Come difendersi dalla dittatura turbocapitalista? Intervista a Ugo Mattei
Articolo di Francesco Maria Toscano del 14.04.2012 - soggettopoliticonuovo -
Esiste e cresce nel Paese reale la consapevolezza circa il totale fallimento di quelle politiche liberiste, fatte di tagli al welfare e pareggi di bilancio, che stanno mettendo in discussione persino le fondamenta democratiche della civiltà occidentale. Questa massa critica, consapevole e determinata, costituisce certamente un’avanguardia culturale, non sparuta né settaria, orfana però di qualsiasi riferimento politico-partitico accettabile e in grado di recepirne le legittime istanze. Mentre la sopravvenuta debolezza di un modello turbocapitalista, al guinzaglio della peggiore finanza, costringe le principali forze politiche italiane a gettare la maschera collaborando alla luce del sole, sotto la sapiente guida del fratello maggiore Mario Monti, per difendere un sistema tribale che ne continui a soddisfare le mediocri ambizioni, c’è chi correttamente comincia a porsi il problema impellente e non rinviabile di come dare sbocco politico e organizzativo ad una realtà di pensiero che per adesso vive soltanto una dimensione accademica e sentimentale. Questa necessità è sicuramente avvertita da quel gruppo di intellettuali che, da Paul Ginsborg a Luciano Gallino, ha elaborato un manifesto per un soggetto politico nuovo (clicca per leggere), capace concettualmente di ribaltare in profondità quel nefasto paradigma liberista e neoschiavista che tiene in ostaggio anche partiti formalmente progressisti come il Pd di Bersani, malato cronico di montismo. Una iniziativa interessante che merita di essere approfondita. E proprio per capirne di più che ho intervistato, in esclusiva per i lettori del Moralista, uno dei fondatori e protagonisti di questo coraggioso progetto che si rivolge potenzialmente a quella vastissima platea di elettori desiderosi di cambiamenti sistemici e non formali. Ugo Mattei, giurista, editorialista de Il Manifesto, ha tra l’altro recentemente pubblicato per Laterza editore il libro “Beni Comuni, un manifesto”.
Professor Mattei, perché è necessario un nuovo soggetto politico?
Perché bisogna invertire la catena di comando dando rappresentanza alla base. La battaglia referendaria in difesa di beni fondamentali come l’acqua testimonia l’esistenza di una enorme massa critica che ha una forte sensibilità pubblica, capace di sviluppare un pensiero critico dell’esistente nonostante le mistificazioni veicolate di continuo da un blocco mediatico sostanzialmente monolitico.
A chi vi rivolgete?
E’ evidente una certa affinità con il pensiero politico che potrebbe, semplificando, definirsi di sinistra. Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di creare l’ennesimo partitino che vive di rendita e si barcamena senza costrutto nell’agone parlamentare. La nostra ambizione è quella di costruire un blocco autenticamente democratico che contrasti la deriva autoritaria rappresentata dall’esperienza Monti. In questa ottica parliamo a tutti quelli che non si rassegnano ad essere commissariati da un tecnocrazia al servizio della grande speculazione internazionale.
In cosa consiste la vostra diversità?
Preliminarmente dalla chiarezza della proposta che ci permette di rifuggire dai sofismi di alcune forze politiche di pseudo sinistra che da troppo tempo, non solo in Italia, si sono rassegnate a recitare il ruolo degli utili idioti funzionali ad ammorbidire strumentalmente le durezze di un modello di destra che è tragicamente diventato terreno condiviso.
Non è semplice smontare un sistema che si difende a testuggine. Non rischiate di risultare velleitari?
Noi vogliamo un altro modello di sviluppo e capiamo le ragioni dei No Tav. Il momento è propizio perché l’ideologia liberista è al capolinea, ed è costretta a mostrare il volto feroce per ottenere con la forza ciò che non ottiene più con il ragionamento.
Ma non sarebbe più semplice, e forse possibile, provare a cambiare dall’interno i partiti progressisti già esistenti?
No. Il neoliberismo di estrema destra, personificato da figure politiche come Reagan e la Thatcher, contagia leader “di sinistra” come D’Alema e Schroder. Per non parlare della cosiddetta terza via di Clinton e Blair. I nostri partiti sono prevalentemente antidemocratici e verticistici. Nella misura in cui, i vertici, come avviene, sono compromessi con i grandi poteri economici e finanziari, è impossibile che diventino strumento di cambiamento sistemico, nonostante le istanze sempre più forti provenienti dalla base.
