di Franco Berardi “Bifo”. micromega
Qualche giorno fa ho letto su un giornale questa dichiarazione di Nichi Vendola:
“Il PD ha dimostrato una grande generosità sostenendo Monti, ma in ogni caso noi non romperemo per questo con Bersani perché la cosa più importante è la prospettiva. Noi non siamo il governo, vogliamo chiudere il berlusconismo con una svolta a sinistra. Monti faccia la sua opera, nel tempo più breve possibile e poi la parola passi alla democrazia.”
Chissà se Nichi Vendola può rendersi conto della bestialità che gli è uscita di bocca.
Qui provo ad aiutarlo nella riflessione.
Cosa significa la frase: Monti faccia la sua opera? Traducendo in italiano Vendola ha detto: che Monti si sbrighi a distruggere la vita di milioni di pensionati, lavoratori, insegnanti, studenti, migranti, si sbrighi a spostare un’enorme quantità di risorse dalla società alle casse del ceto finanziario predone, insomma si sbrighi a distruggere la vita civile e a creare le condizioni per un’ondata di rigetto anti-europeo razzista e nazionalista. Poi si ritorni alla democrazia. Per farci cosa?
Per decidere il colore con cui dipingere le macerie?
Non si può sospendere la democrazia quando si prendono decisioni importanti per poi riprenderne l’uso quando si tratta di gestirne gli effetti.
La democrazia è stata definitivamente eliminata dalla storia europea nel momento in cui il capo del governo greco, Papandreou, è stato dimissionato perché aveva osato proporre un referendum che sancisse le misure economiche che stanno distruggendo il tessuto civile del suo paese. E’ stata definitivamente seppellita quando la Goldman Sachs ha delegato due suoi funzionari a occuparsi delle province greca e italiana.
Le manovre che Monti sta realizzando sono esattamente quelle che Berlusconi aveva promesso nelle sue lettere d’intenti, preparano una devastazione della società italiana, una recessione di lungo periodo e un conseguente aumento del debito che si pretende di voler sanare. La manovra Monti è del tutto coerente con i processi di impoverimento e imbarbarimento della vita sociale, e la cancellazione dei diritti del lavoro. La cacciata della FIOM, un sindacato che rappresenta un terzo dei lavoratori della FIAT, dal luogo di lavoro è il punto di arrivo dello smantellamento del diritto di organizzazione sindacale e politica che permette ai lavoratori di difendere i loro interessi e la loro vita. Il padronato italiano, incapace di pensare una via d’uscita dal disastro che il liberismo ha provocato, sa immaginare solamente questo: spogliare la società di ogni difesa, sfruttarla ferocemente per permettere alla classe finanziaria di avere ancora qualcosa da rapinare.
Del resto Monti lo aveva detto, nel giorno in cui il suo governo si costituiva: la riforma Gelmini e la rivoluzione Marchionne sono le sue stelle polari.
E’ difficile pensare che la società possa produrre in tempo gli anticorpi per poter contrastare, fermare la devastazione. Mi pare che la trappola è ormai scattata. L’ultimo vertice di Bruxelles ha sancito due cose: la prima ha carattere formale, è una costituzionalizzazione della sudditanza della società alla finanza. Ogni paese europeo è chiamato a inserire urgentemente l’obbligo di pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali. Una misura sistematicamente restrittiva che corrisponde alla filosofia dell’austerità permanente.
La seconda è la decisione di investire, attraverso un intervento della Banca Centrale Europea, un’ingente quantità di denaro pubblico nel ripianamento del debito accumulato dalle banche. Senza nessuna contropartita, senza nessun impegno, il sistema bancario europeo gode così di una regalia immensa. Il dispositivo di impoverimento e imbarbarimento è ormai in azione, non esistono le condizioni politiche per smontarlo. Il problema è come reagirà la società europea.
“… tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare … ” (Francesco de Gregori)
Dal momento che la logica predatoria si installa in una sfera che non può essere né governata né contrastata dalla volontà politica, l’opposizione sociale appare incapace di contrastare efficacemente la predazione. In quali forme allora la resistenza potrà manifestarsi?
La strategia che sta emergendo spontaneamente – ma che andrebbe elaborata in maniera consapevole ed esplicita – è quella che punta a svuotare il potere della moneta, a far saltare i termini stessi dello scambio economico. E’ la strategia dell’insolvenza.
Non si tratta di intendere la parola dell’insolvenza come rifiuto degli stati nazionali a pagare il debito, come rivendicazione anti-europea o nazionalistica. Non di insolvenza nazionale (default) dobbiamo parlare, ma di insolvenza sociale.
Il default nazionale prima o poi avverrà non solo per la Grecia, ma per diversi paesi europei a catena.
