La Lega batte cassa
30 marzo 2010, 21:27 Fonte Aprileonline
La scelta del basso profilo con il quale Silvio Berlusconi ha commentato il successo elettorale la dice lunga sulla delicatezza della fase che si apre nella maggioranza. Sul tavolo del premier ci sono già le richieste che la Lega avanza nella veste di alleato alla pari: dalla poltrona di sindaco di Milano ad alcuni posti chiave nel mondo dell'economia
Uno scenario che era stato già messo in conto: esportando una parte del suo consenso all'interno del Carroccio, il Cavaliere si è blindato contro le imboscate interne ma ha dovuto accettare un prezzo.
30 marzo 2010, 21:27 Fonte Aprileonline
La scelta del basso profilo con il quale Silvio Berlusconi ha commentato il successo elettorale la dice lunga sulla delicatezza della fase che si apre nella maggioranza. Sul tavolo del premier ci sono già le richieste che la Lega avanza nella veste di alleato alla pari: dalla poltrona di sindaco di Milano ad alcuni posti chiave nel mondo dell'economia
Uno scenario che era stato già messo in conto: esportando una parte del suo consenso all'interno del Carroccio, il Cavaliere si è blindato contro le imboscate interne ma ha dovuto accettare un prezzo.
In un certo senso, insieme a Umberto Bossi il presidente del Consiglio ha sospinto preventivamente i finiani all'opposizione: di fatto in questo momento il centrodestra è governato dalla maggioranza berlusconiana del Pdl insieme ai leghisti.
Il presidente della Camera e i suoi fedelissimi sono stati relegati al ruolo di minoranza d'opinione. Il premier era stato chiaro già prima del voto: nel Pdl i cambiamenti saranno inevitabili, ma le decisioni saranno prese con un voto a maggioranza e la minoranza dovrà rispettarne l'esito senza minacciare scissioni, come accade sempre più spesso nella politica italiana quando qualcuno non è d'accordo.Per il momento Fini fa sapere che non può essere la Lega a dettare l'agenda del governo e la sua fondazione, Farefuturo, chiede che - passata l'euforia - il centrodestra avvii una riflessione alla luce del sole sul ruolo dei lumbard. Secondo i finiani, in altri termini, deve essere il Pdl a continuare ad esercitare il ruolo di pesce-pilota.
Il terreno delle riforme sembra l'ideale per farlo. Il capo dello Stato ha osservato che si è aperta una finestra perché maggioranza e opposizione condividano un percorso comune, partendo dai temi già avviati (per esempio la riduzione dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto) e da quelli sui quali si è registrato un certo consenso. Fini ne ha approfittato per condividere: dopo il rilancio del presidenzialismo da parte di Berlusconi, il capo morale della destra ha spiegato che si tratta di coniugare un governo forte con un Parlamento in grado controbilanciarlo, soprattutto adesso che la domanda di partecipazione dei cittadini tende ad indirizzarsi a suo giudizio in forme nuove, al di fuori dei partiti tradizionali. E' un modo per aprire un fronte, per dimostrare che la 'fase costituente' della legislatura ha bisogno dell'apporto di tutti e che non può essere condotta a colpi di maggioranza (una tentazione sempre presente nel centrodestra).Su questa impostazione la Lega appare conciliante: il suo obiettivo è di completare il percorso federalista e Roberto Calderoli ha detto esplicitamente che Bossi vuole evitare una riforma zoppa, come lo fu la precedente bocciata dal referendum confermativo.
Le aperture odierne di Pier Luigi Bersani, che si è detto disponibile ad esaminare le proposte del governo e a sedere al tavolo del confronto, sembrano un passo avanti: il Pd insiste perché si riparta dalla bozza Violante sulla quale si era registrato un ampio consenso ma in realtà potrebbe discutere anche altre ipotesi.L'impressione, tuttavia, è che non sia questo il cuore del problema: la preoccupazione dell'opposizione, e anche di una parte del Pdl, è piuttosto quella di capire come si tradurrà in pratica il 'riequilibrio' nel centrodestra. Per esempio la Lega ha già chiesto di conservare il ministero dell'Agricoltura e dunque a Giancarlo Galan potrebbe andare il ministero delle politiche regionali, dopo le dimissioni di Raffaele Fitto seguite all'insuccesso pugliese. Accettarle per Berlusconi significa sacrificare uno dei suoi fedelissimi sull' altare dell'abbraccio con Bossi e di un'incipiente diarchia.
