di Johan Galtung - Fonte: unimondo
Madre Terra, arrabbiata o no, ha mostrato la sua forza. Le placche tettoniche del Pacifico si muovono sotto quella del Giappone e gli urti hanno provocato il più grave terremoto della recente storia giapponese, di magnitudine 9.0. Non inatteso, ma senza essere ancora capaci di prevedere esattamente quando e dove.
Sembrano saperlo gli animali, ma con un breve margine d’avviso. Sono stati costruiti, mediante tonnellate e tonnellate di acciaio e cemento, edifici di grande altezza e 55 impianti elettronucleari di basso profilo, capaci di piegarsi come i rami del ciliegio che fanno scivolare via la neve fradicia. Flessibili e robusti. Ovunque edifici che possono oscillare a bassa ampiezza e bassa frequenza, ma alla fine ritti e illesi come prima, eccetto che per le cose cadute da armadi, scaffali e simili. Edifici che oscillano su terreno oscillante per non esserne spazzati via.
Un bel lavoro, fino a un certo punto. Ma gli ammonimenti di coloro che soffrirono il genocidio nucleare in due città, Hiroshima-Nagasaki, caddero nel vuoto. Costruirono quelle centrali per lo più lungo le spiagge per un facile accesso all’acqua del mare per il raffreddamento, ora più che mai necessaria. Questo nel paese che ha dato il nome alla super-onda del mare, tsunami. Ground Zero – una parola che come il terremoto oscura i maremoti – era a 130 Km dalla costa.
Lo tsunami – alto fino a 7 metri e alla velocità di 700 Km/h – ha colpito 650 Km di litorale. Avanzando lentamente, distruggendo tutto sul percorso, uccidendo, demolendo nell’entroterra la città di Sendai da un milione d’abitanti, rifluendo piano, trascinando con sé case, auto, camion, bus, aerei, fabbriche, cadaveri, esseri viventi allo stremo, spezzando ponti e strade e depositando il tutto donde veniva.
Torna la calma nel Pacifico, fino alla prossima volta. Con i reattori di Fukushima, 1, 2 ecc., distrutti più dal maremoto che dal sisma e il Giappone in ansia per una possibile fusione del nocciolo.
Eppure gli scienziati che conoscevano gli tsunami non urlarono, gridando NON FATELO!! agli entusiasti del nucleare, commettendo un’omissione criminale. Da ex-studente di chimica e fisica conosco la loro grande abilità nello svelare i misteri della natura, e la loro incredibile ristrettezza mentale e arroganza. Questi atti clamorosi di omissione sono un grido che sale sino al cielo. Eppure mi aspetto che essi riflettano altrettanto poco quanto i vari capi di stato ed ”esperti di sicurezza” che hanno orchestrato il ritornello “nessuno avrebbe potuto prevedere qualcosa del genere” quando si verificò l’improvviso innalzamento del prezzo del petrolio nel 1973, quando terminò la guerra fredda nel 1989, o quando ci furono gli attentati a New York-Washington l’11 settembre 2001.
Tutti altamente prevedibili. Gli allarmi non furono ascoltati a causa degli enormi interessi in gioco, del denaro che si voleva risparmiare e di quello che si desiderava guadagnare. Le centrali nucleari possono nascondere piani per la costruzione di armi nucleari.
I falchi giapponesi, smaniosi di usare questo sotterfugio per normalizzare il Giappone, mantennero vivo il conflitto con la Corea del Nord. Capital, Westinghouse, General Electric, furono colpiti dal disastro di Three Mile Island nel 1979 – forse che il governo giapponese le invitò a ridurre il surplus commerciale? Comunque, gli scienziati hanno prestigio e potere. Vergogna per il loro silenzio.
Sanno fare di meglio gli animali, che scappano con breve preavviso. Piangiamo dentro di noi per le vittime e ci uniamo a coloro che sono stati privati di tutto. Conosciamo la resilienza giapponese. Spunterà il ciliegio, ci sarà un sakura (ciliegio, ndt). Inizierà una ricostruzione utile all’economia purché le iene della finanza speculativa vengano tenute alla larga da una borsa valori giapponese artificialmente aperta alla “globalizzazione”.
Preghiamo, speriamo: nessuna Chernobyl 1986. Fermatevi! Basta così. Ne sappiamo abbastanza per chiudere tutti gli impianti nucleari. Ci sono alternative.
Lontano dalla costa giapponese c’è una costa libica dove si mette nuovamente in scena la guerra israelo-anglo-francese all’ Egitto del 1956, senza l’attore chiave Israele, ma con l’attore principale USA, oltre ai sette membri del Consiglio di Sicurezza ONU.
E gli USA che ripropongono nuovamente nel testo della risoluzione il Clausewitz di con ogni mezzo necessario. Meno cinque membri del Consiglio di Sicurezza che si sono astenuti: Brasile, Russia, India, Cina (BRIC) e Germania; i futuri vincitori? Le potenze chiave occidentali hanno sbavato tutte per dare addosso a Gheddafi già da quando depose il re Idris nel settembre 1969, e notiamo che la sua vecchia bandiera – con il tricolore francese – è adesso a Benghazi. Vedremo presto chi sono coloro che sostengono le forze anti-Gheddafi.
Hanno delle buone ragioni, ma chi vede in Libia solo una sollevazione contro una brutale dittatura è come quelli che pensano ai terremoti senza gli tsunami. L’utilizzo dell’ONU per la politica anglo-franco-americana, con o senza pretesti umanitari, non passerà certo alla storia. Sarebbe stato invece un evento storico l’istituzione di una zona di non-volo sul Bahrain, o ancor più su Gaza due anni fa. Ma l’ONU non fu fatta per quello; e oggi meno che mai.
Gli atti di omissione dell’Unione Africana e della Lega Araba sono grida che si levano al cielo. La Libia è un paese membro importante di entrambe. Avrebbero potuto offrire mediazione fin dall’inizio. Se respinta, avrebbero potuto autorizzare l’entrata – via terra, mare o cielo – di forze di interposizione (peacekeeping), non di truppe “per imporre la pace” (peace-enforcing). Invece hanno lasciato la partita a paesi sospetti ben collaudati e decadenti. Vergogna su di loro. Facciano meglio la prossima volta. Di occasioni ce ne saranno molte.
È stato respinto un cessate-il-fuoco (vogliono Gheddafi, non sua figlia, come nel 1986?) in un paese in subbuglio per le contraddizioni e un mondo arabo (salvo qualche elite) che si contorce di rabbia per un’ulteriore intervento occidentale, con la partecipazione del barboncino Norvegia – ora alla sua terza guerra contro un paese musulmano.
“Missione compiuta” sarà una formula elusiva, come in Iraq e Afghanistan. Dieci anni di guerra in Libia, con innumerevoli uccisi? Temiamo di sì. Speriamo di no.
Ci si appella adesso ai BRIC + la Germania. Non basta l’astensione. Ponetevi sul versante della storia, che vuol dire: essere a fianco della liberazione araba dal dominio dell’Europa Occidentale, degli USA e di Israele, e da un’economia che causa sempre più ineguaglianza-miseria, e dall’autocrazia. I Cinque Astenuti hanno esperienza nel combattere tali patologie. Johan Galtung Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Nessun commento:
Posta un commento