Steve McGiffen è da molto tempo impegnato nella politica di sinistra in Europa. E’ un ex funzionario del Gruppo della Sinistra Europea Unita al Parlamento Europeo e ha collaborato con varie funzioni con il Partito Socialista olandese dal 1999. E’ anche redattore di Spectrezine. Ha parlato con Ed Lewis della politica di classe che governa sia l’euro sia la sempre più crescente austerità in Europa, del neonazismo in Grecia e di come articolare una reazione di sinistra alla UE.
Cosa pensi sia di maggior rilievo nel sconvolgimento attuale dell’Europa che sia stato ignorato o distorto nel dibattito convenzionale?
E’ difficile isolare punti specifici in quella che di fatto non è altro che una raccolta di bugie, distorsioni e fraintendimenti. Ci sono poche eccezioni onorevoli, come Larry Elliott sul Guardian e Paul Krugman sul New York Times, ma in generale la presentazione dell’eurocrisi sui media tradizionali è stato fuorviante al punto che vien da chiedersi se questa gente non viva in un universo parallelo.
Tanto per cominciare, come ha fatto notare Mark Weisbrot, del Centro per le Ricerche Economiche e Politiche di Washington, D.C., questa non è affatto una crisi del debito, è la crisi di un fallimento politico. Personalmente eviterei la parola “fallimento” perché, considerati i suoi reali obiettivi, l’euro è stato un grande successo, ma su questo tornerò in seguito. Per il momento andiamo avanti con il termine “fallimento”, cosa che, quanto ai loro obiettivi dichiarati, le politiche d’austerità degli stati membri della UE sono sicuramente state e certamente continueranno ad essere.
Considera la Grecia. Ci viene detto che la Grecia sarà in grado di rimborsare il suo debito soltanto se ridurrà la spesa pubblica e comincerà a riscuotere le tasse. Quando lo si sente dire, sembra logico. Se, come singolo o come famiglia, ha un debito, è una buona idea vedere dove puoi tagliare le tue spese e se puoi individuare nuove fonti di reddito. Ma non funziona sempre neppure a quel livello, perché ci sono situazioni in cui puoi aver necessità di farti prestare altri soldi da investire per uscire dai debiti. Ad esempio puoi aver necessità di migliorare le tue qualifiche. Portata la cosa a livello nazionale, non funzionerà in nessuna situazione che io riesca ad immaginare. Tagli alla spesa in Grecia e tasse che colpiscono i poveri e gruppi a reddito medio esacerberanno i livelli già a precipizio della ‘crescita negativa’. Lo stesso vale per l’Italia, che è un’economia molto più grande e perciò un problema più grosso per l’Europa e per il mondo.
Anche se nel più lungo termine la trasformazione rivoluzionaria dell’economia globale potrà evitare che crisi di questo tipo affliggano in modo ricorrente una parte o l’altra del mondo, ovviamente non si troveranno appelli alla rivoluzione nei media o nella vita politica tradizionale. Dunque è strano il fatto che ci esistano soluzioni riformiste a tutto questo, approcci alternativi che potremmo aspettarci di veder saltar fuori nel dibattito convenzionale. In effetti tali soluzioni sono dibattute da persone come Krugman, Elliot, Weisbrot e altri, che vedono effettivamente il loro lavoro pubblicato sui media tradizionali.
Sono d’accordo con alcune e con altre no, ma ciascuna di esse rappresenta un qualche tipo di alternativa politica all’attacco frontale ai diritti e ai livelli di vita dei lavoratori, delle persone che dipendono da sussidi, dei gruppi a basso reddito in generale. Il debito greco potrebbe essere ristrutturato e parte di esso potrebbe essere cancellato in quanto odioso. Nel film Debitocrazia sono mosse accuse a proposito del fatto che parte del debito deriva dalla corruzione di politici greci e di altri che prendono decisioni da parte degli affaristi tedeschi. Queste e altre accuse dovrebbero essere indagate a fondo. Al tempo stesso la BCE potrebbe acquistare titoli italiani e spagnoli al fine di ridurre i tassi di interesse e attaccare la speculazione e aumentare la fornitura di liquidità.
Io non sono un economista e posso solo citare le idee di economisti che rispetto, come Weisbrot, ma chiunque può constatare, leggendo ciò di cui si discute, che esiste una gamma di alternative. E tuttavia tutti gli stati membri della UE hanno scelta, in misura maggiore o minore, la strada dell’austerità. La domanda è allora: “Perché?” E per me questo è il vero tema sollevato dalla crisi. Nei tardi anni ’90 ero attivo nella campagna per bloccare l’introduzione dell’euro. Se guardi quello che dicevo e il materiale prodotto da Tom Megahy, l’europarlamentare Laburista per il quale ho lavorato sino al suo pensionamento nel 199, o dal Partito Socialista Olandese, per il quale ho lavorato successivamente, vedrai che le nostre predizioni di quelle che sarebbero state le conseguenze della moneta unica erano sorprendentemente accurate.
