Checchino Antonini Fonte: liberazione
Il corteo del popolo anti-crisi partirà alle 14 da Piazza della Repubblica e sarà aperto da due striscioni, "People of Europe rise up" e "Cambiamo l'Europa, cambiamo l'Italia", portati da rappresentanti dei vari conflitti in corso in Italia. Una trentina tra loro prenderà la parola in piazza San Giovanni dopo essere sfilati per Via Cavour, Fori Imperiali, Colosseo, Via Labicana, Viale Manzoni e Via Emanule Filiberto. Per i dettagli sulla composizione del corteo c'è da aspettare ancora. Solo nel primo pomeriggio di oggi si riunirà il coordinamento nazionale che si sta facendo carico delle questioni logistiche e di servizio del corteo, uno dei 250 che si terranno in altrettante città nel mondo in risposta alla chiamata spagnola degli indignados. Il documento del 15-M, che 48 ore fa ha descritto quello che succederà sabato nello Stato Spagnolo, prende le mosse da uno slogan che non sfigurerebbe nemmeno per le strade di Roma: "Scusate il disturbo ma questa è una rivoluzione". Al di là della suggestione, che stabilisce una connessione densa con quanto accaduto sull'altra sponda del Mediterraneo, la manifestazione di sabato sta prendendo dimensioni insperate da chi, già nelle giornate genovesi del decennale, aveva subito raccolto l'input. I pullman di cui si è venuti a sapere sarebbero già 500 e molte città hanno superato di gran lunga le previsioni sulla partecipazione. "Merito", naturalmente, tutto della crisi, la più disastrosa e generalizzata nelle biografie di chi scenderà in piazza. A voler trovare un precedente recente «c'è solo quel 15 febbraio del 2003, quando il movimento antiglobalizzazione, che per primo aveva denunciato i disastri che il neoliberismo andava provocando, manifestò in tutto il mondo contro l'imminente guerra Usa contro l'Iraq», spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, poco prima della riunione ristretta che, ieri sera, doveva formulare le proposte per il coordinamento nazionale del giorno successivo.
E' in quella sede che si confrontano le profonde differenze di linguaggi e prospettive tra gran parte delle aree che saranno in piazza in una città dove non manca mai un cronista "normale" disposto a fare titoli cubitali - che poi è quello che succede da giorni - sull'allarme di barbe finte, questurini e politici per la legittima manifestazione del dissenso. I principali giornali romani si battono da tempo per interdire il centro alle manifestazioni o, più semplicemente ai borgatari. Il fronte di opposizione alla crisi coinvolge però anche i giuristi e gli avvocati delle associazioni Giuristi Democratici e Legal Team Italia che, oltre a condividere la protesta, «vogliono garantire anche nella piazza di Roma, la tutela della serena agibilità e libertà di manifestare, con la presenza visibile e la partecipazione diretta e immediata, anche per vigilare ed evitare ogni possibile intervento esterno che tenda ad una degenerazione della manifestazione democratica e di massa». A disposizione dei manifestanti il numero telefonico reso disponibile dalla Casa dei diritti sociali, 06491563, la quale provvederà a contattare i legali presenti al corteo.
Per le strade di Roma ci saranno vecchie e nuove soggettività, con un'articolazione notevole e un range di autonomia dal quadro politico che va dall'estraneità dell'area dello Sciopero precario, che si muove sulle istanze del reddito incondizionato e del diritto all'insolvenza e di Roma Bene Comune - che ha promosso un percorso nazionale sulle parole d'ordine di conflitto e indipendenza - alla contiguità col centrosinistra dell'Arci, della Fiom, Legambiente, di Uniti per l'alternativa, pezzi di Cgil e della diaspora del popolo viola. In mezzo ci sono le reti degli studenti, che partiranno dalla Sapienza, il sindacalismo di base, la coalizione che si riconosce nella parola d'ordine "Non paghiamo il debito" lanciata dall'assemblea dell'Ambra Jovinelli il primo ottobre, il forum dei movimenti per l'acqua, gli occupanti del Teatro Valle, la sinistra radicale a partire da Rifondazione comunista. Si tratta di aree che hanno pochi margini di sovrapposizione tra loro e che giungono a Roma sulla base di appelli piuttosto diversi tra loro e che alludono a diverse modalità sia di attraversamento della città, sia rispetto all'happening finale. Per tutti vale la suggestione potente della riappropriazione dello spazio pubblico ma le convergenze su come e quando farlo finora scarseggiano. Per tutti il corteo di sabato non è che un inizio ma la meta saranno le primarie o la democrazia reale?
