Posted by keynesblog on 7 marzo 2012
La Camera ha approvato ieri, in seconda lettura, il disegno di legge che introduce il vincolo del pareggio di bilancio nella Costituzione italiana. La nuova normativa prevede l’equilibrio tra entrate e uscite anno per anno, contraddicendo così uno degli elementi cardini dell’economia keynesiana, ovvero il raggiungimento dell’equilibrio in un intero ciclo economico. Fa un passo avanti decisivo, quindi, la costruzione di quella “Europa tedesca” voluta dal nuovo patto fiscale, promosso dalla cancelliera Merkel, sulla base di una errata analisi della crisi europea, tutta concentrata sull’ipotesi che essa sia dovuta alla “prodigalità” dei paesi periferici (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Abbiamo invece visto che tale ipotesi è contraddetta dai fatti, come si ostinano a sottolineare molti economisti.
Il testo tuttavia presenta alcuni alleggerimenti al fine di tenere conto del ciclo economico. Come si può leggere sul sito della Camera:
In particolare, le novelle all’art. 81 della Costituzione, che detta regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, sanciscono il principio del “pareggio di bilancio”, in base al quale lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi – avverse o favorevoli – del ciclo economico.
Si prevede tuttavia una eventuale deroga alla regola generale del pareggio, stabilendo che possa consentirsi il ricorso all’indebitamento solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso a tale deroga, si dispone che il ricorso all’indebitamento connesso ad eventi eccezionali sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
Una previsione, quella della procedura aggravata, che restringe la portata stessa della deroga, rendendola residuale e improbabile, almeno fino al conclamarsi di una situazione di gravità paragonabile ad una vera e conclamata depressione.
Viene comunque a cadere la possibilità di un fine tuning del ciclo economico attraverso la spesa pubblica che gli economisti keynesiani americani hanno spesso sollecitato nel dopoguerra. Si deve inoltre tenere conto che l’Italia, in quanto membro dell’Eurozona, non ha più alcuna possibilità di intervento sulla politica monetaria, quindi sul tasso di interesse e sul controllo della base monetaria, altro strumento principe del fine tuning.
La modifica va poi letta nel contesto europeo del “fiscal compact”, che obbligherà il nostro paese al rientro dal debito fino a raggiungere la ratio del 60% sul Pil e l’impossibilità di produrre deficit oltre lo 0,5%. Ciò che il premier britannico David Cameron, pur sostenitore dell’austerity, ha definito “proibire Keynes per legge”
Nulla viene inoltre detto rispetto all’obiettivo finale dell’intervento pubblico teorizzato nella macroeconomia keynesiana, ovvero la piena occupazione.
Anche gli Stati Uniti, nel 2010, si sono trovati di fronte ad una proposta simile, avanzata dai Repubblicani. La proposta avveniva in un quadro in cui l’Amministrazione Obama procedeva a stimoli economici che hanno portato allo sfondamento del “tetto” del debito pubblico, che ha raggiunto il 100% sul Pil, il più alto debito pubblico della storia del Paese dalla seconda guerra mondiale.
Nonostante questo quadro la proposta è stata rigettata dall’Amministrazione progressista ed è stata oggetto di un duro e circostanziato dibattito. Tra gli altri, quattro premi Nobel, affiancanti da altri economisti di prestigio, scrissero un appello contro il pareggio di bilancio nel quale si affermava:
Una modifica [costituzionale] che introduce il pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi di fronte alla recessione. In una recessione economica le entrate fiscali cadono mentre alcune uscite, come ad esempio l’indennità di disoccupazione, aumentano … Mantenere il bilancio in pareggio ogni anno aggraverebbe le recessioni. [...]
Induce inoltre a manovre contabili dubbie (come la vendita di terreni pubblici e altre attività, contando i proventi come entrate a riduzione del disavanzo), e altri trucchi di bilancio. Le controversie sul significato di pareggio di bilancio probabilmente finirebbero nei tribunali, con una politica economica che finirebbe sotto il controllo della magistratura. [...]
Anche durante le espansioni, un vincolo di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica, perché l’aumento dei rendimenti derivanti da investimenti, anche quelli interamente pagati con entrate aggiuntive, sarebbe considerati incostituzionali, se non compensati da altre riduzioni di spesa.
L’appello, firmato tra gli altri dai Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, Eric Maskin, Robert Solow mette in evidenza gli effetti perversi del vincolo del pareggio di bilancio, sia in un periodo di recessione che di espansione. Come il caso italiano, anche quello americano prevedeva alcune scappatoie, ma i Nobel sottolineavano che le procedure rafforzate “sono ricette per la paralisi.”
Come si è già detto, di vincolo di bilancio non si è più parlato negli USA per l’opposizione ferma del Presidente Obama, del Partito Democratico e di larga parte degli economisti.
L’Europa invece ha ormai imboccato una strada opposta, legandosi progressivamente le mani proprio nel momento in cui è necessaria una politica economica coraggiosa ed espansiva.
E lo ha fatto con un vincolo costituzionale imposto ai paesi membri che avrà conseguenze sull’azione di qualsiasi governo futuro.
