E’ un dato di fatto, che fin dall’inizio la conferenza
del Movimento dei Non Allineati (NAM), convocata alla fine di agosto a Teheran,
attirasse i titoli dei giornali internazionali. In un’epoca indimenticabile,
l’organizzazione, fondata nel 1961 come alleanza di
120 paesi dal trio carismatico Josip Broz Tito, Jamal
Abdel Nasser e Jawaharlal Nehru, era emersa quale forza influente, in grado di
essere autonoma dalla NATO e dal blocco orientale. Anche se l’adesione al NAM
non implica obblighi formali, i componenti hanno raggiunto un impressionante
livello di coordinamento, resistendo al neocolonialismo e tutelando il loro
diritto a un modello di sviluppo originale; e al NAM si deve il merito di aver
svolto un ruolo apprezzabile facendo moderare agli Stati Uniti le loro
avventure militari nel Sud-Est Asiatico, nonché fornendo un supporto
fondamentale ai movimenti di liberazione in Africa e America Latina.
Restando separati dall’arena del mondo bipolare, i
pilastri del NAM in varia misura hanno aderito all’idea di costruire la società
sulle fondamenta della giustizia e del progresso sociale, condannando il
dettato occidentale e, se necessario, affrontando anche il blocco orientale. I
meccanismi interni del NAM cambiarono in seguito al crollo di quest’ultimo e
con l’avvento della globalizzazione, che ha sostituito l’ordine del giorno
neocoloniale con nuovi imperativi.
In questi giorni, il NAM sembrava diviso, con molti dei
suoi membri:
India, Indonesia, Egitto, Arabia Saudita, Afghanistan,
Iraq, ecc ora saldamente nell’orbita degli Stati Uniti, e altri: Jugoslavia e
Libia, minate e infine distrutte dai leader del mondo globalizzato.
Altri ancora, Romania e Finlandia, ad esempio, decisero
la loro uscita dal NAM, le loro priorità le allontanarono dal programma
dell’alleanza. Da una prospettiva più ampia, il rifiuto del modello di sviluppo
socialista ha innescato la crisi di identità del NAM, spingendo la maggior
parte dei suoi membri alla ricerca di strategie alternative e a passare a forme
diluite di partecipazione all’alleanza. Il NAM continua a operare, tuttavia, ed
indice dei congressi ogni tre anni, ma ha solo l’ombra dell’influenza
internazionale di una volta. La diplomazia statunitense ha frettolosamente
dichiarato estinto il NAM in quanto tale, e l’idea che nel mondo di oggi non ci
sia posto per esso viene sostenuta da molti osservatori del mondo, ma ciò
potrebbe rivelarsi un’esagerazione. La conferenza del NAM a Teheran, ha visto
gli alti rappresentanti di 116 paesi, tra i quali 36 presidenti, vicepresidenti
e primi ministri, e più di 80 ministri degli esteri ed inviati speciali;
indicativo dell’importanza attuale dell’alleanza.
Dimostrandosi in grado di ospitare un evento di tali
proporzioni, Teheran ha in gran parte dissipato il mito statunitense che l’Iran
sia percepito, mondialmente, come un paese canaglia. In realtà, per il momento
Washington deve rendersi conto che i suoi sforzi per avere il sostegno per un
giro di vite contro l’Iran, non ha prodotto alcun risultato, se si considera
che solo una manciata di paesi, oltre la NATO, sosterrebbe la condanna del
controverso programma nucleare iraniano. Al contrario, l’ampio congresso del
NAM ha rimproverato gli Stati Uniti per la loro politica intransigente e
ribadito il diritto dell’Iran a un programma nucleare pacifico, compreso anche
al ciclo di arricchimento completo. E’ giusto dire che il NAM prende una
posizione decisa sulla questione chiave, che da sola ha fatto della conferenza
un evento internazionale culminante. L’Iran, si deve ricordare, è firmatario
del Trattato di non proliferazione e ribadisce l’impegno ad esso in ogni
circostanza opportuna, mentre Israele, che minaccia di bombardare gli impianti
nucleari iraniani, non ha firmato il Trattato, ed è noto che possiede un
arsenale nucleare. Tel Aviv ha recentemente espresso nuove minacce contro
l’Iran, e la cancelliera tedesca Angela Merkel ha esortato gli israeliani a dar
prova di moderazione, ma lo spettacolo non deve far dimenticare che il mondo in
via di sviluppo non gradisce la politica estera degli Stati Uniti, o il loro
desiderio di far valere la propria visione riguardo il programma nucleare
iraniano e altro. Emerge sempre più che, con il dipanarsi del conflitto sul
programma nucleare iraniano, ancora una volta viene dimostrato che gli Stati
Uniti dovrebbero adottare un approccio più sobrio negli affari internazionali,
e almeno prendere coscienza delle allergie pervasive alla loro tendenza
all’unilateralismo e ai ricatti.
Un serio dibattito sulla Siria è esploso alla conferenza
del NAM.
