Il governo di destra di Lisbona decide nuovi tagli ai salari e nuove tasse, e i portoghesi si arrabbiano. Soprattutto contro la troika e chi impone i sacrifici a chi ha già pagato e non ce la fa più.
Centinaia di migliaia di persone richiamate per la prima volta non dai sindacati o dai partiti di sinistra ma da reti sociali e associazioni hanno manifestato ieri pomeriggio a Lisbona, a Porto ed in altre 35 città del Portogallo per protestare contro le misure di austerity varate dal governo di centrodestra, che pochi giorni fa ha annunciato un ulteriore giro di vite ai salari, alle pensioni e ai diritti dei lavoratori dopo le misure draconiane decise in questi anni che già hanno devastato il paese. “Il governo non ha mantenuto una sola promessa – sostiene un manifestante a Lisbona – E, soprattutto, sono sempre le stesse persone quelle chiamate a fare i sacrifici. Spero che questa protesta sia il primo passo nel processo cambiamento” ha detto un manifestante ad Euronews.
"Stop al terrorismo sociale", "Rivogliamo le nostre vite", "Chi ruba al Portogallo dovrà essere giudicato", "Tra poco lo stato ruberà anche ai morti" recitavano alcuni manifesti e striscioni a Lisbona, dove sono scese in piazza almeno 100 mila persone. Nella capitale alcuni manifestanti hanno lanciato bottigliette, uova e pomodori contro la locale sede del Fondo Monetario. I poliziotti in assetto antisommossa hanno allontanato i manifestanti e ne hanno arrestato uno.
Ed in effetti lo slogan più ricorrente era sicuramente "Che la Troika vada al diavolo" e "Fuori di qui, l'FMI è fame e miseria" a significare un rigetto popolare non solo nei confronti della classe dirigente locale ma soprattutto delle politiche di ricatto dell’Unione Europea e del FMI nei confronti del Portogallo, obbligato – come la Grecia, l’Irlanda e la Spagna – a distruggere il proprio stato sociale in cambio di aiuti che non hanno fatto altro che indebitare maggiormente il paese. Aiuti da 78 miliardi concessi a Lisbona che sono costati carissimi a centinaia di migliaia di portoghesi ridotti sul lastrico. La cosiddetta austerity – alla quale ovviamente non contribuiscono affatto le classi padronali e le elite – ha causato un crollo del Pil del 3,3% solo nell'ultimo trimestre e un aumento della disoccupazione che ora riguarda il 15% della popolazione attiva.
Lo scontento si è ulteriormente aggravato negli ultimi giorni dopo la recente decisione del governo del premier Pedro Passos Coelho di procedere per l'anno prossimo a un aumento della pressione fiscale, innalzando i contributi previdenziali a carico dei lavoratori dall'11 al 18%, una misura che corrisponde a un mese di stipendio in meno. Oltretutto, siccome il governo ha ammesso recentemente che non riuscirà a rispettare l’impegno di ridurre il deficit al 4,5% a causa della contrazione del Pil è probabile che a gennaio decida nuovi tagli.
A Lisbona le proteste non si sono concluse col grande corteo del pomeriggio: in serata alcune centinaia di giovani e attivisti si sono ritrovati a manifestare sulla scalinata del Palacio de São Bento, la sede della Asamblea de la República (il Parlamento). Alcuni hanno tentato di salire le scale e avvicinarsi all'entrata ma la Polizia ha risposto con cariche e arresti. Una nuova manifestazione al Parlamento è stato convocata già per venerdì prossimo e questa volta a protestare potrebbero essere di più.
Centinaia di migliaia di persone richiamate per la prima volta non dai sindacati o dai partiti di sinistra ma da reti sociali e associazioni hanno manifestato ieri pomeriggio a Lisbona, a Porto ed in altre 35 città del Portogallo per protestare contro le misure di austerity varate dal governo di centrodestra, che pochi giorni fa ha annunciato un ulteriore giro di vite ai salari, alle pensioni e ai diritti dei lavoratori dopo le misure draconiane decise in questi anni che già hanno devastato il paese. “Il governo non ha mantenuto una sola promessa – sostiene un manifestante a Lisbona – E, soprattutto, sono sempre le stesse persone quelle chiamate a fare i sacrifici. Spero che questa protesta sia il primo passo nel processo cambiamento” ha detto un manifestante ad Euronews.
"Stop al terrorismo sociale", "Rivogliamo le nostre vite", "Chi ruba al Portogallo dovrà essere giudicato", "Tra poco lo stato ruberà anche ai morti" recitavano alcuni manifesti e striscioni a Lisbona, dove sono scese in piazza almeno 100 mila persone. Nella capitale alcuni manifestanti hanno lanciato bottigliette, uova e pomodori contro la locale sede del Fondo Monetario. I poliziotti in assetto antisommossa hanno allontanato i manifestanti e ne hanno arrestato uno.
Ed in effetti lo slogan più ricorrente era sicuramente "Che la Troika vada al diavolo" e "Fuori di qui, l'FMI è fame e miseria" a significare un rigetto popolare non solo nei confronti della classe dirigente locale ma soprattutto delle politiche di ricatto dell’Unione Europea e del FMI nei confronti del Portogallo, obbligato – come la Grecia, l’Irlanda e la Spagna – a distruggere il proprio stato sociale in cambio di aiuti che non hanno fatto altro che indebitare maggiormente il paese. Aiuti da 78 miliardi concessi a Lisbona che sono costati carissimi a centinaia di migliaia di portoghesi ridotti sul lastrico. La cosiddetta austerity – alla quale ovviamente non contribuiscono affatto le classi padronali e le elite – ha causato un crollo del Pil del 3,3% solo nell'ultimo trimestre e un aumento della disoccupazione che ora riguarda il 15% della popolazione attiva.
Lo scontento si è ulteriormente aggravato negli ultimi giorni dopo la recente decisione del governo del premier Pedro Passos Coelho di procedere per l'anno prossimo a un aumento della pressione fiscale, innalzando i contributi previdenziali a carico dei lavoratori dall'11 al 18%, una misura che corrisponde a un mese di stipendio in meno. Oltretutto, siccome il governo ha ammesso recentemente che non riuscirà a rispettare l’impegno di ridurre il deficit al 4,5% a causa della contrazione del Pil è probabile che a gennaio decida nuovi tagli.
A Lisbona le proteste non si sono concluse col grande corteo del pomeriggio: in serata alcune centinaia di giovani e attivisti si sono ritrovati a manifestare sulla scalinata del Palacio de São Bento, la sede della Asamblea de la República (il Parlamento). Alcuni hanno tentato di salire le scale e avvicinarsi all'entrata ma la Polizia ha risposto con cariche e arresti. Una nuova manifestazione al Parlamento è stato convocata già per venerdì prossimo e questa volta a protestare potrebbero essere di più.
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