Le falle del sistema economico finanziario mondiale si sono intrecciate con l’incompiuta integrazione europea. La soluzione esiste
di Giulio Sensi e Simona Piccato - altreconomia
Nell’ultimo anno si sono intrecciate due crisi: quella del sistema finanziario e monetario mondiale e quella del sistema di integrazione europea. Parte da questa premessa Antonio Tricarico, coordinatore della Campagna per la riforma della Banca mondiale (www.crbm.org), per ricostruire le radici e le conseguenze del periodo che stiamo vivendo.
Qual è stato l’elemento detonatore della crisi?
Il “contagio” derivato dalla crisi del debito della Grecia. Nel 2010 è stato proposto un pacchetto di salvataggio significativo in varie forme con misure di austerità che non hanno dato frutti. A metà del 2011 si è cominciato a discutere del default, cioè dell’incapacità “tecnica” di rispettare le condizioni con le quali la Grecia si è indebitata, convincendo le banche, che detengono la parte più consistente del debito, ad accettare di vedere non riconosciuto anche fino al 50% del proprio credito. Questa soluzione, su cui si sta ancora negoziando, ha introdotto la possibilità concreta di andare verso la “ristrutturazione” di parte di debito. Ristrutturare significa raggiungere accordi per modificare le condizioni originarie dei prestiti per alleggerire gli oneri. La Germania non ha voluto che si prendessero altre strade, come il salvataggio con i soldi della Banca centrale europea. La paura che l’insolvibilità si estendesse ad altri Paesi ha provocato il contagio, manifestatosi ad agosto.
L’indebitamento degli Stati europei sta crescendo a causa della recessione economica: le entrate diminuiscono e i tagli non sono sufficienti. Il sistema bancario detiene almeno la metà del debito pubblico e la crisi lo ha reso più vulnerabile. Le banche continuano a perdere valore e devono fare soldi speculando per non andare in bancarotta.
La finanza speculativa continua a crescere.
Ci sono strumenti della finanza che a livello internazionale cercano di fare due cose: generare nuovi titoli su cui speculare per raggiungere maggior profitto e accumulare capitale. Il cuore della finanziarizzazione è commerciare “denaro rischio” o prodotti collegati. I pericoli sono enormi perché questa crisi continua a propagarsi con il rischio di un collasso più sistemico. Gli strumenti finanziari si dividono in due grandi categorie. La prima riguarda i cosiddetti titoli (bond), i quali sono essi stessi commerciabili su mercati secondari. La seconda sono i prodotti “derivati”: sono contratti -a differenza degli altri sono titoli di carta che hanno un valore fissato- il cui valore deriva da quello di un altro titolo di carta. I prodotti derivati sono nati per assicurare il rischio, ma sono talmente commerciati che siamo al paradosso di avere un’economia “assicurata” fino a 12 volte. I Cds (credit default swap) sono l’esasperazione: contratti di assicurazione che scommettono sul fallimento di altri. Nei due mercati ci sono vari attori finanziari fra quelli non bancari. Fra questi gli “hedge fund”, fondi speculativi specializzati in scambi di breve termine, con indebitamento sul lungo termine.
Qual è il nesso con la crisi economica reale?
Le banche stanno perdendo valore e sono sulla soglia della bancarotta. Non riescono a mettere in circolazione la moneta e hanno un tale indebitamento che non possono che avere atteggiamenti iper speculativi e rischiosi per trovare il denaro. Ma nel mercato attuale non riescono a farlo e perdono ancora più valore. Tutto questo comporta che, ad esempio, i prestiti vengano dati difficilmente anche ad aree produttive e ricche come l’Italia del Nord.
L’Italia come ne è stata coinvolta?
L’Italia non ha dovuto iniettare capitale pubblico nelle banche come è accaduto in altri Paesi a seguito delle conseguenze scatenate dalla crisi dei mutui subprime, generando un forte debito pubblico. Il processo è stato diverso: si è deciso di tassare poco i patrimoni e non è stata introdotta una seria riforma fiscale. Il macigno del debito, già pesante, si è aggravato con la crisi economica che si è diffusa per tutti in Europa. In assenza di credito gli investimenti sono diminuiti, l’economia ha rallentato, è arrivata la recessione, le entrate degli Stati sono calate ed è cresciuto l’indebitamento. Con un sistema finanziario totalmente fuori controllo, l’integrazione europea ha generato ancora più squilibri economici. Gli operatori finanziari hanno iniziato a speculare intorno alle diversità di un sistema ingabbiato nei parametri di Maastricht, insinuandosi attraverso la crisi del debito.
Cosa sono i “mercati” e perché generano delle tempeste?
Sono camere di scambio di titoli finanziari regolamentati da un luogo fisico che ha alcune regole, come le Borse. Ma la gran parte degli scambi di titoli avviene fuori dalle Borse stesse. La mole di questi scambi è stratosfericamente più grande rispetto a quella rappresentata dalla transazione di beni e servizi che si vive ogni giorno. È controllata da giganti troppo grandi per fallire e per essere regolamentati da qualsiasi governo. Un oligopolio che si muove come un branco di elefanti in una cristalleria. Per questo ci sono tempeste e non solo singoli attacchi speculativi. Se si pensa che una dozzina fra fondi e grandi banche di investimento controllano più della metà delle transazioni a livello mondiale, si capisce quali conseguenze possono avere i loro movimenti.
di Giulio Sensi e Simona Piccato - altreconomia
Nell’ultimo anno si sono intrecciate due crisi: quella del sistema finanziario e monetario mondiale e quella del sistema di integrazione europea. Parte da questa premessa Antonio Tricarico, coordinatore della Campagna per la riforma della Banca mondiale (www.crbm.org), per ricostruire le radici e le conseguenze del periodo che stiamo vivendo.