Diviso sulla questione, il forum, nonostante gli sforzi
di Teheran, ha deciso di non discutere dell’attuale crisi siriana nel suo
documento finale. Il discorso pronunciato dal presidente egiziano Mohammad
Morsi, non ha lasciato alcun dubbio sul fatto che certi leader hanno adottato
il quadro dipinto dalla propaganda occidentale, e non riescono ad afferrare
l’essenza di ciò che sta accadendo in Siria.
In un discorso emotivo, Morsi ha biasimato B. Assad,
affermando che il sostegno all’opposizione siriana era un “dovere morale” per
il NAM, sottolineando la continuità tra i cambi di regime in Tunisia, Libia e
Yemen e l’incombente transizione siriana. Di conseguenza, la dinamica del forum
ha preso una piega sfavorevole alla Siria. La dichiarazione di Morsi ha
suscitato la critica indiretta dell’Ayatollah Khamenei, e il consigliere per il
Medio Oriente del parlamento iraniano, Hossein Sheikholeslam, ha detto
all’agenzia stampa Mehr che Morsi “ha commesso un grosso errore avvalendosi
della sua posizione (come presidente del NAM) per esprimere i punti di vista
dell’Egitto, ignorando tutti i principi del NAM“. Infatti, il governo di Assad
è del tutto legittimo e riconosciuto in tutto il mondo, mettendo Morsi in
contrasto con il protocollo, ma dovrebbe essere ulteriormente preso in
considerazione che il leader egiziano proviene dai Fratelli musulmani, un
gruppo con un concetto curioso di ciò che significa libertà nella regione. I
guerriglieri dei Fratelli musulmani combattono notamente dalla parte
dell’opposizione in Siria.
La partecipazione alla conferenza del Segretario Generale
dell’ONU Ban Ki-moon, è servita a sottolineare l’importanza dell’evento.
Il Dipartimento di Stato ha espresso riserve sul piano di
Ban Ki-moon di visitare l’Iran, ma il tour in realtà ha aperto nuove
opportunità per significative e, in parte, impreviste discussioni.
Mentre a Teheran, il Segretario Generale ha espresso
preoccupazione per le presunte ambizioni nucleari dell’Iran e sui diritti
dell’uomo. Parlando alla Scuola di Relazioni Internazionali iraniana, ha detto
di aver chiesto il rilascio dei detenuti politici in Iran, nel corso di un
incontro con l’ayatollah Khamenei, e ha anche detto che secondo il leader
iraniano, riguardo la ricerca di armi nucleari è profondamente contrario e che
non ha mai avuto niente del genere in mente, il che significa che le sanzioni
contro l’Iran sono assolutamente infondate. L’osservazione dell’Ayatollah
Khamenei sottolineava che tale trattamento spietato può solo rafforzare gli
iraniani nella fede nella loro causa. Ha anche criticato la struttura del
Consiglio di sicurezza dell’ONU come antidemocratica, irrazionale, equivalente a
una dittatura mascherata che permette di attuare delle politiche da
“prepotenze”. Vedere la situazione attraverso il prisma iraniano, ha certamente
fornito a Ban Ki-moon un nuovo punto di vista realistico della situazione. Per
Teheran, ospitare il Segretario Generale rafforza la richiesta iraniana per la
leadership del NAM, una posizione che merita sicuramente il paese che guida
l’opposizione al globalismo aggressivo.
Teheran ha chiaramente raggiunto i suoi obiettivi,
ospitando la conferenza del NAM ha dimostrato che l’alleanza informale è in
procinto di superare la sua crisi di identità. Il senso di coesione nel NAM è
in crescita, in gran parte sulla base dell’anti-americanismo e l’Iran, quale
paese costantemente tenuto sotto tiro da Washington, naturalmente deve esserne
al timone. Nel complesso, l’attuale antiamericanismo del NAM, letto come più
ampia tendenza anti-occidentale che si sta facendo strada mentre infuria la
crisi economica mondiale, e mentre si moltiplicano i tentativi, in stile USA,
di imporre la “democrazia” a nazioni sovrane. Il forum ha difeso il diritto
dell’Iran al suo programma nucleare, riflettendo la posizione con la massima
chiarezza. Non è un caso che con la conferenza del NAM riunitasi a Teheran, i
paesi membri riconoscono la potenziale leadership iraniana, e con la sua
presidenza dell’alleanza nei prossimi tre anni, Teheran farà del suo meglio
anche per superare le aspettative.
L’ambasciatore itinerante della Russia, Konstantin
Shuvalov, ha rappresentato Mosca alla conferenza del NAM. Il livello di
rappresentazione sembrava un po’ basso per poter consentire una piena
interazione con i leader nazionali in quel quadro, e vi è la probabilità che, a
seguito della conferenza, la Russia invierà un alto diplomatico al prossimo
forum.
È gradita la ripubblicazione con riferimento alla rivista
on-line della Strategic Culture Foundation <http://www.strategic-culture.org>
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