di Nicola Melloni - lunedì, 9 gennaio Liberazione
Il giro europeo di Monti riporta d’attualità la gestione comunitaria della crisi che va ben al di là dell’operazione di bassa macelleria sociale attuata dal governo sul finire del 2011. Il nostro Primo Ministro ha cominciato un tour che lo porterà nelle principali capitali europee per perorare la causa italiana con un messaggio molto semplice: se non ci aiutate voi, non ci sono finanziarie che tengano. Da soli non ce la facciamo.
Bella scoperta. A fronte di una delle più sanguinose manovre economiche di sempre il mercato ha reagito aumentando ulteriormente lo spread, ormai ai suoi massimi storici – altro che governo tecnico dei miracoli. Ed indubbiamente il mercato, per una volta, ha ragione. Perché dare fiducia ad un paese che si auto-infligge una recessione, diminuendo volontariamente i consumi privati con tasse più alte per i redditi più bassi?
Già, perché? In realtà il governo Monti ha semplicemente ubbidito al diktat tedesco, tagli dopo tagli, perché i paesi indebitati devono pagare sulla propria pelle i propri sbagli. E’ la logica del podestà straniero che proprio Monti stigmatizzava quest’estate sulle colonne del Corriere della Sera. Salvo poi adeguarsi senza colpo ferire una volta preso il posto di Silvio Berlusconi, tanto da giustificare le misure sulle pensioni, e quelle in arrivo sul mercato del lavoro, come obbligate perché richieste dall’Europa. Non è però ben chiaro cosa sia questa Europa in cui ormai una larghissima maggioranza di paesi chiede gli euro-bond senza successo mentre la sola Germania ha il potere di decidere le politiche fiscali di altre nazioni sovrane, o supposte tali.
Qualsiasi persona di buon senso capisce che non è possibile uscire dalla crisi solo con lacrime e sangue. Non è successo in America negli anni ’30, non è successo in Grecia negli ultimi due anni. Sono tutti fatti stranoti che Berlino non può certo ignorare ma che vengono usati ad uso e consumo della Germania. Berlino sta semplicementre replicando il modello di egemonia economica americana degli anni ’90, quando il Fondo Monetario Internazionale imponeva riforme economiche punitive – e che avvantaggiavano solamente il capitale transnazionale di origine prevalentemente americana – in cambio dell’erogazione di prestiti. Merkel ha fatto lo stesso prima con la Grecia, ed ora con l’Italia, tentando in maniera neanche troppo mascherata un anschluss economico che mina però anche le basi della democrazia.
Le finanziarie non si fanno più nel rispetto della volontà popolare, non per aiutare l’economia ed il popolo italiano, ma per compiacere le richieste che vengono da Berlino. Si badi bene, alcuni sostanziali cambiamenti di rotta sono necessari. A nostro parere è la scandalosa sperequazione nella distribuzione del reddito a tarpare le ali all’economia italiana. Altri pensano siano le pensioni di anzianità e i contratti di lavoro. Ovviamente non siamo d’accordo, ma questo è il terreno della lotta politica e del confronto democratico; non può essere deciso ex cathedra da Merkel ed imposto per interposta persona.
Il ricatto tedesco rischia però di portare l’intero continente nel baratro, ed ormai se ne stanno accorgendo un pò ovunque. Merkel scommette sulla debolezza dei paesi europei che non sono in grado di tenerle testa ed alza sempre la posta. Dopo aver obbligato Roma ed Atene a lacrime e sangue ancora non permette l’intervento diretto della Bce e la creazione degli euro-bond. A pensar male si potrebbe supporre che tenti di rientrare di tutti i crediti tedeschi facendoli pagare ai popoli dell’Europa del Sud per poi abbandonarli al proprio destino. Una scelta suicida cui Monti ha il dovere di opporsi con tutte le sue forze. Berlino non sembra avere in mente la salvezza ed il futuro dell’Europa, ma solo l’interesse tedesco e sono proprio queste politiche egoistiche che stanno distruggendo il Vecchio Continente.
Se Monti vuole essere diverso da Berlusconi non solo nella forma ma anche nella sostanza deve essere capace di far sentire la propria voce in Europa, non accontentarsi di essere invitato a vertici internazionali inconcludenti che finiscono sempre con il rinvio delle misure di supporto agli stati in difficoltà. Di rinvio in rinvio siamo ormai arrivati ad un punto di non ritorno, con l’Europa meditteranea costretta dal veto tedesco a pagare tassi da usura sui mercati internazionali ed al contempo obbligata dall’Europa tedesca a tagli di spesa. Per uscirne bisogna mettere da parte le politiche miopi e di corto respiro, tornare ad un vero europeismo dei popoli e non dei mercati, di tutti e non dei più forti, una vera Unione in cui tutti i membri abbiano pari dignità. L’alternativa sarebbe una drammatica disintegrazione di cui tutti, ed in primis la Germania, pagherebbero le pesantissime conseguenze.