Duri e Puri
Vorrei essere chiaro su un punto. Noi non vogliamo rinchiuderci in una torre d’avorio finendo con il parlarci addosso. Noi dialogheremo con tutti, senza annacquare però le nostre convinzioni e consapevolezze. Vendola, De Magistris e la Fiom sono nostri interlocutori naturali. Il modello di partito personale e padronale non ci appartiene e, oltretutto, ha oramai fatto il suo tempo.
Abbiamo capito cosa non volete. Ma cosa proponete in alternativa al turbocapitalismo morente. Nostalgie marxiste?
Il marxismo è presente nella cultura di riferimento di molti di noi anche se non di tutti. In ogni caso è indispensabile riattualizzare le analisi di Marx limitandosi a conservarne gli aspetti positivi presenti, ad esempio, nella corrente di pensiero riferibile a Gramsci. Il nostro obiettivo non è quello di abbattere il capitalismo ma di renderlo funzionale ad un nuovo umanesimo.
Prossimi passi?
Il 28 Aprile a Firenze presenteremo la prima convention del nostro movimento. In quella occasione sceglieremo il nome. Per adesso circolano le ipotesi di Democrazia Continua e Beni Comuni. Ci prepariamo inoltre a ripartire con le battaglie referendarie.
Come vi rapporterete con i movimenti cosiddetti “antipolitici”, tipo quello rappresentato dal movimento 5 stelle di Beppe Grillo?
I movimenti antisistema sono in realtà quelli che più lo puntellano. La demonizzazione di tutte le attività pubbliche, e fra queste la politica è certamente la più importante, è uno strumento formidabile nelle mani delle oligarchie tecnocratiche per consolidare il modello neoliberale finalizzato a privatizzare tutto. In questo Grillo e Di Pietro sono identici. Noi non vogliamo eliminare la politica, ne vogliamo una diversa e migliore. Non è una differenza da poco.
Ma se anche gli eroi anticasta finiscono, forse inconsapevolmente, per fare il gioco della grande finanza che soffoca la democrazia, che margini esistono per incidere realmente nei processi decisionali futuri. Torniamo al rischio, già paventato, di finire nelle sabbie mobili del velleitarismo?
E’ velleitario al contrario non vedere la realtà. Esiste un 50% di cittadini italiani che, come testimoniano tutte le indagini demoscopiche, è alla ricerca di nuove soluzioni. Il silenzio mediatico non ci spaventa perché conserviamo la lezione proveniente dall’ultimo entusiasmate test referendario. Una sfida stravinta nonostante il comportamento ostile, per usare un eufemismo, di tutto il circuito informativo. Se necessario faremo politica fisicamente, porta per porta.
Un Porta a Porta senza Vespa presumo. A parte le battute. Il quadro internazionale è in movimento. Non crede che dalle imminenti elezioni francesi possa venire un messaggio di cambiamento interpretato magari dalla possibile vittoria del socialista Hollande?
Ne dubito. Hollande è certamente meglio di Sarkozy, ma per essere meglio dell’attuale presidente francese non ci vuole poi molto. E’ un uomo che, pur con qualche distinguo, proseguirà sul solco del neoliberismo selvaggio limitandosi ad umanizzare le solite politiche di estrema destra.
Attraverso quali misure intendete invece neutralizzare l’attuale paradigma turbocapitalista?
L’uscita dall’Europa non è nel novero della cose sensate e rappresenta una risposta alla crisi emotiva e non razionale. Noi vogliamo un’altra Europa. Crediamo nell’ Europa dei popoli e non in quella dei mercati. Dobbiamo democratizzare l’Europa sottomettendo la speculazione finanziaria all’interesse pubblico. La nostra proposta si articola fondamentalmente intorno a tre priorità: sovranità alimentare, energetica e monetaria.
A proposito di sovranità monetaria. Dagli Stati Uniti spira forte un vento neokeynesiano che ha trovato compimento nella formulazione della Modern Money Theory. Impressioni?
E’ una buona notizia. La MMT è sicuramente uno strumento utilissimo nel contrasto al modello neoliberista.
Ci lasciamo con una speranza?
Quella di ricostruire a breve una nuova coscienza pubblica collettiva che rinnovi la politica riscoprendo al contempo la bellezza e la nobiltà dell’impegno, e riannodando i fili spezzati tra cultura e impegno pubblico. Senza formazione e senza conoscenza i partiti finiscono con l’essere, nel migliore dei casi, contenitori burocratici dediti agli affari. Ma un lungo e involuto ciclo storico sta fortunatamente per chiudersi. Oggi più che mai esistono le condizioni per ripristinare una legalità democratica ripetutamente violata e vilipesa. L’analisi, da sola, non basta più. Questo è il momento dell’impegno.
