Autore: Joseph Halevi - controlacrisi
La vicenda greca sta arrivando alla sua conclusione formale e all'apertura di una fase del tutto nuova sia per il paese che per l'Europa. Alla Grecia viene imposto un trattamento paragonabile alle riparazioni di guerra decise a Versailles nel 1919 nei confronti della Germania; riparazioni che la popolazione tedesca non poteva pagare. Che Berlino fosse responsabile dello scoppio del conflitto, per altro interimperialistico, non conta, così come non conta che Atene o Roma abbiano «speso» troppi denari pubblici. Rimborsare il debito attraverso tagli e austerità fa crollare la società ed elimina le condizioni stesse del rimborso. Keynes lo capì benissimo e scrisse un famoso libretto di analisi e di denuncia.
L'Europa che ha prodotto i Monti e i Papademos è spazzata dallo stesso perfido vento irrazionale che la caratterizzò nel periodo interbellico: francesi e inglesi volevano i pagamenti da parte della Germania e gli Usa volevano che gli europei pagassero i crediti di guerra erogati da Washington, spingendo Londra e Parigi ad aumentare la pressione sulla Germania di Weimar. Furono la seconda guerra mondiale e l'ordinamento di Bretton Woods a spezzare il circolo vizioso.
È la stessa logica, applicata all'obbligo del pagamento del debito pubblico, ad aver portato i Papademos e i Monti al potere esprimendo un fallimento politico, morale e istituzionale completo dell'insieme dell'Unione europea. L'ottusità monetaria del governo Merkel non corrisponde a una razionale strategia del capitale tedesco. Piuttosto riflette il miraggio di un traghettamento della Germania verso uno spazio vitale economico oltre l'Europa, verso la Cina e gli altri grandi paesi emergenti. Questo miraggio, perseguito dal governo e dalle maggiori industrie, rafforza l'idea di Berlino di non volere vincoli nei confronti dei singoli paesi europei - rifiutandosi quindi di riconoscere che il peso non può gravare prioritariamente sui paesi in deficit altrimenti tutto il sistema economico va in retromarcia - ma di esigere però che i singoli paesi rispettino i vincoli finanziari verso la Germania. La Grecia ora in miseria non può più pagare, punto e basta.
Se il governo ellenico firma quanto richiesto dalla Germania l'impossibilità di pagare si manifesterà nell'ulteriore immiserimento della spossata popolazione con il conseguente crollo, già ampiamente in atto, della base dell'imponibile da dove provengono i soldi per i rimborsi, tra i quali vanno annoverate le somme pattuite con l'Europa e il Fondo monetario internazionale. Se firma, la Grecia si avvia verso un sicuro fallimento di fatto piuttosto che formale ma con tutte le implicazioni negative riguardo il sistema finanziario e reale europeo.
L'ottusità tedesca esprime pienamente la sua retrograda stupidità quando i governanti di Berlino vogliono far credere che sia possibile cauterizzare il bubbone greco impedendo il contagio e che, di fronte alle drastiche misure di austerità del Portogallo, della Spagna e dell'Italia basti una maggiore flessibilità dei salari e delle condizioni di lavoro per far riprendere tutti, compresa l'agonizzante Grecia. Sono tesi profondamente false che esprimono l'ideologia delle classi dirigenti europee in crisi
La vicenda greca sta arrivando alla sua conclusione formale e all'apertura di una fase del tutto nuova sia per il paese che per l'Europa. Alla Grecia viene imposto un trattamento paragonabile alle riparazioni di guerra decise a Versailles nel 1919 nei confronti della Germania; riparazioni che la popolazione tedesca non poteva pagare. Che Berlino fosse responsabile dello scoppio del conflitto, per altro interimperialistico, non conta, così come non conta che Atene o Roma abbiano «speso» troppi denari pubblici. Rimborsare il debito attraverso tagli e austerità fa crollare la società ed elimina le condizioni stesse del rimborso. Keynes lo capì benissimo e scrisse un famoso libretto di analisi e di denuncia.
L'Europa che ha prodotto i Monti e i Papademos è spazzata dallo stesso perfido vento irrazionale che la caratterizzò nel periodo interbellico: francesi e inglesi volevano i pagamenti da parte della Germania e gli Usa volevano che gli europei pagassero i crediti di guerra erogati da Washington, spingendo Londra e Parigi ad aumentare la pressione sulla Germania di Weimar. Furono la seconda guerra mondiale e l'ordinamento di Bretton Woods a spezzare il circolo vizioso.
È la stessa logica, applicata all'obbligo del pagamento del debito pubblico, ad aver portato i Papademos e i Monti al potere esprimendo un fallimento politico, morale e istituzionale completo dell'insieme dell'Unione europea. L'ottusità monetaria del governo Merkel non corrisponde a una razionale strategia del capitale tedesco. Piuttosto riflette il miraggio di un traghettamento della Germania verso uno spazio vitale economico oltre l'Europa, verso la Cina e gli altri grandi paesi emergenti. Questo miraggio, perseguito dal governo e dalle maggiori industrie, rafforza l'idea di Berlino di non volere vincoli nei confronti dei singoli paesi europei - rifiutandosi quindi di riconoscere che il peso non può gravare prioritariamente sui paesi in deficit altrimenti tutto il sistema economico va in retromarcia - ma di esigere però che i singoli paesi rispettino i vincoli finanziari verso la Germania. La Grecia ora in miseria non può più pagare, punto e basta.
Se il governo ellenico firma quanto richiesto dalla Germania l'impossibilità di pagare si manifesterà nell'ulteriore immiserimento della spossata popolazione con il conseguente crollo, già ampiamente in atto, della base dell'imponibile da dove provengono i soldi per i rimborsi, tra i quali vanno annoverate le somme pattuite con l'Europa e il Fondo monetario internazionale. Se firma, la Grecia si avvia verso un sicuro fallimento di fatto piuttosto che formale ma con tutte le implicazioni negative riguardo il sistema finanziario e reale europeo.
L'ottusità tedesca esprime pienamente la sua retrograda stupidità quando i governanti di Berlino vogliono far credere che sia possibile cauterizzare il bubbone greco impedendo il contagio e che, di fronte alle drastiche misure di austerità del Portogallo, della Spagna e dell'Italia basti una maggiore flessibilità dei salari e delle condizioni di lavoro per far riprendere tutti, compresa l'agonizzante Grecia. Sono tesi profondamente false che esprimono l'ideologia delle classi dirigenti europee in crisi
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