Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

mercoledì 12 ottobre 2011

All’attenzione dei direttori della Banca Centrale Europea.

All’attenzione dei direttori della Banca Centrale Europea
Jean Claude Trichet e Mario Draghi
Spettabili Direttori,
Ci chiamiamo Natalia e Ulisse. Non siamo banchieri, né capitani d’industria, né broker finanziari,
né titolari di agenzie di rating; non siamo capi di governo o ministri delle finanze. Non siamo il
genere di persone con cui andate abitualmente a colazione. Siamo un’educatrice e un ricercatore
universitario. O meglio, proviamo a esserlo. Io, Natalia, avevo un contratto a progetto ma ora il
progetto – che sorpresa! – è finito, e sono a casa (integra se vuoi); io, Ulisse, ho finito il dottorato di ricerca, e, mentre perdo il mio tempo dietro a concorsi e applicazioni che non vincerò mai, lavoro come partita iva in monocommittenza, a mille euro al mese, con contratti semestrali. Siamo due precari qualunque, insomma. Siamo lavoratori come molti, moltissimi altri: operai, operatori di call center, facchini, magazzinieri, autotrasportatori ecc...
Anzi, ve lo dobbiamo rammentare, perché di sicuro la cosa vi è sfuggita: siamo la maggioranza della popolazione lavorativa in questo paese. Il particolare non è secondario; si, perché non dovete credere che questa nostra sia l’ennesima narrazione lacrimevole della miseria (sfiga?) che ci attanaglia, verso la quale sfoderare il vostro paternalistico sorriso, e che liquiderete con la proverbiale pacca sulla spalla.
Non veniamo con il cappello in mano a chieder l’elemosina: questo lo lasciamo al nostro governo.
Noi non chiediamo, pretendiamo. Esattamente come avete fatto voi, con la vostra lettera minatoria del 5 agosto. Dopo aver osservato, con compiacente disinteresse, banche d’affari e speculatori finanziari arricchirsi scommettendo sui debiti della gente comune, e aver coperto la loro bancarotta quando la bolla speculativa è esplosa, usando soldi pubblici, adesso osate fare ingiunzioni; osate rimproverare un paese per la sua insolvenza sventolando lo spauracchio del default, dopo averne
prosciugato le risorse per salvare i vostri amici; osate pretendere. Ebbene, adesso pretendiamo noi.
Voi avete la forza del denaro. Noi abbiamo la forza delle moltitudini, delle idee, e della rabbia.
Voi chiedete la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali,
attraverso privatizzazioni su larga scala.
Noi chiediamo invece il libero e consapevole accesso ai beni comuni: il diritto alla casa, e a uno
spazio per la realizzazione e l’organizzazione della propria vita; il diritto alla formazione e
all’istruzione, e a spazi per la produzione di sapere collettivo; il libero accesso all’informazione,
attraverso la rimozione dei vincoli che lo limitano; il diritto alla comunicazione, con il libero
accesso ai canali e ai media di comunicazione sociale e culturale; il diritto alla mobilità, e la
garanzia della libera circolazione dei corpi, tramite la fruizione agevolata dei mezzi di trasporto; il diritto alla socialità, e a spazi comuni d’incontro e di relazione.
Voi chiedete la riforma ulteriore del sistema di contrattazione salariale collettivo, permettendo
accordi a livello d’impresa e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di
negoziazione.
Noi pretendiamo la cancellazione dell’art. 8 e dell’accordo tra sindacati e confindustria del 28
giugno, rifiutiamo il ricatto della trattativa locale, che di fatto consegna i salari e le condizioni di
lavoro all’arbitrio delle aziende, condanniamo il ruolo connivente delle sigle sindacali confederali, che svendono per trenta denari i lavoratori in cambio della legittimazione alla propria esclusiva sulla rappresentanza. Chiediamo invece la riduzione delle tipologie contrattuali, a fronte dell’attuale proliferazione di accordi collettivi, originati da una divisione del lavoro che non esiste più.
Chiediamo di definire in un’unica cornice giuridico – contrattuale le garanzie di base a tutela del
lavoro a prescindere dall’attività svolta e dal settore di appartenenza. Chiediamo un salario minimo orario e, per le attività non misurabili in termini di tempo, una retribuzione minima
Voi chiedete licenziamenti più facili, e indorate la pillola auspicando un welfare moderno e un
sistema di ricollocazione impraticabili perché non finanziati.
Voi chiedete il pareggio di bilancio e il pagamento del debito.
Noi chiediamo l’accesso incondizionato al reddito di esistenza, a prescindere da qualsiasi
condizione professionale, etnica, sessuale, generazionale, affinché sia riconosciuto che siamo
produttivi anche solo vivendo.
Noi rivendichiamo il diritto all’insolvenza, il diritto a riappropriarci di ciò che ci è stato sottratto,
con la forza e con l’inganno, da banche, speculatori finanziari, e un governo connivente. Vogliamo esercitare tale diritto come moltitudine, ponendo le nostre esigenze di produzione e cooperazione sociale prima di qualsiasi esigenza legata a logiche di profitto e sfruttamento.
Questo noi chiediamo, anzi pretendiamo. E lo grideremo a gran voce oggi, in varie piazze d’Italia, e sabato 15 ottobre a Roma.
Perché siamo stati buoni, ma mai stupidi. E ora non siamo neanche più buoni

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