Ora, io davvero non riesco a credere che tutti quegli economisti altamente qualificati che consigliano la Commissione e la BCE fossero semplicemente troppo stupidi per vedere ciò che era ovvio al nostro lato del dibattito. Per questo posso solo concludere che sapessero quanto noi quello che sarebbe accaduto, ma non lo vedevano come qualcosa da evitare, bensì come un’occasione per completare il lavoro dell’influenza neoliberale. L’austerità, in uno scenario simile, non è qualcosa di imposto all’élite politica da errori o sfortuna precedenti, ma piuttosto lo stadio più recente di un piano per trasformare l’economia europea distruggendo lo stato assistenziale – o, al meglio, riducendolo a una ‘rete di sicurezza’ in stile statunitense – e togliendo alle istituzioni parlamentari democratiche, e dunque al popolo, ogni potere sull’economia.
Due punti finali. In primo luogo la Grecia è il più grande importatore europeo di armi. In secondo luogo ci sono neonazisti nel suo governo (nota del redattore: questa intervista ha avuto luogo prima della recente uscita dei ministri del LAOS, cui McGiffen si riferisce qui, dal governo greco). Ho avuto un’occasione concreta di discutere con un membro della Commissione Europea, una mia vecchia conoscenza, a proposito del perché su queste cose nulla era stato detto presso il Consiglio o presso la Commissione, è lui ha detto che è stato perché i media le avevano ignorate. Ciò pone naturalmente la domanda del perché sia stato così e svela anche la natura mediatico-industriale del processo decisionale. Chiaramente la Grecia, un paese senza nemici e senza soldi, non dovrebbe continuare a spendere miliardi in armamenti. Altrettanto chiaramente antisemiti idrofobi per i quali nessuno vota non dovrebbero stare al governo, specialmente ove si consideri che il PASOK e Nuova Democrazia hanno la maggioranza parlamentari senza di essi. Anche se io penso che i colpi di stato organizzati dalle autorità dell’Unione Europea e dal FMI in Grecia e in Italia siano uno scandalo, ora che sono cosa fatta sento che questo è un punto cui andrebbe data maggiore pubblicità.
Puoi dire qualcosa di più sui tuoi commenti ai problemi impliciti fin dall’inizio nel progetto dell’euro e su come si riflettono sul presente?
Anche se, come ho già detto, non sono un economista, quanto l’euro stava per essere introdotto ho conosciuto, discusso e fatto campagne con molti economisti che hanno confermato quello che sospettavo fosse il problema, ovvero che la moneta unica, così come progettata, era del tutto inattuabile e avrebbe portato alla catastrofe economica. Uno di loro era Ewout Irrgang, che era stato reclutato direttamente dalla Banca Nazionale Olandese come consulente del Partito Socialista e che è ora parlamentare e il principale portavoce del partito per le questioni finanziarie. E mi ha confermato che il problema principale sarebbe stato l’imposizione di una singola politica monetaria da parte di una singola banca centrale operante con un unico tasso d’interesse. Ora, ciò causa problemi persino in un’area monetaria relativamente omogenea come il Regno Unito, dove, anche se ci sono grandi differenze regionali di reddito e di ricchezza – credo che la regione più ricca sia il sud-est dell’Inghilterra mentre quella più povera sia l’Irlanda del Nord – essi sono nulla in confronto con quelli che avrebbero separato i più ricchi dai più poveri nella proposta Eurozona. Eravamo soliti utilizzare l’analogia con un termostato controllato dalla temperatura di una regione temperata come la Bretagna. In Finlandia ci si sarebbe congelati e ci si sarebbe arrostiti a Creta. Come diceva all’epoca Irrgang “in tutte tali economie diverse la stufa sarà caricata allo stesso livello di calore e la temperatura sarà stabilita in modo non democratico e corretta in rapporto alla situazione dei paesi maggiori, Germania, Francia e Italia. Ciò creerà problemi irrevocabili, problemi che difficilmente saranno risolvibili.”
Negli ultimissimi anni del secolo scorso ho scritto numerosi articoli per il mio capo di allora, Tom Megahy, che egli ha mandato in giro e approvato, che martellavano su un certo numero di argomenti. Essi restano al centro di ogni critica dell’euro che si riferisce al progetto dell’euro nei suoi stessi termini e lo attaccano da tale prospettiva. Per enumerare i punti principali, Tom e io sostenevamo quanto segue:
“Se i governi e le banche nazionali rinunceranno alla leva economica che ricavano dalla possibilità di decidere i propri livelli di spesa e di indebitamento, se non possono più decidere i tassi di interesse o i rapporti di cambio, resterà loro solo un mezzo per conservare o migliorare la competitività: i nostri salari, le nostre pensioni, i nostri diritti all’assistenza, l’istruzione dei nostri figli, dovranno tutti costare di meno. Questo è naturalmente ciò che da allora è stato chiamato “svalutazione interna”; la moneta unica priverebbe i governi degli strumenti vitali di cui hanno bisogno per affrontare difficoltà economiche immediate e di lungo termine; creerebbe disoccupazione in paesi e regioni giudicate “non competitive” e imporrebbe una pressione al ribasso sui salari e le condizioni di lavoro, mentre tali aree tentano di recuperare “competitività”; verrebbero compromessi i sistemi di sicurezza e assistenza sociale; il controllo sulle decisioni economiche vitali verrebbe passato a banchieri non eletti.”