Questa tendenza è facile da intravvedere nelle linee di svolgimento della crisi attuale. Depredato delle sue risorse che vengono dirottate verso il sistema bancario, ogni paese entra in una fase recessiva, le popolazioni producono meno e consumano meno. Una conseguenza della recessione è naturalmente l’aumento (non la riduzione) del debito. Di conseguenza il default si fa inevitabile. Quel che è già accaduto in Grecia, dopo la cura recessiva del 2010, si sta ripetendo in Italia in Spagna e presto anche in Francia. Ma il default nazionale non è la soluzione, è parte del problema.
Dobbiamo ragionare invece in termini di insolvenza sociale perché è l’intera società che deve rifiutarsi di riconoscere il vincolo monetario. Stampare denaro sarebbe la cosa migliore da fare, se ne fossimo capaci. Ma sembra sia molto difficile stampare euro (l’euro è stato creato a prova di falsari, fino all’auspicata prova contraria), perciò le comunità debbono cominciare a creare spazi della vita quotidiana – della produzione, dei servizi, dei consumi – che non si sottomettano ( o si sottomettano sempre di meno) al dominio monetario. Le banche del tempo sono un primo esperimento in questa direzione, ma altri, ben più efficaci, occorre inventarne. Batter moneta locale o creare web-money spendibile nella vita quotidiana. Sottrarre spazi crescenti dello scambio di merci e servizi al danaro ufficiale.
Creare servizi di comunità che funzionino secondo un principio interamente o parzialmente extra-monetario.
E anche, naturalmente, costruire azioni di appropriazione di massa, occupazioni di luoghi pubblici e privati, sabotaggio informatico dei programmi di controllo finanziario.
Dobbiamo ragionare sul lungo periodo, perché il secondo decennio del secolo sarà segnato da recessione e Finazismo, per cui si tratta di individuare linee di fuga che permettano la formazione e difesa delle zone autonome che emergeranno.
Insolvenza significa inoltre emancipazione dal vincolo semiotico che costringe l’intelligenza collettiva entro un paradigma che ormai funziona soltanto in maniera regressiva. Dal collasso dell’Europa finanziaria può nascere un processo di autorganizzazione del general intellect a livello continentale, un processo di formazione delle condizioni politiche di quella forma post-capitalista della produzione sociale che il collasso del capitalismo finanziario ci chiede con urgenza di pensare.
Franco Berardi “Bifo”
Qualche giorno fa ho letto su un giornale questa dichiarazione di Nichi Vendola:
“Il PD ha dimostrato una grande generosità sostenendo Monti, ma in ogni caso noi non romperemo per questo con Bersani perché la cosa più importante è la prospettiva. Noi non siamo il governo, vogliamo chiudere il berlusconismo con una svolta a sinistra. Monti faccia la sua opera, nel tempo più breve possibile e poi la parola passi alla democrazia.”
Chissà se Nichi Vendola può rendersi conto della bestialità che gli è uscita di bocca.
Qui provo ad aiutarlo nella riflessione.
Cosa significa la frase: Monti faccia la sua opera? Traducendo in italiano Vendola ha detto: che Monti si sbrighi a distruggere la vita di milioni di pensionati, lavoratori, insegnanti, studenti, migranti, si sbrighi a spostare un’enorme quantità di risorse dalla società alle casse del ceto finanziario predone, insomma si sbrighi a distruggere la vita civile e a creare le condizioni per un’ondata di rigetto anti-europeo razzista e nazionalista. Poi si ritorni alla democrazia. Per farci cosa?
Per decidere il colore con cui dipingere le macerie?
Non si può sospendere la democrazia quando si prendono decisioni importanti per poi riprenderne l’uso quando si tratta di gestirne gli effetti.
La democrazia è stata definitivamente eliminata dalla storia europea nel momento in cui il capo del governo greco, Papandreou, è stato dimissionato perché aveva osato proporre un referendum che sancisse le misure economiche che stanno distruggendo il tessuto civile del suo paese. E’ stata definitivamente seppellita quando la Goldman Sachs ha delegato due suoi funzionari a occuparsi delle province greca e italiana.
Le manovre che Monti sta realizzando sono esattamente quelle che Berlusconi aveva promesso nelle sue lettere d’intenti, preparano una devastazione della società italiana, una recessione di lungo periodo e un conseguente aumento del debito che si pretende di voler sanare. La manovra Monti è del tutto coerente con i processi di impoverimento e imbarbarimento della vita sociale, e la cancellazione dei diritti del lavoro. La cacciata della FIOM, un sindacato che rappresenta un terzo dei lavoratori della FIAT, dal luogo di lavoro è il punto di arrivo dello smantellamento del diritto di organizzazione sindacale e politica che permette ai lavoratori di difendere i loro interessi e la loro vita. Il padronato italiano, incapace di pensare una via d’uscita dal disastro che il liberismo ha provocato, sa immaginare solamente questo: spogliare la società di ogni difesa, sfruttarla ferocemente per permettere alla classe finanziaria di avere ancora qualcosa da rapinare.