La Camera ha approvato ieri, in seconda lettura, il disegno di legge che introduce il vincolo del pareggio di bilancio nella Costituzione italiana. La nuova normativa prevede l’equilibrio tra entrate e uscite anno per anno, contraddicendo così uno degli elementi cardini dell’economia keynesiana, ovvero il raggiungimento dell’equilibrio in un intero ciclo economico. Fa un passo avanti decisivo, quindi, la costruzione di quella “Europa tedesca” voluta dal nuovo patto fiscale, promosso dalla cancelliera Merkel, sulla base di una errata analisi della crisi europea, tutta concentrata sull’ipotesi che essa sia dovuta alla “prodigalità” dei paesi periferici (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Abbiamo invece visto che tale ipotesi è contraddetta dai fatti, come si ostinano a sottolineare molti economisti.
Il testo tuttavia presenta alcuni alleggerimenti al fine di tenere conto del ciclo economico. Come si può leggere sul sito della Camera:
In particolare, le novelle all’art. 81 della Costituzione, che detta regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, sanciscono il principio del “pareggio di bilancio”, in base al quale lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi – avverse o favorevoli – del ciclo economico.
Si prevede tuttavia una eventuale deroga alla regola generale del pareggio, stabilendo che possa consentirsi il ricorso all’indebitamento solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso a tale deroga, si dispone che il ricorso all’indebitamento connesso ad eventi eccezionali sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
Una previsione, quella della procedura aggravata, che restringe la portata stessa della deroga, rendendola residuale e improbabile, almeno fino al conclamarsi di una situazione di gravità paragonabile ad una vera e conclamata depressione.
Viene comunque a cadere la possibilità di un fine tuning del ciclo economico attraverso la spesa pubblica che gli economisti keynesiani americani hanno spesso sollecitato nel dopoguerra. Si deve inoltre tenere conto che l’Italia, in quanto membro dell’Eurozona, non ha più alcuna possibilità di intervento sulla politica monetaria, quindi sul tasso di interesse e sul controllo della base monetaria, altro strumento principe del fine tuning.
La modifica va poi letta nel contesto europeo del “fiscal compact”, che obbligherà il nostro paese al rientro dal debito fino a raggiungere la ratio del 60% sul Pil e l’impossibilità di produrre deficit oltre lo 0,5%. Ciò che il premier britannico David Cameron, pur sostenitore dell’austerity, ha definito “proibire Keynes per legge”
Nulla viene inoltre detto rispetto all’obiettivo finale dell’intervento pubblico teorizzato nella macroeconomia keynesiana, ovvero la piena occupazione.
Anche gli Stati Uniti, nel 2010, si sono trovati di fronte ad una proposta simile, avanzata dai Repubblicani. La proposta avveniva in un quadro in cui l’Amministrazione Obama procedeva a stimoli economici che hanno portato allo sfondamento del “tetto” del debito pubblico, che ha raggiunto il 100% sul Pil, il più alto debito pubblico della storia del Paese dalla seconda guerra mondiale.
Nonostante questo quadro la proposta è stata rigettata dall’Amministrazione progressista ed è stata oggetto di un duro e circostanziato dibattito. Tra gli altri, quattro premi Nobel, affiancanti da altri economisti di prestigio, scrissero un appello contro il pareggio di bilancio nel quale si affermava:
Una modifica [costituzionale] che introduce il pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi di fronte alla recessione. In una recessione economica le entrate fiscali cadono mentre alcune uscite, come ad esempio l’indennità di disoccupazione, aumentano … Mantenere il bilancio in pareggio ogni anno aggraverebbe le recessioni. [...]
Induce inoltre a manovre contabili dubbie (come la vendita di terreni pubblici e altre attività, contando i proventi come entrate a riduzione del disavanzo), e altri trucchi di bilancio. Le controversie sul significato di pareggio di bilancio probabilmente finirebbero nei tribunali, con una politica economica che finirebbe sotto il controllo della magistratura. [...]
Anche durante le espansioni, un vincolo di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica, perché l’aumento dei rendimenti derivanti da investimenti, anche quelli interamente pagati con entrate aggiuntive, sarebbe considerati incostituzionali, se non compensati da altre riduzioni di spesa.
L’appello, firmato tra gli altri dai Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, Eric Maskin, Robert Solow mette in evidenza gli effetti perversi del vincolo del pareggio di bilancio, sia in un periodo di recessione che di espansione. Come il caso italiano, anche quello americano prevedeva alcune scappatoie, ma i Nobel sottolineavano che le procedure rafforzate “sono ricette per la paralisi.”
Come si è già detto, di vincolo di bilancio non si è più parlato negli USA per l’opposizione ferma del Presidente Obama, del Partito Democratico e di larga parte degli economisti.
L’Europa invece ha ormai imboccato una strada opposta, legandosi progressivamente le mani proprio nel momento in cui è necessaria una politica economica coraggiosa ed espansiva.
E lo ha fatto con un vincolo costituzionale imposto ai paesi membri che avrà conseguenze sull’azione di qualsiasi governo futuro.
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