la distanza con il centrodestra e il Pd è avanzato dappertutto, nel Lazio come in Campania e in Lombardia".
Ma è proprio l'insistenza sull'inversione di tendenza e quel ribadire la crescita rispetto alle politiche e alle europee che non convince la minoranza e i due segretari precedenti Dario Franceschini e Walter Veltroni che, nella riunione di Area Democratica, concordano, dati alla mano, sull'arretramento del partito, sospendendo le incomprensioni reciproche dell'ultimo periodo. Bersani ammette certo che anche il Pd è rimasto vittima dell'astensionismo e non nasconde che ci sono problemi. Ma la linea non cambia: "Dobbiamo andare avanti nella creazione di un partito popolare e nella costruzione di un centrosinistra che sia alternativa di governo".
Certo, il giorno dopo le elezioni, sembra più difficile tenere insieme Antonio Di Pietro, che chiede ai democratici di affrancarsi dai centristi, e Pier Ferdinando Casini, anche perché il vero laboratorio, in Piemonte, è naufragato con la presentazione delle liste legate a Beppe Grillo. "Al nord e in Piemonte Grillo ci ha 'rovinati'. C'è un cupio dissolvi in chi l'ha votato facendo vincere Cota", attacca il segretario che più tardi aprirà ad un confronto. E anche rispetto alla maggioranza l'atteggiamento resta lo stesso: apertura al confronto a condizione che si affrontino "i problemi veri", a partire dalle urgenze sociali, senza escludere le riforme istituzionali, rimanendo però sulla bozza Violante.
Sul 7 a 6 nel Pd rischia di riaprirsi una resa dei conti, sopita per mesi. Area Democratica non mette in discussione la leadership di Pier Luigi Bersani e non vuole assecondare in alcun modo una rottura interna al gruppo di vertice del Pd. Ma la minoranza si presenta, al vertice serale dei big, pronta ad affondare il coltello sulle alleanze "costruite a tavolino" e su una proposta politica poco chiara."Chi coltivava l'illusione - sostiene Marina Sereni - della formula magica credo sia stato smentito dai fatti". O ancora su candidature, come Emma Bonino, che hanno provocato, prevedibilmente, l'astensione dei cattolici. "Ma quale inversione di tendenza - picchia duro un veltroniano - è stato un disastro, siamo un partito appenninico e anche al sud non va meglio, anche perché l'unico che ha vinto, Vendola, hanno cercato di farlo fuori e per il resto hanno scelto candidati, come Loiero, che sono il passato".
F.R., 30 marzo 2010, 21:17 Fonte Aprileonline
Anche se dentro il Pd nessuno vuole la testa di Pier Luigi Bersani, non è un "day after" facile per il leader democratico, stretto tra gli insulti di Beppe Grillo, gli avvertimenti di Antonio Di Pietro e una minoranza pronta a mettere in discussione voto e linea politica. "Non canto vittoria ma non è stata una sconfitta" tira dritto Bersani che rivendica alleanze e candidati e la crescita di un punto rispetto alle europee
Alla vigilia del voto, Bersani aveva assicurato che avrebbe lasciato dire agli opinionisti chi aveva vinto o perso le elezioni, sottraendosi al gioco antico nel quale tutti sostengono di aver vinto. Ma la lettura dei quotidiani, ed i primi attacchi interni, non gli sono andati giù e così, in conferenza stampa, chiede "analisi più attente e interpretazioni più veritiere". Nega una "questione del nord", rinfacciata anche dai franceschiniani, e snocciola percentuali positive in varie regioni: "Rispetto alle europee il centrosinistra ha dimezzato la distanza con il centrodestra e il Pd è avanzato dappertutto, nel Lazio come in Campania e in Lombardia".
Ma è proprio l'insistenza sull'inversione di tendenza e quel ribadire la crescita rispetto alle politiche e alle europee che non convince la minoranza e i due segretari precedenti Dario Franceschini e Walter Veltroni che, nella riunione di Area Democratica, concordano, dati alla mano, sull'arretramento del partito, sospendendo le incomprensioni reciproche dell'ultimo periodo. Bersani ammette certo che anche il Pd è rimasto vittima dell'astensionismo e non nasconde che ci sono problemi. Ma la linea non cambia: "Dobbiamo andare avanti nella creazione di un partito popolare e nella costruzione di un centrosinistra che sia alternativa di governo".
Certo, il giorno dopo le elezioni, sembra più difficile tenere insieme Antonio Di Pietro, che chiede ai democratici di affrancarsi dai centristi, e Pier Ferdinando Casini, anche perché il vero laboratorio, in Piemonte, è naufragato con la presentazione delle liste legate a Beppe Grillo. "Al nord e in Piemonte Grillo ci ha 'rovinati'. C'è un cupio dissolvi in chi l'ha votato facendo vincere Cota", attacca il segretario che più tardi aprirà ad un confronto. E anche rispetto alla maggioranza l'atteggiamento resta lo stesso: apertura al confronto a condizione che si affrontino "i problemi veri", a partire dalle urgenze sociali, senza escludere le riforme istituzionali, rimanendo però sulla bozza Violante.
Sul 7 a 6 nel Pd rischia di riaprirsi una resa dei conti, sopita per mesi. Area Democratica non mette in discussione la leadership di Pier Luigi Bersani e non vuole assecondare in alcun modo una rottura interna al gruppo di vertice del Pd. Ma la minoranza si presenta, al vertice serale dei big, pronta ad affondare il coltello sulle alleanze "costruite a tavolino" e su una proposta politica poco chiara."Chi coltivava l'illusione - sostiene Marina Sereni - della formula magica credo sia stato smentito dai fatti". O ancora su candidature, come Emma Bonino, che hanno provocato, prevedibilmente, l'astensione dei cattolici. "Ma quale inversione di tendenza - picchia duro un veltroniano - è stato un disastro, siamo un partito appenninico e anche al sud non va meglio, anche perché l'unico che ha vinto, Vendola, hanno cercato di farlo fuori e per il resto hanno scelto candidati, come Loiero, che sono il passato".
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