Queste predizioni sono state naturalmente confermate dal 2008, quando le banche e i loro servi obbedienti nei governi e a Bruxelles hanno trascinato l’Europa intera in una crisi economica senza precedenti.
Dove io differisco da gran parte della critica progressista dell’euro è nel fatto che io in realtà considero quello che sta accadendo non come una prova di enorme incompetenza – anche se alcuni di coloro che vi sono coinvolti chiaramente sono stati semplicemente guidati a una visione molto fuorviata della realtà economica, in generale per una combinazione della loro stessa ingenuità e della falsità altrui – ma, di fatto, come un enorme successo anche se un successo che mette i responsabili a grande rischio. Lo scopo dell’euro non è stato di agevolare la creazione di un’Europa di amore, pace, armonia, promozione del commercio e dell’efficienza economia a livello transfrontaliero, bensì di attaccare le conquiste economiche, sociali e politiche accumulate in oltre due secoli attraverso le lotte più dure. Quel che sta accadendo in paese dopo paese, in modo più forte in Grecia, Irlanda e Portogallo ma anche – come è evidente a chiunque vi presti attenzione – in Gran Bretagna, non è nulla di meno che la salva d’inizio di una nuova fase, più intensa e più pericolosa, della guerra di classe.
Ci sono dunque due modi per rispondere a questa domanda. Il primo consiste nell’accettare le stesse spiegazioni dei sostenitori dell’euro riguardo a ciò che cercano di conseguire e, insieme con i gli economisti progressisti, ma essenzialmente borghesi – nel senso che non mettono in discussione il capitalismo di per sé – dire: “Accidenti ragazzi! Avete davvero mandato tutto a puttane!”. E l’altro modo consiste nel congratularsi con i generali del nemico per un’apertura decisamente buona della loro campagna e vedere cosa possiamo fare per contrastarla. E ovviamente tutto quel che possiamo fare è organizzarci, su ogni fronte possibile, e uscire allo scoperto e spiegare alla gente quel che davvero sta succedendo e discutere con la gente del modo in cui possiamo combatterlo. Il problema con la guerra di classe è che tanto spesso c’è solo uno schieramento che sa di essere combattuto, e ciò è quel che dobbiamo cambiare.
Nella stampa inglese ci sono stati riferimenti di sfuggita alla presenza di elementi di estrema destra nel governo greco ma nessuna affermazione diretta di neonazismo. Dicci qualcos’altro su chi sono queste persone e quali sono le loro credenziali naziste. (Vedere la nota del redattore, più sopra).
Il Ministro delle Infrastrutture, dei Trasporti e delle Reti è Makis Voridis. Negli anni ’80 Voridis era il capo di un gruppo nazista chiamato Alternativa Studentesca. Fu cacciato dalla facoltà di legge nel 1985 e denunciato dall’equivalente greco della NUS [Unione Nazionale degli Studenti in Gran Bretagna – n.d.t.] per aver preso parte ad aggressioni ai compagni di studi nel corso delle quali si armava spesso dell’attrezzo dal quale ha avuto il suo nomignolo, Martello, o di una specie di ascia fatta in casa.
Beh, sai, errori giovanili e tutto il resto. Oso dire che nel caso improbabile che io diventassi mai ministro del governo il Daily Mail scoverebbe la poliziotta che una volta arrestò il giovane Steve McGiffin per averla mandata affanculo. Non una faccenda grave come attacchi violenti ad avversari politici, ma mi aspetto che il Mail riuscirebbe a farla sembrare tale. Ma c’è qualcosa di più di questo da dire su Voridis e riguarda eventi molto più recenti. Il partito di Voridis, il LAOS, è una amalgama di gruppi di estrema destra preesistenti. Uno di questi, il Fronte Ellenico, ha formato una lista elettorale comune piuttosto recentemente, nel 2004, con un partito guidato da Kostantinos Plevis. Plevis è autore di “Ebrei: tutta la verità”, il cui contenuto comprende quanto segue:
“Adolf Hitler: il tragico capo del Terzo Reich tedesco è certamente la figura guida più imponente dell’età moderna … La storia umana certamente biasimerà Adolf Hitler per quanto segue: 1. Poteva liberare l’Europa dagli ebrei e non l’ha fatto; 2. Non ha usato le speciali armi chimiche, che solo la Germania possedeva, per ottenere la vittoria … 3. A causa della sconfitta della Germania allora, oggi la Razza Bianca in Europa è a rischio.”