Articolo di Francesco Maria Toscano del 14.04.2012 - soggettopoliticonuovo -
Esiste e cresce nel Paese reale la consapevolezza circa il totale fallimento di quelle politiche liberiste, fatte di tagli al welfare e pareggi di bilancio, che stanno mettendo in discussione persino le fondamenta democratiche della civiltà occidentale. Questa massa critica, consapevole e determinata, costituisce certamente un’avanguardia culturale, non sparuta né settaria, orfana però di qualsiasi riferimento politico-partitico accettabile e in grado di recepirne le legittime istanze. Mentre la sopravvenuta debolezza di un modello turbocapitalista, al guinzaglio della peggiore finanza, costringe le principali forze politiche italiane a gettare la maschera collaborando alla luce del sole, sotto la sapiente guida del fratello maggiore Mario Monti, per difendere un sistema tribale che ne continui a soddisfare le mediocri ambizioni, c’è chi correttamente comincia a porsi il problema impellente e non rinviabile di come dare sbocco politico e organizzativo ad una realtà di pensiero che per adesso vive soltanto una dimensione accademica e sentimentale. Questa necessità è sicuramente avvertita da quel gruppo di intellettuali che, da Paul Ginsborg a Luciano Gallino, ha elaborato un manifesto per un soggetto politico nuovo (clicca per leggere), capace concettualmente di ribaltare in profondità quel nefasto paradigma liberista e neoschiavista che tiene in ostaggio anche partiti formalmente progressisti come il Pd di Bersani, malato cronico di montismo. Una iniziativa interessante che merita di essere approfondita. E proprio per capirne di più che ho intervistato, in esclusiva per i lettori del Moralista, uno dei fondatori e protagonisti di questo coraggioso progetto che si rivolge potenzialmente a quella vastissima platea di elettori desiderosi di cambiamenti sistemici e non formali. Ugo Mattei, giurista, editorialista de Il Manifesto, ha tra l’altro recentemente pubblicato per Laterza editore il libro “Beni Comuni, un manifesto”.
Professor Mattei, perché è necessario un nuovo soggetto politico?
Perché bisogna invertire la catena di comando dando rappresentanza alla base. La battaglia referendaria in difesa di beni fondamentali come l’acqua testimonia l’esistenza di una enorme massa critica che ha una forte sensibilità pubblica, capace di sviluppare un pensiero critico dell’esistente nonostante le mistificazioni veicolate di continuo da un blocco mediatico sostanzialmente monolitico.
A chi vi rivolgete?
E’ evidente una certa affinità con il pensiero politico che potrebbe, semplificando, definirsi di sinistra. Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di creare l’ennesimo partitino che vive di rendita e si barcamena senza costrutto nell’agone parlamentare. La nostra ambizione è quella di costruire un blocco autenticamente democratico che contrasti la deriva autoritaria rappresentata dall’esperienza Monti. In questa ottica parliamo a tutti quelli che non si rassegnano ad essere commissariati da un tecnocrazia al servizio della grande speculazione internazionale.
In cosa consiste la vostra diversità?
Preliminarmente dalla chiarezza della proposta che ci permette di rifuggire dai sofismi di alcune forze politiche di pseudo sinistra che da troppo tempo, non solo in Italia, si sono rassegnate a recitare il ruolo degli utili idioti funzionali ad ammorbidire strumentalmente le durezze di un modello di destra che è tragicamente diventato terreno condiviso.
Non è semplice smontare un sistema che si difende a testuggine. Non rischiate di risultare velleitari?
Noi vogliamo un altro modello di sviluppo e capiamo le ragioni dei No Tav. Il momento è propizio perché l’ideologia liberista è al capolinea, ed è costretta a mostrare il volto feroce per ottenere con la forza ciò che non ottiene più con il ragionamento.
Ma non sarebbe più semplice, e forse possibile, provare a cambiare dall’interno i partiti progressisti già esistenti?
No. Il neoliberismo di estrema destra, personificato da figure politiche come Reagan e la Thatcher, contagia leader “di sinistra” come D’Alema e Schroder. Per non parlare della cosiddetta terza via di Clinton e Blair. I nostri partiti sono prevalentemente antidemocratici e verticistici. Nella misura in cui, i vertici, come avviene, sono compromessi con i grandi poteri economici e finanziari, è impossibile che diventino strumento di cambiamento sistemico, nonostante le istanze sempre più forti provenienti dalla base.