Nicola Melloni - Liberazione
Il giro europeo di Monti riporta d’attualità la gestione comunitaria della crisi che va ben al di là dell’operazione di bassa macelleria sociale attuata dal governo sul finire del 2011. Il nostro Primo Ministro ha cominciato un tour che lo porterà nelle principali capitali europee per perorare la causa italiana con un messaggio molto semplice: se non ci aiutate voi, non ci sono finanziarie che tengano. Da soli non ce la facciamo.
Bella scoperta. A fronte di una delle più sanguinose manovre economiche di sempre il mercato ha reagito aumentando ulteriormente lo spread, ormai ai suoi massimi storici – altro che governo tecnico dei miracoli. Ed indubbiamente il mercato, per una volta, ha ragione. Perché dare fiducia ad un paese che si auto-infligge una recessione, diminuendo volontariamente i consumi privati con tasse più alte per i redditi più bassi?
Già, perché? In realtà il governo Monti ha semplicemente ubbidito al diktat tedesco, tagli dopo tagli, perché i paesi indebitati devono pagare sulla propria pelle i propri sbagli. E’ la logica del podestà straniero che proprio Monti stigmatizzava quest’estate sulle colonne del Corriere della Sera. Salvo poi adeguarsi senza colpo ferire una volta preso il posto di Silvio Berlusconi, tanto da giustificare le misure sulle pensioni, e quelle in arrivo sul mercato del lavoro, come obbligate perché richieste dall’Europa. Non è però ben chiaro cosa sia questa Europa in cui ormai una larghissima maggioranza di paesi chiede gli euro-bond senza successo mentre la sola Germania ha il potere di decidere le politiche fiscali di altre nazioni sovrane, o supposte tali.
Qualsiasi persona di buon senso capisce che non è possibile uscire dalla crisi solo con lacrime e sangue. Non è successo in America negli anni ’30, non è successo in Grecia negli ultimi due anni. Sono tutti fatti stranoti che Berlino non può certo ignorare ma che vengono usati ad uso e consumo della Germania. Berlino sta semplicementre replicando il modello di egemonia economica americana degli anni ’90, quando il Fondo Monetario Internazionale imponeva riforme economiche punitive – e che avvantaggiavano solamente il capitale transnazionale di origine prevalentemente americana – in cambio dell’erogazione di prestiti. Merkel ha fatto lo stesso prima con la Grecia, ed ora con l’Italia, tentando in maniera neanche troppo mascherata un anschluss economico che mina però anche le basi della democrazia.
Le finanziarie non si fanno più nel rispetto della volontà popolare, non per aiutare l’economia ed il popolo italiano, ma per compiacere le richieste che vengono da Berlino. Si badi bene, alcuni sostanziali cambiamenti di rotta sono necessari. A nostro parere è la scandalosa sperequazione nella distribuzione del reddito a tarpare le ali all’economia italiana. Altri pensano siano le pensioni di anzianità e i contratti di lavoro. Ovviamente non siamo d’accordo, ma questo è il terreno della lotta politica e del confronto democratico; non può essere deciso ex cathedra da Merkel ed imposto per interposta persona.
Il ricatto tedesco rischia però di portare l’intero continente nel baratro, ed ormai se ne stanno accorgendo un pò ovunque. Merkel scommette sulla debolezza dei paesi europei che non sono in grado di tenerle testa ed alza sempre la posta. Dopo aver obbligato Roma ed Atene a lacrime e sangue ancora non permette l’intervento diretto della Bce e la creazione degli euro-bond. A pensar male si potrebbe supporre che tenti di rientrare di tutti i crediti tedeschi facendoli pagare ai popoli dell’Europa del Sud per poi abbandonarli al proprio destino. Una scelta suicida cui Monti ha il dovere di opporsi con tutte le sue forze. Berlino non sembra avere in mente la salvezza ed il futuro dell’Europa, ma solo l’interesse tedesco e sono proprio queste politiche egoistiche che stanno distruggendo il Vecchio Continente.
Se Monti vuole essere diverso da Berlusconi non solo nella forma ma anche nella sostanza deve essere capace di far sentire la propria voce in Europa, non accontentarsi di essere invitato a vertici internazionali inconcludenti che finiscono sempre con il rinvio delle misure di supporto agli stati in difficoltà. Di rinvio in rinvio siamo ormai arrivati ad un punto di non ritorno, con l’Europa meditteranea costretta dal veto tedesco a pagare tassi da usura sui mercati internazionali ed al contempo obbligata dall’Europa tedesca a tagli di spesa. Per uscirne bisogna mettere da parte le politiche miopi e di corto respiro, tornare ad un vero europeismo dei popoli e non dei mercati, di tutti e non dei più forti, una vera Unione in cui tutti i membri abbiano pari dignità. L’alternativa sarebbe una drammatica disintegrazione di cui tutti, ed in primis la Germania, pagherebbero le pesantissime conseguenze.
Nicola Melloni - Liberazione
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