Lo stesso LAOS è stato fondato da Giorgos Karatzeferis, un ben noto negatore dell’Olocausto che dice che gli ebrei “non hanno diritto di parola in Grecia” e che si è riferito all’Olocausto, ad Auschwitz e a Dachau come a dei “miti”.
Come il Fronte Nazionale francese, il Vlaams Belang belga e il Partito Nazionale Britannico inglese e i Tory di estrema destra, il LAOS indirizza gran parte della sua opposizione contro l’Unione Europea. E tuttavia è stato lieto di far parte di un governo nominato dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale Europea.
Pensi che ci sia un qualche significato nei capricci di Cameron al recente vertice UE nel rifiutare il trattato proposto e nel lasciare agli altri stati lo sviluppo di un accordo senza la Gran Bretagna?
Per essere onesto, non attribuisco grande importanza alla posizione di Cameron e così non le dedico particolare riflessione. Naturalmente ha avuto ragione e non firmare l’accordo, ma è altamente improbabile che lo abbia fatto per proteggere i diritti democratici dei cittadini britannici. L’accordo, in sé, è un ulteriore passo verso l’abolizione della democrazia, e un grosso passo.
Nonostante le tue critiche della UE, quando ti ho intervistato nel 2010 di trovare la domanda sul ritiro della Gran Bretagna dalla UE “un po’ noiosa” e che non è inutile perché “è qualcosa che non succederà”. L’accresciuto isolamento della Gran Bretagna nella UE rende questa domanda più significativa ora? Più in generale, come pensi che dovrebbe essere impostata una critica di sinistra della natura non democratica della UE e dell’Eurozona, specialmente dato che la destra continua a dominare questo argomento?
Beh, continuo a pensare che non succederà, ma sembra essere una possibilità crescente che avrò il piacere che il mio sarà dimostrato essere un errore. Vivendo fuori dalla Gran Bretagna da quasi due decenni e non avendo alcuna intenzione di tornare mai a viverci, non tendo a vedere le cose in termini di se la Gran Bretagna debba o meno uscire. Mi piacerebbe che la Gran Bretagna uscisse per voglio vedere distrutta la UE, e il ritiro inglese sarebbe un grosso colpo alla continuazione della sua esistenza. Le cose appaiono diverse viste da dove sto, che è un misto di Francia rurale, dove vivo, di Parigi, dove insegno, dell’Olanda, dove ancora lavoro come traduttore e consulente occasionale del Partito Socialista Olandese, e del Belgio, dove mantengo contatti stretti dopo dodici anni di residenza e di lavoro a Bruxelles. Devo tenere un corso molto ampio di sulle relazioni internazionali e così non ho molto tempo per mantenermi aggiornato sui dettagli della politica britannica. Francamente la competizione tra tre partiti di destra per chi gestisca meglio la distruzione dello stato sociale e il reale trombamento della classe lavoratrice non attiva davvero la mia attenzione.
Un esempio emblematico che illustra come le cose siano diverse in Gran Bretagna è quello che hai citato, l’associazione della politica critica nei confronti della UE con la destra. Questo non è un problema in Francia o in Olanda, dove la campagna del 2005 per il “no” contro la Costituzione Europea è stata promossa e dominata da forze di sinistra. La critica di sinistra alla UE è ben nota nell’Europa occidentale in generale, e tutto quel che si può fare in Gran Bretagna è renderla martellante. In genere io tratto aspetti diversi di essa nei miei articoli mensili sul Morning Star e nel mio sito web, Spectrezine. I trattati UE, da Roma sino a Maastricht e avanti sino a Lisbona, istituzionalizzano – in un modo che si rafforza con ogni nuovo testo – il capitalismo neoliberale. Mettono fuorilegge gli strumenti fondamentali della socialdemocrazia, per non parlare del socialismo. Hanno cancellato i diritti democratici dei popoli di ciascuno degli stati membri di decidere per conto loro che tipo di sistema economico preferiscono. Cancellano l’influenza popolare e creano le condizioni per il trasferimento del potere all’élite industriale.
Il mio consiglio concreto è questo: leggete i trattati, assicuratevi di averli capiti, poi spiegateli alla gente, come essi fanno tutte le cose che ho detto in precedenza. Invitate alle vostre riunioni persone che vengano da partiti critici della UE come il Partito Socialista Olandese, il Partito della Sinistra svedese, l’Alleanza Rosso-Verde danese, e così via. E mettete quanta più distanza potete tra voi e gli xenofobi della destra Tory, che sono il tipo di conservatori che Aneurin Bevan ha descritto come “peggiori dei parassiti”.
