Fonte: fanpage
Mentre si cerca un accordo tra governo e parti sociali sull'articolo 18, dall'Ocse arriva un rapporto dal cui emerge che l’Italia è uno dei paesi più flessibili al mondo per quel che riguarda il lavoro e il licenziamento. Va molto meglio ai lavoratori del Nord Europa e della "solita" Germania.
In Italia mandare a casa un lavoratore non è poi così difficile, a differenza di quanto invece accade in altri parti d'Europa come la Germania e i paesi a Nord del Vecchio Continente. Il rapporto dell’Ocse sulla flessibilità del lavoro a livello internazionale si incastra a pennello con la discussione che infiamma da qualche settimana tra sindacati e governo sulla riforma del lavoro e sulla modifica dell’articolo 18.
Diciamo subito che i numeri provenienti dall' Organisation for Economic Co-operation and Development e riportati in un articolo di Repubblica, vanno ad appoggiare la causa delle parti sociali italiane. L'Italia infatti ha un indice di flessibilità di 1,77 (per i lavoratori a tempo indeterminato) ben al di sotto della media mondiale (2,11). In altre parole nel nostro Paese licenziare è cosa semplice. E ci viene subito da pensare al caso delle 239 operaie della Omsa licenziate con un fax, per le quali il web si è già mobilitato.
In Germania si può licenziare solo con una giusta causa
La Germania è la nazione dove è più difficile cacciare i propri dipendenti (l'indice di flessibilità è il più alto: 3.0) Negli Stati Uniti, invece, un imprenditore può mandare via i suoi dipendenti senza alcun problema e non ha alcun obbligo di riassunzione. Negli States,infatti, l' indice è praticamente inesistente con appena uno 0,17.
Nello specifico gli industriali teutonici possono allontanare i loro stipendiati solo se vi è una giusta causa. In caso contrario il lavoratore ritornerà al suo posto. L’obbligo di reintegro è uno dei fondamenti del mercato del lavoro tedesco: l'eventuale licenziamento va prima comunicato al consiglio di azienda. Se i sindacati ritengono che il provvedimento è infondato il lavoratore mandato via sarà reintegrato fino alla conclusione del contenzioso. Sarà infatti un giudice a stabilire se l'allontanamento è giusto o meno. In quest'ultimo caso il dipendente sarà riassunto.
I licenziamenti negli altri Paesi del mondo
In Francia un dipendente che viene licenziato senza un valido motivo ha diritto ad un risarcimento. In Cina invece lo scioglimento del contratto di lavoro è possibile solo se il principale è in grado di presentare una giustificazione plausibile; e la regola vale anche per i “tirocinanti”. In ogni caso è vietato cacciare un lavoratore «in caso di malattie dovute all'attività professionale presso l'azienda o quando il lavoratore sia dipendente da almeno quindici anni presso la stessa società e gli manchino meno di 5 anni alla pensione», scrive Repubblica. Infine, come detto c'è il caso americano che prevede licenziamenti “indiscriminati”, invocato da molti liberisti europei. Ma a ben vedere negli anni vi sono stati vari accorgimenti atti a limare la norma: è illegittimo dare il benservito ad un lavoratore che si sia rifiutato di andare contro la legge, o un licenziamento avente carattere discriminatorio per motivi razziali, religiosi, di salute o di cittadinanza.In tutti questi casi il lavoratore può rivolgersi alla legge per ottenere una sentenza di risarcimento, ma il reintegro in azienda non è previsto.
Mentre si cerca un accordo tra governo e parti sociali sull'articolo 18, dall'Ocse arriva un rapporto dal cui emerge che l’Italia è uno dei paesi più flessibili al mondo per quel che riguarda il lavoro e il licenziamento. Va molto meglio ai lavoratori del Nord Europa e della "solita" Germania.
In Italia mandare a casa un lavoratore non è poi così difficile, a differenza di quanto invece accade in altri parti d'Europa come la Germania e i paesi a Nord del Vecchio Continente. Il rapporto dell’Ocse sulla flessibilità del lavoro a livello internazionale si incastra a pennello con la discussione che infiamma da qualche settimana tra sindacati e governo sulla riforma del lavoro e sulla modifica dell’articolo 18.
Diciamo subito che i numeri provenienti dall' Organisation for Economic Co-operation and Development e riportati in un articolo di Repubblica, vanno ad appoggiare la causa delle parti sociali italiane. L'Italia infatti ha un indice di flessibilità di 1,77 (per i lavoratori a tempo indeterminato) ben al di sotto della media mondiale (2,11). In altre parole nel nostro Paese licenziare è cosa semplice. E ci viene subito da pensare al caso delle 239 operaie della Omsa licenziate con un fax, per le quali il web si è già mobilitato.
In Germania si può licenziare solo con una giusta causa
La Germania è la nazione dove è più difficile cacciare i propri dipendenti (l'indice di flessibilità è il più alto: 3.0) Negli Stati Uniti, invece, un imprenditore può mandare via i suoi dipendenti senza alcun problema e non ha alcun obbligo di riassunzione. Negli States,infatti, l' indice è praticamente inesistente con appena uno 0,17.
Nello specifico gli industriali teutonici possono allontanare i loro stipendiati solo se vi è una giusta causa. In caso contrario il lavoratore ritornerà al suo posto. L’obbligo di reintegro è uno dei fondamenti del mercato del lavoro tedesco: l'eventuale licenziamento va prima comunicato al consiglio di azienda. Se i sindacati ritengono che il provvedimento è infondato il lavoratore mandato via sarà reintegrato fino alla conclusione del contenzioso. Sarà infatti un giudice a stabilire se l'allontanamento è giusto o meno. In quest'ultimo caso il dipendente sarà riassunto.
I licenziamenti negli altri Paesi del mondo
In Francia un dipendente che viene licenziato senza un valido motivo ha diritto ad un risarcimento. In Cina invece lo scioglimento del contratto di lavoro è possibile solo se il principale è in grado di presentare una giustificazione plausibile; e la regola vale anche per i “tirocinanti”. In ogni caso è vietato cacciare un lavoratore «in caso di malattie dovute all'attività professionale presso l'azienda o quando il lavoratore sia dipendente da almeno quindici anni presso la stessa società e gli manchino meno di 5 anni alla pensione», scrive Repubblica. Infine, come detto c'è il caso americano che prevede licenziamenti “indiscriminati”, invocato da molti liberisti europei. Ma a ben vedere negli anni vi sono stati vari accorgimenti atti a limare la norma: è illegittimo dare il benservito ad un lavoratore che si sia rifiutato di andare contro la legge, o un licenziamento avente carattere discriminatorio per motivi razziali, religiosi, di salute o di cittadinanza.In tutti questi casi il lavoratore può rivolgersi alla legge per ottenere una sentenza di risarcimento, ma il reintegro in azienda non è previsto.
Nessun commento:
Posta un commento