Marco Cedolin - ilcorrosivo -
Anche se la notizia alberga solamente in un articoletto del Corriere e viene praticamente
ignorata dalla maggior parte del circo mainstrem, l'intera India é semi
paralizzata a causa di uno sciopero generale che sta portando in strada 50
milioni di persone. La protesta riguarda un disegno di legge che intende aprire
le porte del paese alle multinazionali straniere del largo consumo, Carrefour,
Tesco e Wal - Mart in primis, ridisegnando in prospettiva il mondo
del commercio al dettaglio in chiave occidentale e condannando alla chiusura decine di
milioni di piccoli commercianti...
Il disegno di legge era già stato proposto una
prima volta nel 2011 e poi tenuto in stand by fino ad oggi, poiché la collera
popolare rischiava di mettere a repentaglio la sopravvivenza del governo. Oggi
in tutta evidenza le pressioni esercitate dalle multinazionali hanno avuto la
meglio sulla "prudenza" ed il governo ha deciso di riprovarci, nonostante la
contrarietà alla riforma sia in tutta evidenza estremamente estesa ed i
commercianti si dichiarino poco propensi a defungere senza combattere.
Leggendo questa notizia non si può evitare di
tornare con la mente alla fine degli anni 80, quando sulle ali del liberismo
progressista, l'invasione degli Iper avvenne anche in Italia. Le proteste ci
furono anche da noi, ma generalmente rimasero circoscritte all'interno delle
singole categorie, isolate le une dalle altre, totalmente estranee al mondo
sindacale e ben lontane dal costituire un moto di popolo.
I sindacati e la politica veicolarono
nell'immaginario collettivo il convincimento che si trattasse semplicemente del
progresso che avanzava, portando in dono modernità e milioni di posti di lavoro
che ci avrebbero resi tutti più felici e più ricchi, ed il popolo italiota come
sempre abboccò all'amo, perché ad un politico e a un sindacalista non si può
dire di no.
In qualche decina di anni, uno dei commerci al
dettaglio fra i più fiorenti e ricchi di peculiarità al mondo fu di fatto
annientato, lasciando senza reddito centinaia di migliaia di famiglie che
vivevano agiatamente del proprio lavoro, per sostituirle con dipendenti spesso
precari che percepiscono salari al limite della sopravvivenza. Mentre l'intero
fatturato del settore che creava ricchezza per milioni di persone e rimetteva
questa ricchezza in circolo, fu accentrato nelle mani di una mezza dozzina di
multinazionali che questa ricchezza la teasurizzano o la trasferiscono altrove,
magari nell'azionariato di una multinazionale degli armamenti.
Fortunatamente almeno il popolo indiano sembra
essere cosciente del fatto che non si tratta proprio di un buon affare.
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