Ed Lewis è co-redattore del NLP, insegnante e consulente politico per l’istruzione di Platform.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/the-class-war-in-europe-by-steve-mcgiffen
Originale: New Left Project
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
Cosa pensi sia di maggior rilievo nel sconvolgimento attuale dell’Europa che sia stato ignorato o distorto nel dibattito convenzionale?
E’ difficile isolare punti specifici in quella che di fatto non è altro che una raccolta di bugie, distorsioni e fraintendimenti. Ci sono poche eccezioni onorevoli, come Larry Elliott sul Guardian e Paul Krugman sul New York Times, ma in generale la presentazione dell’eurocrisi sui media tradizionali è stato fuorviante al punto che vien da chiedersi se questa gente non viva in un universo parallelo.
Tanto per cominciare, come ha fatto notare Mark Weisbrot, del Centro per le Ricerche Economiche e Politiche di Washington, D.C., questa non è affatto una crisi del debito, è la crisi di un fallimento politico. Personalmente eviterei la parola “fallimento” perché, considerati i suoi reali obiettivi, l’euro è stato un grande successo, ma su questo tornerò in seguito. Per il momento andiamo avanti con il termine “fallimento”, cosa che, quanto ai loro obiettivi dichiarati, le politiche d’austerità degli stati membri della UE sono sicuramente state e certamente continueranno ad essere.
Considera la Grecia. Ci viene detto che la Grecia sarà in grado di rimborsare il suo debito soltanto se ridurrà la spesa pubblica e comincerà a riscuotere le tasse. Quando lo si sente dire, sembra logico. Se, come singolo o come famiglia, ha un debito, è una buona idea vedere dove puoi tagliare le tue spese e se puoi individuare nuove fonti di reddito. Ma non funziona sempre neppure a quel livello, perché ci sono situazioni in cui puoi aver necessità di farti prestare altri soldi da investire per uscire dai debiti. Ad esempio puoi aver necessità di migliorare le tue qualifiche. Portata la cosa a livello nazionale, non funzionerà in nessuna situazione che io riesca ad immaginare. Tagli alla spesa in Grecia e tasse che colpiscono i poveri e gruppi a reddito medio esacerberanno i livelli già a precipizio della ‘crescita negativa’. Lo stesso vale per l’Italia, che è un’economia molto più grande e perciò un problema più grosso per l’Europa e per il mondo.
Anche se nel più lungo termine la trasformazione rivoluzionaria dell’economia globale potrà evitare che crisi di questo tipo affliggano in modo ricorrente una parte o l’altra del mondo, ovviamente non si troveranno appelli alla rivoluzione nei media o nella vita politica tradizionale. Dunque è strano il fatto che ci esistano soluzioni riformiste a tutto questo, approcci alternativi che potremmo aspettarci di veder saltar fuori nel dibattito convenzionale. In effetti tali soluzioni sono dibattute da persone come Krugman, Elliot, Weisbrot e altri, che vedono effettivamente il loro lavoro pubblicato sui media tradizionali.
Sono d’accordo con alcune e con altre no, ma ciascuna di esse rappresenta un qualche tipo di alternativa politica all’attacco frontale ai diritti e ai livelli di vita dei lavoratori, delle persone che dipendono da sussidi, dei gruppi a basso reddito in generale. Il debito greco potrebbe essere ristrutturato e parte di esso potrebbe essere cancellato in quanto odioso. Nel film Debitocrazia sono mosse accuse a proposito del fatto che parte del debito deriva dalla corruzione di politici greci e di altri che prendono decisioni da parte degli affaristi tedeschi. Queste e altre accuse dovrebbero essere indagate a fondo. Al tempo stesso la BCE potrebbe acquistare titoli italiani e spagnoli al fine di ridurre i tassi di interesse e attaccare la speculazione e aumentare la fornitura di liquidità.
Io non sono un economista e posso solo citare le idee di economisti che rispetto, come Weisbrot, ma chiunque può constatare, leggendo ciò di cui si discute, che esiste una gamma di alternative. E tuttavia tutti gli stati membri della UE hanno scelta, in misura maggiore o minore, la strada dell’austerità. La domanda è allora: “Perché?” E per me questo è il vero tema sollevato dalla crisi. Nei tardi anni ’90 ero attivo nella campagna per bloccare l’introduzione dell’euro. Se guardi quello che dicevo e il materiale prodotto da Tom Megahy, l’europarlamentare Laburista per il quale ho lavorato sino al suo pensionamento nel 199, o dal Partito Socialista Olandese, per il quale ho lavorato successivamente, vedrai che le nostre predizioni di quelle che sarebbero state le conseguenze della moneta unica erano sorprendentemente accurate.