Del resto Monti lo aveva detto, nel giorno in cui il suo governo si costituiva: la riforma Gelmini e la rivoluzione Marchionne sono le sue stelle polari.
E’ difficile pensare che la società possa produrre in tempo gli anticorpi per poter contrastare, fermare la devastazione. Mi pare che la trappola è ormai scattata. L’ultimo vertice di Bruxelles ha sancito due cose: la prima ha carattere formale, è una costituzionalizzazione della sudditanza della società alla finanza. Ogni paese europeo è chiamato a inserire urgentemente l’obbligo di pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali. Una misura sistematicamente restrittiva che corrisponde alla filosofia dell’austerità permanente.
La seconda è la decisione di investire, attraverso un intervento della Banca Centrale Europea, un’ingente quantità di denaro pubblico nel ripianamento del debito accumulato dalle banche. Senza nessuna contropartita, senza nessun impegno, il sistema bancario europeo gode così di una regalia immensa. Il dispositivo di impoverimento e imbarbarimento è ormai in azione, non esistono le condizioni politiche per smontarlo. Il problema è come reagirà la società europea.
“… tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare … ” (Francesco de Gregori)
Dal momento che la logica predatoria si installa in una sfera che non può essere né governata né contrastata dalla volontà politica, l’opposizione sociale appare incapace di contrastare efficacemente la predazione. In quali forme allora la resistenza potrà manifestarsi?
La strategia che sta emergendo spontaneamente – ma che andrebbe elaborata in maniera consapevole ed esplicita – è quella che punta a svuotare il potere della moneta, a far saltare i termini stessi dello scambio economico. E’ la strategia dell’insolvenza.
Non si tratta di intendere la parola dell’insolvenza come rifiuto degli stati nazionali a pagare il debito, come rivendicazione anti-europea o nazionalistica. Non di insolvenza nazionale (default) dobbiamo parlare, ma di insolvenza sociale.
Il default nazionale prima o poi avverrà non solo per la Grecia, ma per diversi paesi europei a catena.
Questa tendenza è facile da intravvedere nelle linee di svolgimento della crisi attuale. Depredato delle sue risorse che vengono dirottate verso il sistema bancario, ogni paese entra in una fase recessiva, le popolazioni producono meno e consumano meno. Una conseguenza della recessione è naturalmente l’aumento (non la riduzione) del debito. Di conseguenza il default si fa inevitabile. Quel che è già accaduto in Grecia, dopo la cura recessiva del 2010, si sta ripetendo in Italia in Spagna e presto anche in Francia. Ma il default nazionale non è la soluzione, è parte del problema.
Dobbiamo ragionare invece in termini di insolvenza sociale perché è l’intera società che deve rifiutarsi di riconoscere il vincolo monetario. Stampare denaro sarebbe la cosa migliore da fare, se ne fossimo capaci. Ma sembra sia molto difficile stampare euro (l’euro è stato creato a prova di falsari, fino all’auspicata prova contraria), perciò le comunità debbono cominciare a creare spazi della vita quotidiana – della produzione, dei servizi, dei consumi – che non si sottomettano ( o si sottomettano sempre di meno) al dominio monetario. Le banche del tempo sono un primo esperimento in questa direzione, ma altri, ben più efficaci, occorre inventarne. Batter moneta locale o creare web-money spendibile nella vita quotidiana. Sottrarre spazi crescenti dello scambio di merci e servizi al danaro ufficiale.
Creare servizi di comunità che funzionino secondo un principio interamente o parzialmente extra-monetario.
E anche, naturalmente, costruire azioni di appropriazione di massa, occupazioni di luoghi pubblici e privati, sabotaggio informatico dei programmi di controllo finanziario.
Dobbiamo ragionare sul lungo periodo, perché il secondo decennio del secolo sarà segnato da recessione e Finazismo, per cui si tratta di individuare linee di fuga che permettano la formazione e difesa delle zone autonome che emergeranno.
Insolvenza significa inoltre emancipazione dal vincolo semiotico che costringe l’intelligenza collettiva entro un paradigma che ormai funziona soltanto in maniera regressiva. Dal collasso dell’Europa finanziaria può nascere un processo di autorganizzazione del general intellect a livello continentale, un processo di formazione delle condizioni politiche di quella forma post-capitalista della produzione sociale che il collasso del capitalismo finanziario ci chiede con urgenza di pensare.
Franco Berardi “Bifo”
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