Nel giorno di uno dei più grandi trionfi della Rivoluzione bolivariana, il pieno ingresso nel Mercosur del Venezuela, dopo anni di lotta, il presidente Hugo Chávez annuncia la gravità della sua situazione di salute, la riapparizione del tumore maligno, la necessità di operarsi e la possibilità che non riesca ad insediarsi alla presidenza il prossimo 7 gennaio chiamando all’Unità e designando il Vicepresidente della Repubblica Nicolás Maduro (nella foto) come suo successore.
Con un discorso di mezz’ora in diretta televisiva alle 21.30 di ieri ora venezuelana, il presidente ha informato la nazione sulla gravità della sua situazione di salute. Apparendo comunque in buono stato, ha comunicato di aver chiesto autorizzazione al parlamento per ritornare immediatamente a Cuba, 24 ore dopo il suo ritorno in patria dopo nove giorni di trattamento. Sarà operato all’Avana probabilmente già stasera, dopo il voto parlamentare previsto per stamane che lo autorizzerà a uscire dal paese. Hugo Chávez non si è limitato a tranquillizzare il popolo che lo ha rieletto appena il 7 ottobre scorso, ma ha chiaramente esposto uno scenario drammatico che potrebbe non permettergli di entrare in carica il 7 gennaio.
«Se si presentassero le condizioni inabilitanti –ha affermato il presidente- o soprattutto per entrare in carica nel nuovo periodo, Nicolás Maduro non è solo la persona che deve concludere il periodo ma è la persona che in mia opinione, chiara come la luna piena, se dovessero sussistere le condizioni per la convocazione di nuove elezioni, deve essere il candidato e chiedo al popolo che elegga Nicolás Maduro come presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela».
Lo scenario, anche costituzionale, che si apre è complesso. Tra appena una settimana in Venezuela si vota per le amministrative in tutto il paese, ma evidentemente la situazione di salute del presidente non ha permesso di attenderne l’esito. Hugo Chávez è allo stesso tempo presidente in carica e presidente eletto. L’investitura di ieri ha quindi due funzioni: chiamare i dirigenti del processo bolivariano all’obbligo di unità intorno alla figura di Maduro ma anche continuare a tracciare un cammino di libertà costituzionali nel quale le elezioni sono un passaggio ineludibile. Secondo la Costituzione bolivariana Chávez ha adesso un periodo di 90 più 90 giorni prima che il Parlamento debba costatarne «l’impossibilità assoluta» a tornare al governo e il presidente di questo, Diosdado Cabello, sia obbligato a chiamare a nuove elezioni nelle quali il candidato del campo popolare sarà Nicolás Maduro.
Nicolás Maduro, 50 anni, è uno dei dirigenti bolivariani più vicini da sempre a Hugo Chávez. Autista di autobus a Caracas e sindacalista si avvicinò a questo nel momento più difficile quando sua moglie avvocato ne assunse la difesa dopo il 4 febbraio 1989. Parlamentare dal 2000 è stato soprattutto, per sei anni e mezzo, il ministro degli esteri della Rivoluzione bolivariana, l’uomo che con Chávez ha tessuto la tela dell’integrazione latinoamericana di questi anni che proprio ieri ha portato al vertice di Brasilia, il primo nel quale il Venezuela (dopo anni di boicottaggio in particolare delle destre brasiliane e paraguayane) ha partecipato come pieno membro e nel quale è stata registrata la richiesta di adesione della Bolivia.
«Oggi abbiamo una patria –ha concluso Chávez commosso- e, succeda quello che succeda, i nostri sforzi di tutti questi anni faranno sì che continueremo ad averla. Non mancheranno quelli che cercheranno di restaurare il neoliberismo capitalista. La risposta dei patrioti dev’essere l’Unità».
Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it
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