Ora, io davvero non riesco a credere che tutti quegli economisti altamente qualificati che consigliano la Commissione e la BCE fossero semplicemente troppo stupidi per vedere ciò che era ovvio al nostro lato del dibattito. Per questo posso solo concludere che sapessero quanto noi quello che sarebbe accaduto, ma non lo vedevano come qualcosa da evitare, bensì come un’occasione per completare il lavoro dell’influenza neoliberale. L’austerità, in uno scenario simile, non è qualcosa di imposto all’élite politica da errori o sfortuna precedenti, ma piuttosto lo stadio più recente di un piano per trasformare l’economia europea distruggendo lo stato assistenziale – o, al meglio, riducendolo a una ‘rete di sicurezza’ in stile statunitense – e togliendo alle istituzioni parlamentari democratiche, e dunque al popolo, ogni potere sull’economia.
Due punti finali. In primo luogo la Grecia è il più grande importatore europeo di armi. In secondo luogo ci sono neonazisti nel suo governo (nota del redattore: questa intervista ha avuto luogo prima della recente uscita dei ministri del LAOS, cui McGiffen si riferisce qui, dal governo greco). Ho avuto un’occasione concreta di discutere con un membro della Commissione Europea, una mia vecchia conoscenza, a proposito del perché su queste cose nulla era stato detto presso il Consiglio o presso la Commissione, è lui ha detto che è stato perché i media le avevano ignorate. Ciò pone naturalmente la domanda del perché sia stato così e svela anche la natura mediatico-industriale del processo decisionale. Chiaramente la Grecia, un paese senza nemici e senza soldi, non dovrebbe continuare a spendere miliardi in armamenti. Altrettanto chiaramente antisemiti idrofobi per i quali nessuno vota non dovrebbero stare al governo, specialmente ove si consideri che il PASOK e Nuova Democrazia hanno la maggioranza parlamentari senza di essi. Anche se io penso che i colpi di stato organizzati dalle autorità dell’Unione Europea e dal FMI in Grecia e in Italia siano uno scandalo, ora che sono cosa fatta sento che questo è un punto cui andrebbe data maggiore pubblicità.
Puoi dire qualcosa di più sui tuoi commenti ai problemi impliciti fin dall’inizio nel progetto dell’euro e su come si riflettono sul presente?
Anche se, come ho già detto, non sono un economista, quanto l’euro stava per essere introdotto ho conosciuto, discusso e fatto campagne con molti economisti che hanno confermato quello che sospettavo fosse il problema, ovvero che la moneta unica, così come progettata, era del tutto inattuabile e avrebbe portato alla catastrofe economica. Uno di loro era Ewout Irrgang, che era stato reclutato direttamente dalla Banca Nazionale Olandese come consulente del Partito Socialista e che è ora parlamentare e il principale portavoce del partito per le questioni finanziarie. E mi ha confermato che il problema principale sarebbe stato l’imposizione di una singola politica monetaria da parte di una singola banca centrale operante con un unico tasso d’interesse. Ora, ciò causa problemi persino in un’area monetaria relativamente omogenea come il Regno Unito, dove, anche se ci sono grandi differenze regionali di reddito e di ricchezza – credo che la regione più ricca sia il sud-est dell’Inghilterra mentre quella più povera sia l’Irlanda del Nord – essi sono nulla in confronto con quelli che avrebbero separato i più ricchi dai più poveri nella proposta Eurozona. Eravamo soliti utilizzare l’analogia con un termostato controllato dalla temperatura di una regione temperata come la Bretagna. In Finlandia ci si sarebbe congelati e ci si sarebbe arrostiti a Creta. Come diceva all’epoca Irrgang “in tutte tali economie diverse la stufa sarà caricata allo stesso livello di calore e la temperatura sarà stabilita in modo non democratico e corretta in rapporto alla situazione dei paesi maggiori, Germania, Francia e Italia. Ciò creerà problemi irrevocabili, problemi che difficilmente saranno risolvibili.”
Negli ultimissimi anni del secolo scorso ho scritto numerosi articoli per il mio capo di allora, Tom Megahy, che egli ha mandato in giro e approvato, che martellavano su un certo numero di argomenti. Essi restano al centro di ogni critica dell’euro che si riferisce al progetto dell’euro nei suoi stessi termini e lo attaccano da tale prospettiva. Per enumerare i punti principali, Tom e io sostenevamo quanto segue:
“Se i governi e le banche nazionali rinunceranno alla leva economica che ricavano dalla possibilità di decidere i propri livelli di spesa e di indebitamento, se non possono più decidere i tassi di interesse o i rapporti di cambio, resterà loro solo un mezzo per conservare o migliorare la competitività: i nostri salari, le nostre pensioni, i nostri diritti all’assistenza, l’istruzione dei nostri figli, dovranno tutti costare di meno. Questo è naturalmente ciò che da allora è stato chiamato “svalutazione interna”; la moneta unica priverebbe i governi degli strumenti vitali di cui hanno bisogno per affrontare difficoltà economiche immediate e di lungo termine; creerebbe disoccupazione in paesi e regioni giudicate “non competitive” e imporrebbe una pressione al ribasso sui salari e le condizioni di lavoro, mentre tali aree tentano di recuperare “competitività”; verrebbero compromessi i sistemi di sicurezza e assistenza sociale; il controllo sulle decisioni economiche vitali verrebbe passato a banchieri non eletti.”