Pier Ferdinando Casini è uno dei più interessati a questa dinamica: fallito l'obiettivo di essere l'ago della bilancia su scala nazionale, naufragato il laboratorio piemontese, deve studiare come non cedere consensi nell'area moderata senza confinarsi in un terzaforzismo senza prospettive. Bersani dice che il dialogo con l'Udc resta aperto ma allo stesso tempo deve fronteggiare la fronda dei veltroniani che gli rimproverano di non voler ammettere la sconfitta della sua linea. Anche lo scomodo alleato Di Pietro gli mette pressione: il leader dell' Idv infatti chiede ai democratici di abbandonare i 'carri vecchi', cioè gli apparati locali, e pretende di disegnare una nuova opposizione a trazione dipietrista.
(ansa)
Il presidente della Camera e i suoi fedelissimi sono stati relegati al ruolo di minoranza d'opinione. Il premier era stato chiaro già prima del voto: nel Pdl i cambiamenti saranno inevitabili, ma le decisioni saranno prese con un voto a maggioranza e la minoranza dovrà rispettarne l'esito senza minacciare scissioni, come accade sempre più spesso nella politica italiana quando qualcuno non è d'accordo.Per il momento Fini fa sapere che non può essere la Lega a dettare l'agenda del governo e la sua fondazione, Farefuturo, chiede che - passata l'euforia - il centrodestra avvii una riflessione alla luce del sole sul ruolo dei lumbard. Secondo i finiani, in altri termini, deve essere il Pdl a continuare ad esercitare il ruolo di pesce-pilota.
Il terreno delle riforme sembra l'ideale per farlo. Il capo dello Stato ha osservato che si è aperta una finestra perché maggioranza e opposizione condividano un percorso comune, partendo dai temi già avviati (per esempio la riduzione dei parlamentari e la fine del bicameralismo perfetto) e da quelli sui quali si è registrato un certo consenso. Fini ne ha approfittato per condividere: dopo il rilancio del presidenzialismo da parte di Berlusconi, il capo morale della destra ha spiegato che si tratta di coniugare un governo forte con un Parlamento in grado controbilanciarlo, soprattutto adesso che la domanda di partecipazione dei cittadini tende ad indirizzarsi a suo giudizio in forme nuove, al di fuori dei partiti tradizionali. E' un modo per aprire un fronte, per dimostrare che la 'fase costituente' della legislatura ha bisogno dell'apporto di tutti e che non può essere condotta a colpi di maggioranza (una tentazione sempre presente nel centrodestra).Su questa impostazione la Lega appare conciliante: il suo obiettivo è di completare il percorso federalista e Roberto Calderoli ha detto esplicitamente che Bossi vuole evitare una riforma zoppa, come lo fu la precedente bocciata dal referendum confermativo.
Le aperture odierne di Pier Luigi Bersani, che si è detto disponibile ad esaminare le proposte del governo e a sedere al tavolo del confronto, sembrano un passo avanti: il Pd insiste perché si riparta dalla bozza Violante sulla quale si era registrato un ampio consenso ma in realtà potrebbe discutere anche altre ipotesi.L'impressione, tuttavia, è che non sia questo il cuore del problema: la preoccupazione dell'opposizione, e anche di una parte del Pdl, è piuttosto quella di capire come si tradurrà in pratica il 'riequilibrio' nel centrodestra. Per esempio la Lega ha già chiesto di conservare il ministero dell'Agricoltura e dunque a Giancarlo Galan potrebbe andare il ministero delle politiche regionali, dopo le dimissioni di Raffaele Fitto seguite all'insuccesso pugliese. Accettarle per Berlusconi significa sacrificare uno dei suoi fedelissimi sull' altare dell'abbraccio con Bossi e di un'incipiente diarchia.
Pier Ferdinando Casini è uno dei più interessati a questa dinamica: fallito l'obiettivo di essere l'ago della bilancia su scala nazionale, naufragato il laboratorio piemontese, deve studiare come non cedere consensi nell'area moderata senza confinarsi in un terzaforzismo senza prospettive. Bersani dice che il dialogo con l'Udc resta aperto ma allo stesso tempo deve fronteggiare la fronda dei veltroniani che gli rimproverano di non voler ammettere la sconfitta della sua linea. Anche lo scomodo alleato Di Pietro gli mette pressione: il leader dell' Idv infatti chiede ai democratici di abbandonare i 'carri vecchi', cioè gli apparati locali, e pretende di disegnare una nuova opposizione a trazione dipietrista.
(ansa)
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