di Alessandro Robecchi
Se vi piacciono i testacoda, se avete una passione per gli autogol e provate ammirazione per l’autolesionismo, le argomentazioni degli smantellatori dell’articolo 18 vi suoneranno divertenti. Impagabile il professor Monti: fare una legge e dire mentre la si fa “Vigileremo sugli abusi”, significa sapere che ci saranno abusi. E’ come se il chirurgo che opera un paziente e dicesse al suo staff: “Mi raccomando, delicatezza, poi quando dite ai parenti che è morto”. Il presidente della Repubblica, da primo sostenitore del governo Monti (più di certi ministri, a dar retta alle cronache), difende a spada tratta la riforma, e nel contempo dice che il problema non è l’articolo 18, ma “il crollo di determinate attività produttive”. Che crollano perché le amministrazioni non pagano le imprese, perché i picciotti ti taglieggiano, perché i politici chiedono mazzette, perché le sentenze si aspettano per anni. Di leggi su queste cose non se ne vedono, e sull’articolo 18 invece sì. Saranno anche professori, ma non di logica. Ferruccio De Bortoli sul Corriere rimprovera (proprio a noi del manifesto, wow, siamo famosi!) “Una ripetizione logora di schemi mentali del passato, il tentativo di creare un solco ideologico”. E perché? Perché pensiamo, e scriviamo, che con una legge che rende facili i licenziamenti, gli imprenditori licenzieranno più facilmente. Siamo proprio scemi: pensiamo che con una legge che abolisce le strisce pedonali ci saranno più pedoni investiti. Ma come ci viene in mente! Ideologici, eh! Nel frattempo, il Corriere, che è poco ideologico, mette a pagina 53 la sentenza sugli operai Fiom della Fiat di Melfi, reintegrati dalla magistratura, che con la nuova legge sarebbero disoccupati “legali”. Insomma: cari imprenditori, vi facciamo una legge per licenziare, ma voi, mi raccomando, non usatela troppo. Ci appelliamo al vostro buon cuore. Parafrasando Jessica Rabbit, quello schianto di cartoon: “I padroni non sono cattivi, è che quelli del manifesto li disegnano così!”.
Se vi piacciono i testacoda, se avete una passione per gli autogol e provate ammirazione per l’autolesionismo, le argomentazioni degli smantellatori dell’articolo 18 vi suoneranno divertenti. Impagabile il professor Monti: fare una legge e dire mentre la si fa “Vigileremo sugli abusi”, significa sapere che ci saranno abusi. E’ come se il chirurgo che opera un paziente e dicesse al suo staff: “Mi raccomando, delicatezza, poi quando dite ai parenti che è morto”. Il presidente della Repubblica, da primo sostenitore del governo Monti (più di certi ministri, a dar retta alle cronache), difende a spada tratta la riforma, e nel contempo dice che il problema non è l’articolo 18, ma “il crollo di determinate attività produttive”. Che crollano perché le amministrazioni non pagano le imprese, perché i picciotti ti taglieggiano, perché i politici chiedono mazzette, perché le sentenze si aspettano per anni. Di leggi su queste cose non se ne vedono, e sull’articolo 18 invece sì. Saranno anche professori, ma non di logica. Ferruccio De Bortoli sul Corriere rimprovera (proprio a noi del manifesto, wow, siamo famosi!) “Una ripetizione logora di schemi mentali del passato, il tentativo di creare un solco ideologico”. E perché? Perché pensiamo, e scriviamo, che con una legge che rende facili i licenziamenti, gli imprenditori licenzieranno più facilmente. Siamo proprio scemi: pensiamo che con una legge che abolisce le strisce pedonali ci saranno più pedoni investiti. Ma come ci viene in mente! Ideologici, eh! Nel frattempo, il Corriere, che è poco ideologico, mette a pagina 53 la sentenza sugli operai Fiom della Fiat di Melfi, reintegrati dalla magistratura, che con la nuova legge sarebbero disoccupati “legali”. Insomma: cari imprenditori, vi facciamo una legge per licenziare, ma voi, mi raccomando, non usatela troppo. Ci appelliamo al vostro buon cuore. Parafrasando Jessica Rabbit, quello schianto di cartoon: “I padroni non sono cattivi, è che quelli del manifesto li disegnano così!”.
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