Queste predizioni sono state naturalmente confermate dal 2008, quando le banche e i loro servi obbedienti nei governi e a Bruxelles hanno trascinato l’Europa intera in una crisi economica senza precedenti.
Dove io differisco da gran parte della critica progressista dell’euro è nel fatto che io in realtà considero quello che sta accadendo non come una prova di enorme incompetenza – anche se alcuni di coloro che vi sono coinvolti chiaramente sono stati semplicemente guidati a una visione molto fuorviata della realtà economica, in generale per una combinazione della loro stessa ingenuità e della falsità altrui – ma, di fatto, come un enorme successo anche se un successo che mette i responsabili a grande rischio. Lo scopo dell’euro non è stato di agevolare la creazione di un’Europa di amore, pace, armonia, promozione del commercio e dell’efficienza economia a livello transfrontaliero, bensì di attaccare le conquiste economiche, sociali e politiche accumulate in oltre due secoli attraverso le lotte più dure. Quel che sta accadendo in paese dopo paese, in modo più forte in Grecia, Irlanda e Portogallo ma anche – come è evidente a chiunque vi presti attenzione – in Gran Bretagna, non è nulla di meno che la salva d’inizio di una nuova fase, più intensa e più pericolosa, della guerra di classe.
Ci sono dunque due modi per rispondere a questa domanda. Il primo consiste nell’accettare le stesse spiegazioni dei sostenitori dell’euro riguardo a ciò che cercano di conseguire e, insieme con i gli economisti progressisti, ma essenzialmente borghesi – nel senso che non mettono in discussione il capitalismo di per sé – dire: “Accidenti ragazzi! Avete davvero mandato tutto a puttane!”. E l’altro modo consiste nel congratularsi con i generali del nemico per un’apertura decisamente buona della loro campagna e vedere cosa possiamo fare per contrastarla. E ovviamente tutto quel che possiamo fare è organizzarci, su ogni fronte possibile, e uscire allo scoperto e spiegare alla gente quel che davvero sta succedendo e discutere con la gente del modo in cui possiamo combatterlo. Il problema con la guerra di classe è che tanto spesso c’è solo uno schieramento che sa di essere combattuto, e ciò è quel che dobbiamo cambiare.
Nella stampa inglese ci sono stati riferimenti di sfuggita alla presenza di elementi di estrema destra nel governo greco ma nessuna affermazione diretta di neonazismo. Dicci qualcos’altro su chi sono queste persone e quali sono le loro credenziali naziste. (Vedere la nota del redattore, più sopra).
Il Ministro delle Infrastrutture, dei Trasporti e delle Reti è Makis Voridis. Negli anni ’80 Voridis era il capo di un gruppo nazista chiamato Alternativa Studentesca. Fu cacciato dalla facoltà di legge nel 1985 e denunciato dall’equivalente greco della NUS [Unione Nazionale degli Studenti in Gran Bretagna – n.d.t.] per aver preso parte ad aggressioni ai compagni di studi nel corso delle quali si armava spesso dell’attrezzo dal quale ha avuto il suo nomignolo, Martello, o di una specie di ascia fatta in casa.
Beh, sai, errori giovanili e tutto il resto. Oso dire che nel caso improbabile che io diventassi mai ministro del governo il Daily Mail scoverebbe la poliziotta che una volta arrestò il giovane Steve McGiffin per averla mandata affanculo. Non una faccenda grave come attacchi violenti ad avversari politici, ma mi aspetto che il Mail riuscirebbe a farla sembrare tale. Ma c’è qualcosa di più di questo da dire su Voridis e riguarda eventi molto più recenti. Il partito di Voridis, il LAOS, è una amalgama di gruppi di estrema destra preesistenti. Uno di questi, il Fronte Ellenico, ha formato una lista elettorale comune piuttosto recentemente, nel 2004, con un partito guidato da Kostantinos Plevis. Plevis è autore di “Ebrei: tutta la verità”, il cui contenuto comprende quanto segue:
“Adolf Hitler: il tragico capo del Terzo Reich tedesco è certamente la figura guida più imponente dell’età moderna … La storia umana certamente biasimerà Adolf Hitler per quanto segue: 1. Poteva liberare l’Europa dagli ebrei e non l’ha fatto; 2. Non ha usato le speciali armi chimiche, che solo la Germania possedeva, per ottenere la vittoria … 3. A causa della sconfitta della Germania allora, oggi la Razza Bianca in Europa è a rischio.”