Il corteo del popolo anti-crisi partirà alle 14 da Piazza della Repubblica e sarà aperto da due striscioni, "People of Europe rise up" e "Cambiamo l'Europa, cambiamo l'Italia", portati da rappresentanti dei vari conflitti in corso in Italia. Una trentina tra loro prenderà la parola in piazza San Giovanni dopo essere sfilati per Via Cavour, Fori Imperiali, Colosseo, Via Labicana, Viale Manzoni e Via Emanule Filiberto. Per i dettagli sulla composizione del corteo c'è da aspettare ancora. Solo nel primo pomeriggio di oggi si riunirà il coordinamento nazionale che si sta facendo carico delle questioni logistiche e di servizio del corteo, uno dei 250 che si terranno in altrettante città nel mondo in risposta alla chiamata spagnola degli indignados. Il documento del 15-M, che 48 ore fa ha descritto quello che succederà sabato nello Stato Spagnolo, prende le mosse da uno slogan che non sfigurerebbe nemmeno per le strade di Roma: "Scusate il disturbo ma questa è una rivoluzione". Al di là della suggestione, che stabilisce una connessione densa con quanto accaduto sull'altra sponda del Mediterraneo, la manifestazione di sabato sta prendendo dimensioni insperate da chi, già nelle giornate genovesi del decennale, aveva subito raccolto l'input. I pullman di cui si è venuti a sapere sarebbero già 500 e molte città hanno superato di gran lunga le previsioni sulla partecipazione. "Merito", naturalmente, tutto della crisi, la più disastrosa e generalizzata nelle biografie di chi scenderà in piazza. A voler trovare un precedente recente «c'è solo quel 15 febbraio del 2003, quando il movimento antiglobalizzazione, che per primo aveva denunciato i disastri che il neoliberismo andava provocando, manifestò in tutto il mondo contro l'imminente guerra Usa contro l'Iraq», spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, poco prima della riunione ristretta che, ieri sera, doveva formulare le proposte per il coordinamento nazionale del giorno successivo.
E' in quella sede che si confrontano le profonde differenze di linguaggi e prospettive tra gran parte delle aree che saranno in piazza in una città dove non manca mai un cronista "normale" disposto a fare titoli cubitali - che poi è quello che succede da giorni - sull'allarme di barbe finte, questurini e politici per la legittima manifestazione del dissenso. I principali giornali romani si battono da tempo per interdire il centro alle manifestazioni o, più semplicemente ai borgatari. Il fronte di opposizione alla crisi coinvolge però anche i giuristi e gli avvocati delle associazioni Giuristi Democratici e Legal Team Italia che, oltre a condividere la protesta, «vogliono garantire anche nella piazza di Roma, la tutela della serena agibilità e libertà di manifestare, con la presenza visibile e la partecipazione diretta e immediata, anche per vigilare ed evitare ogni possibile intervento esterno che tenda ad una degenerazione della manifestazione democratica e di massa». A disposizione dei manifestanti il numero telefonico reso disponibile dalla Casa dei diritti sociali, 06491563, la quale provvederà a contattare i legali presenti al corteo.
Per le strade di Roma ci saranno vecchie e nuove soggettività, con un'articolazione notevole e un range di autonomia dal quadro politico che va dall'estraneità dell'area dello Sciopero precario, che si muove sulle istanze del reddito incondizionato e del diritto all'insolvenza e di Roma Bene Comune - che ha promosso un percorso nazionale sulle parole d'ordine di conflitto e indipendenza - alla contiguità col centrosinistra dell'Arci, della Fiom, Legambiente, di Uniti per l'alternativa, pezzi di Cgil e della diaspora del popolo viola. In mezzo ci sono le reti degli studenti, che partiranno dalla Sapienza, il sindacalismo di base, la coalizione che si riconosce nella parola d'ordine "Non paghiamo il debito" lanciata dall'assemblea dell'Ambra Jovinelli il primo ottobre, il forum dei movimenti per l'acqua, gli occupanti del Teatro Valle, la sinistra radicale a partire da Rifondazione comunista. Si tratta di aree che hanno pochi margini di sovrapposizione tra loro e che giungono a Roma sulla base di appelli piuttosto diversi tra loro e che alludono a diverse modalità sia di attraversamento della città, sia rispetto all'happening finale. Per tutti vale la suggestione potente della riappropriazione dello spazio pubblico ma le convergenze su come e quando farlo finora scarseggiano. Per tutti il corteo di sabato non è che un inizio ma la meta saranno le primarie o la democrazia reale?
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