Duri e Puri
Vorrei essere chiaro su un punto. Noi non vogliamo rinchiuderci in una torre d’avorio finendo con il parlarci addosso. Noi dialogheremo con tutti, senza annacquare però le nostre convinzioni e consapevolezze. Vendola, De Magistris e la Fiom sono nostri interlocutori naturali. Il modello di partito personale e padronale non ci appartiene e, oltretutto, ha oramai fatto il suo tempo.
Abbiamo capito cosa non volete. Ma cosa proponete in alternativa al turbocapitalismo morente. Nostalgie marxiste?
Il marxismo è presente nella cultura di riferimento di molti di noi anche se non di tutti. In ogni caso è indispensabile riattualizzare le analisi di Marx limitandosi a conservarne gli aspetti positivi presenti, ad esempio, nella corrente di pensiero riferibile a Gramsci. Il nostro obiettivo non è quello di abbattere il capitalismo ma di renderlo funzionale ad un nuovo umanesimo.
Prossimi passi?
Il 28 Aprile a Firenze presenteremo la prima convention del nostro movimento. In quella occasione sceglieremo il nome. Per adesso circolano le ipotesi di Democrazia Continua e Beni Comuni. Ci prepariamo inoltre a ripartire con le battaglie referendarie.
Come vi rapporterete con i movimenti cosiddetti “antipolitici”, tipo quello rappresentato dal movimento 5 stelle di Beppe Grillo?
I movimenti antisistema sono in realtà quelli che più lo puntellano. La demonizzazione di tutte le attività pubbliche, e fra queste la politica è certamente la più importante, è uno strumento formidabile nelle mani delle oligarchie tecnocratiche per consolidare il modello neoliberale finalizzato a privatizzare tutto. In questo Grillo e Di Pietro sono identici. Noi non vogliamo eliminare la politica, ne vogliamo una diversa e migliore. Non è una differenza da poco.
Ma se anche gli eroi anticasta finiscono, forse inconsapevolmente, per fare il gioco della grande finanza che soffoca la democrazia, che margini esistono per incidere realmente nei processi decisionali futuri. Torniamo al rischio, già paventato, di finire nelle sabbie mobili del velleitarismo?
E’ velleitario al contrario non vedere la realtà. Esiste un 50% di cittadini italiani che, come testimoniano tutte le indagini demoscopiche, è alla ricerca di nuove soluzioni. Il silenzio mediatico non ci spaventa perché conserviamo la lezione proveniente dall’ultimo entusiasmate test referendario. Una sfida stravinta nonostante il comportamento ostile, per usare un eufemismo, di tutto il circuito informativo. Se necessario faremo politica fisicamente, porta per porta.
Un Porta a Porta senza Vespa presumo. A parte le battute. Il quadro internazionale è in movimento. Non crede che dalle imminenti elezioni francesi possa venire un messaggio di cambiamento interpretato magari dalla possibile vittoria del socialista Hollande?
Ne dubito. Hollande è certamente meglio di Sarkozy, ma per essere meglio dell’attuale presidente francese non ci vuole poi molto. E’ un uomo che, pur con qualche distinguo, proseguirà sul solco del neoliberismo selvaggio limitandosi ad umanizzare le solite politiche di estrema destra.
Attraverso quali misure intendete invece neutralizzare l’attuale paradigma turbocapitalista?
L’uscita dall’Europa non è nel novero della cose sensate e rappresenta una risposta alla crisi emotiva e non razionale. Noi vogliamo un’altra Europa. Crediamo nell’ Europa dei popoli e non in quella dei mercati. Dobbiamo democratizzare l’Europa sottomettendo la speculazione finanziaria all’interesse pubblico. La nostra proposta si articola fondamentalmente intorno a tre priorità: sovranità alimentare, energetica e monetaria.
A proposito di sovranità monetaria. Dagli Stati Uniti spira forte un vento neokeynesiano che ha trovato compimento nella formulazione della Modern Money Theory. Impressioni?
E’ una buona notizia. La MMT è sicuramente uno strumento utilissimo nel contrasto al modello neoliberista.
Ci lasciamo con una speranza?
Quella di ricostruire a breve una nuova coscienza pubblica collettiva che rinnovi la politica riscoprendo al contempo la bellezza e la nobiltà dell’impegno, e riannodando i fili spezzati tra cultura e impegno pubblico. Senza formazione e senza conoscenza i partiti finiscono con l’essere, nel migliore dei casi, contenitori burocratici dediti agli affari. Ma un lungo e involuto ciclo storico sta fortunatamente per chiudersi. Oggi più che mai esistono le condizioni per ripristinare una legalità democratica ripetutamente violata e vilipesa. L’analisi, da sola, non basta più. Questo è il momento dell’impegno.
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