Lo stesso LAOS è stato fondato da Giorgos Karatzeferis, un ben noto negatore dell’Olocausto che dice che gli ebrei “non hanno diritto di parola in Grecia” e che si è riferito all’Olocausto, ad Auschwitz e a Dachau come a dei “miti”.
Come il Fronte Nazionale francese, il Vlaams Belang belga e il Partito Nazionale Britannico inglese e i Tory di estrema destra, il LAOS indirizza gran parte della sua opposizione contro l’Unione Europea. E tuttavia è stato lieto di far parte di un governo nominato dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale Europea.
Pensi che ci sia un qualche significato nei capricci di Cameron al recente vertice UE nel rifiutare il trattato proposto e nel lasciare agli altri stati lo sviluppo di un accordo senza la Gran Bretagna?
Per essere onesto, non attribuisco grande importanza alla posizione di Cameron e così non le dedico particolare riflessione. Naturalmente ha avuto ragione e non firmare l’accordo, ma è altamente improbabile che lo abbia fatto per proteggere i diritti democratici dei cittadini britannici. L’accordo, in sé, è un ulteriore passo verso l’abolizione della democrazia, e un grosso passo.
Nonostante le tue critiche della UE, quando ti ho intervistato nel 2010 di trovare la domanda sul ritiro della Gran Bretagna dalla UE “un po’ noiosa” e che non è inutile perché “è qualcosa che non succederà”. L’accresciuto isolamento della Gran Bretagna nella UE rende questa domanda più significativa ora? Più in generale, come pensi che dovrebbe essere impostata una critica di sinistra della natura non democratica della UE e dell’Eurozona, specialmente dato che la destra continua a dominare questo argomento?
Beh, continuo a pensare che non succederà, ma sembra essere una possibilità crescente che avrò il piacere che il mio sarà dimostrato essere un errore. Vivendo fuori dalla Gran Bretagna da quasi due decenni e non avendo alcuna intenzione di tornare mai a viverci, non tendo a vedere le cose in termini di se la Gran Bretagna debba o meno uscire. Mi piacerebbe che la Gran Bretagna uscisse per voglio vedere distrutta la UE, e il ritiro inglese sarebbe un grosso colpo alla continuazione della sua esistenza. Le cose appaiono diverse viste da dove sto, che è un misto di Francia rurale, dove vivo, di Parigi, dove insegno, dell’Olanda, dove ancora lavoro come traduttore e consulente occasionale del Partito Socialista Olandese, e del Belgio, dove mantengo contatti stretti dopo dodici anni di residenza e di lavoro a Bruxelles. Devo tenere un corso molto ampio di sulle relazioni internazionali e così non ho molto tempo per mantenermi aggiornato sui dettagli della politica britannica. Francamente la competizione tra tre partiti di destra per chi gestisca meglio la distruzione dello stato sociale e il reale trombamento della classe lavoratrice non attiva davvero la mia attenzione.
Un esempio emblematico che illustra come le cose siano diverse in Gran Bretagna è quello che hai citato, l’associazione della politica critica nei confronti della UE con la destra. Questo non è un problema in Francia o in Olanda, dove la campagna del 2005 per il “no” contro la Costituzione Europea è stata promossa e dominata da forze di sinistra. La critica di sinistra alla UE è ben nota nell’Europa occidentale in generale, e tutto quel che si può fare in Gran Bretagna è renderla martellante. In genere io tratto aspetti diversi di essa nei miei articoli mensili sul Morning Star e nel mio sito web, Spectrezine. I trattati UE, da Roma sino a Maastricht e avanti sino a Lisbona, istituzionalizzano – in un modo che si rafforza con ogni nuovo testo – il capitalismo neoliberale. Mettono fuorilegge gli strumenti fondamentali della socialdemocrazia, per non parlare del socialismo. Hanno cancellato i diritti democratici dei popoli di ciascuno degli stati membri di decidere per conto loro che tipo di sistema economico preferiscono. Cancellano l’influenza popolare e creano le condizioni per il trasferimento del potere all’élite industriale.
Il mio consiglio concreto è questo: leggete i trattati, assicuratevi di averli capiti, poi spiegateli alla gente, come essi fanno tutte le cose che ho detto in precedenza. Invitate alle vostre riunioni persone che vengano da partiti critici della UE come il Partito Socialista Olandese, il Partito della Sinistra svedese, l’Alleanza Rosso-Verde danese, e così via. E mettete quanta più distanza potete tra voi e gli xenofobi della destra Tory, che sono il tipo di conservatori che Aneurin Bevan ha descritto come “peggiori dei parassiti”.
Ed Lewis è co-redattore del NLP, insegnante e consulente politico per l’istruzione di Platform.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/the-class-war-in-europe-by-steve-mcgiffen
Originale: New Left Project
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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