Qual è stato l’elemento detonatore della crisi?
Il “contagio” derivato dalla crisi del debito della Grecia. Nel 2010 è stato proposto un pacchetto di salvataggio significativo in varie forme con misure di austerità che non hanno dato frutti. A metà del 2011 si è cominciato a discutere del default, cioè dell’incapacità “tecnica” di rispettare le condizioni con le quali la Grecia si è indebitata, convincendo le banche, che detengono la parte più consistente del debito, ad accettare di vedere non riconosciuto anche fino al 50% del proprio credito. Questa soluzione, su cui si sta ancora negoziando, ha introdotto la possibilità concreta di andare verso la “ristrutturazione” di parte di debito. Ristrutturare significa raggiungere accordi per modificare le condizioni originarie dei prestiti per alleggerire gli oneri. La Germania non ha voluto che si prendessero altre strade, come il salvataggio con i soldi della Banca centrale europea. La paura che l’insolvibilità si estendesse ad altri Paesi ha provocato il contagio, manifestatosi ad agosto.
L’indebitamento degli Stati europei sta crescendo a causa della recessione economica: le entrate diminuiscono e i tagli non sono sufficienti. Il sistema bancario detiene almeno la metà del debito pubblico e la crisi lo ha reso più vulnerabile. Le banche continuano a perdere valore e devono fare soldi speculando per non andare in bancarotta.
La finanza speculativa continua a crescere.
Ci sono strumenti della finanza che a livello internazionale cercano di fare due cose: generare nuovi titoli su cui speculare per raggiungere maggior profitto e accumulare capitale. Il cuore della finanziarizzazione è commerciare “denaro rischio” o prodotti collegati. I pericoli sono enormi perché questa crisi continua a propagarsi con il rischio di un collasso più sistemico. Gli strumenti finanziari si dividono in due grandi categorie. La prima riguarda i cosiddetti titoli (bond), i quali sono essi stessi commerciabili su mercati secondari. La seconda sono i prodotti “derivati”: sono contratti -a differenza degli altri sono titoli di carta che hanno un valore fissato- il cui valore deriva da quello di un altro titolo di carta. I prodotti derivati sono nati per assicurare il rischio, ma sono talmente commerciati che siamo al paradosso di avere un’economia “assicurata” fino a 12 volte. I Cds (credit default swap) sono l’esasperazione: contratti di assicurazione che scommettono sul fallimento di altri. Nei due mercati ci sono vari attori finanziari fra quelli non bancari. Fra questi gli “hedge fund”, fondi speculativi specializzati in scambi di breve termine, con indebitamento sul lungo termine.
Qual è il nesso con la crisi economica reale?
Le banche stanno perdendo valore e sono sulla soglia della bancarotta. Non riescono a mettere in circolazione la moneta e hanno un tale indebitamento che non possono che avere atteggiamenti iper speculativi e rischiosi per trovare il denaro. Ma nel mercato attuale non riescono a farlo e perdono ancora più valore. Tutto questo comporta che, ad esempio, i prestiti vengano dati difficilmente anche ad aree produttive e ricche come l’Italia del Nord.
L’Italia come ne è stata coinvolta?
L’Italia non ha dovuto iniettare capitale pubblico nelle banche come è accaduto in altri Paesi a seguito delle conseguenze scatenate dalla crisi dei mutui subprime, generando un forte debito pubblico. Il processo è stato diverso: si è deciso di tassare poco i patrimoni e non è stata introdotta una seria riforma fiscale. Il macigno del debito, già pesante, si è aggravato con la crisi economica che si è diffusa per tutti in Europa. In assenza di credito gli investimenti sono diminuiti, l’economia ha rallentato, è arrivata la recessione, le entrate degli Stati sono calate ed è cresciuto l’indebitamento. Con un sistema finanziario totalmente fuori controllo, l’integrazione europea ha generato ancora più squilibri economici. Gli operatori finanziari hanno iniziato a speculare intorno alle diversità di un sistema ingabbiato nei parametri di Maastricht, insinuandosi attraverso la crisi del debito.
Cosa sono i “mercati” e perché generano delle tempeste?
Sono camere di scambio di titoli finanziari regolamentati da un luogo fisico che ha alcune regole, come le Borse. Ma la gran parte degli scambi di titoli avviene fuori dalle Borse stesse. La mole di questi scambi è stratosfericamente più grande rispetto a quella rappresentata dalla transazione di beni e servizi che si vive ogni giorno. È controllata da giganti troppo grandi per fallire e per essere regolamentati da qualsiasi governo. Un oligopolio che si muove come un branco di elefanti in una cristalleria. Per questo ci sono tempeste e non solo singoli attacchi speculativi. Se si pensa che una dozzina fra fondi e grandi banche di investimento controllano più della metà delle transazioni a livello mondiale, si capisce quali conseguenze possono avere i loro movimenti.
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